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Notiziario Marketpress di Lunedì 15 Giugno 2015
 
   
  GIUSTIZIA EUROPEA: LA CORTE CHIARISCE LE NORME SULLA TUTELA DEI CONSUMATORI IN MATERIA DI VENDITA E DI GARANZIE DEI BENI AL CONSUMO

 
   
   Lussemburgo, 15 giugno 2015 - La direttiva europea su taluni aspetti dei contratti stipulati con i consumatori mira a garantire la tutela di questi ultimi . Il 27 maggio 2008 la sig.Ra Froukje Faber ha acquistato presso un’autorimessa un’automobile usata. Il 26 settembre 2008 il veicolo ha preso fuoco nel corso di uno spostamento ed è rimasto completamente distrutto. E’ stato rimosso con un carro attrezzi e portato presso l’autorimessa che lo aveva venduto e successivamente, su richiesta di quest’ultima, è stato condotto presso un’impresa di autodemolizioni per esservi custodito. La sig.Ra Faber sostiene, contrariamente a quanto afferma l’autorimessa, che in tale occasione le parti hanno discusso in merito all’incidente e all’eventuale responsabilità dell’autorimessa. Con lettera dell’11 maggio 2009, la sig.Ra Faber ha messo in mora l’autorimessa venditrice. Non ha potuto essere effettuata una perizia sulle cause dell’incendio del veicolo in quanto, nel frattempo, quest’ultimo è stato demolito. Dato che il venditore ha contestato la propria responsabilità, la sig.Ra Faber ha avviato un’azione giudiziaria. Il Gerechtshof (Corte d’appello) di Arnhem-leeuwarden (Paesi Bassi), adito in qualità di giudice di appello, ha deciso di sottoporre talune questioni pregiudiziali alla Corte di giustizia. Nella sua sentenza odierna, la Corte dichiara che il giudice nazionale è tenuto ad esaminare d’ufficio se la sig.Ra Faber vada considerata come un consumatore ai sensi della direttiva 1999/44, sebbene ella non abbia espressamente rivendicato questa qualità. La circostanza che il consumatore si sia avvalso o meno dell’assistenza di un avvocato non incide su questa conclusione. Nello stesso ordine di idee, la Corte conferma che il giudice nazionale può sollevare d’ufficio, nel contesto di un appello la disposizione che prevede che, salvo prova contraria, si presume che i difetti di conformità che si manifestano entro sei mesi dalla consegna del bene esistessero già, in linea di principio, al momento della consegna (articolo 5, paragrafo 3). Infatti, data la natura e l’importanza dell’interesse pubblico sul quale si fonda la tutela che tale disposizione garantisce ai consumatori, quest´ultima deve considerarsi una norma equivalente a una norma nazionale di ordine pubblico. Il giudice nazionale chiede inoltre se il principio di effettività ammetta una norma nazionale che obbliga il consumatore a dimostrare di avere tempestivamente informato il venditore del difetto di conformità. Secondo il diritto olandese, infatti, sarebbe in linea di principio compito del consumatore, in caso di contestazione da parte del venditore, provare di aver denunciato a quest’ultimo la non conformità del bene consegnato, e ciò entro due mesi dalla constatazione della stessa. La Corte ricorda in proposito che la direttiva 1999/44 consente agli Stati membri di prevedere che il consumatore, per fruire dei suoi diritti, debba denunciare al venditore il difetto di conformità entro il termine di due mesi dalla data in cui lo ha constatato. Secondo i lavori preparatori della direttiva, tale possibilità mira a soddisfare l’esigenza di rafforzare la certezza del diritto, incoraggiando l’acquirente ad adoperare una «certa diligenza, tenendo conto degli interessi del venditore», «senza istituire un obbligo rigoroso di effettuare un’ispezione meticolosa del bene». La Corte spiega che l’onere gravante sul consumatore è limitato all’obbligo di denunciare al venditore l’esistenza di un difetto di conformità. In questa fase il consumatore non è tenuto a produrre la prova che effettivamente un difetto di conformità colpisce il bene, né ad indicare la causa precisa di detto difetto di conformità. Per contro, affinché l’informazione possa essere utile per il venditore, essa dovrebbe contenere una serie di indicazioni, il cui grado di precisione varierà inevitabilmente in funzione delle circostanze specifiche di ciascun caso di specie. Infine, il giudice del rinvio chiede come funziona la ripartizione dell’onere della prova e, in particolare, quali sono gli elementi che devono essere dimostrati dal consumatore. La Corte spiega che qualora il difetto di conformità si sia manifestato entro sei mesi dalla consegna del bene, la direttiva alleggerisce l’onere della prova che grava sul consumatore prevedendo che si presuma che il difetto esistesse al momento della consegna. Per usufruire di tale alleggerimento dell’onere probatorio, il consumatore deve tuttavia produrre la prova di determinati fatti. In primo luogo, deve far valere e fornire la prova che il bene venduto non è conforme al corrispondente contratto in quanto, ad esempio, non presenta le qualità convenute in quest’ultimo o, ancora, è inidoneo all’uso che ci si attende abitualmente per questo genere di bene. Il consumatore è tenuto a dimostrare solamente l’esistenza del difetto. Egli non è tenuto a provarne la causa né a dimostrare che la sua origine è imputabile al venditore. In secondo luogo, il consumatore deve provare che il difetto di conformità si è manifestato, ossia si è palesato concretamente, entro il termine di sei mesi dalla consegna del bene. Una volta dimostrati tali fatti, il consumatore è dispensato dall’obbligo di provare che il difetto di conformità esisteva alla data della consegna del bene. Il manifestarsi di tale difetto, nel breve periodo di sei mesi, consente di supporre che, per quanto si sia rivelato solo successivamente alla consegna del bene, esso era già presente, «allo stato embrionale», nel bene al momento della consegna. Grava allora sul professionista l’obbligo di produrre, se del caso, la prova che il difetto di conformità non era presente al momento della consegna del bene, dimostrando che tale difetto trova la propria origine o la sua causa in un atto o in un’omissione successiva a tale consegna.  
   
 

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