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Notiziario Marketpress di Lunedì 15 Giugno 2015
 
   
  GIUSTIZIA EUROPEA: SECONDO L’AVVOCATO GENERALE WATHELET, AI CITTADINI DELL’UNIONE CHE SI TRASFERISCONO IN UNO STATO MEMBRO DI CUI NON HANNO LA NAZIONALITÀ POSSONO ESSERE NEGATE TALUNE PRESTAZIONI SOCIALI DURANTE I PRIMI TRE MESI TUTTAVIA, ESSI NON POSSONO ESSERE ESCLUSI, DURANTE QUESTO PERIODO, DA PRESTAZIONI INTESE A FACILITARE L’ACCESSO AL MERCATO DEL LAVORO SENZA CHE DARE LORO LA POSSIBILITÀ DI PROVARE UN COLLEGAMENTO REALE CON IL MERCATO DEL LAVORO DELLO STATO MEMBRO OSPITANTE

 
   
   Lussemburgo, 15 giugno 2015 - La presente controversia si iscrive in una serie di cause tedesche nelle quali la Corte di giustizia è chiamata a chiarire se il fatto di escludere alcuni cittadini dell’Unione dal beneficio di prestazioni sociali, previste dalla normativa nazionale, sia compatibile con il diritto dell’Unione e, più in particolare, con il principio di eguaglianza. Tali cause riguardano le prestazioni tedesche dell’assicurazione di base («Grundsicherung»), dalle quali sono esclusi (i) gli stranieri (e i loro familiari), il cui diritto di soggiorno sia giustificato esclusivamente dalla ricerca di un impiego e (ii), durante i primi tre mesi del loro soggiorno, gli stranieri (e i loro familiari) che non possiedono lo status di lavoratore dipendente o autonomo e dei quali non possa nemmeno ritenersi che abbiano mantenuto tale status. Nella sentenza Dano , la Corte ha già avuto modo di affermare che gli Stati membri possono escludere dal beneficio delle prestazioni sociali i cittadini dell’Unione, che si recano sul loro territorio senza la volontà di trovarvi un lavoro. La causa Alimanovic , attualmente pendente, riguarda cittadini dell’Unione che chiedono di poter beneficiare delle medesime prestazioni dopo aver soggiornato in Germania più di tre mesi a avervi lavorato meno di un anno. Nelle sue conclusioni in tale causa, l’avvocato generale Melchior Wathelet ha recentemente proposto di affermare che, in tal caso, le prestazioni sociali non possono essere negate sistematicamente, senza un esame individuale. La presente controversia riguarda la situazione di un cittadino dell’Unione che, durante i primi tre mesi del suo soggiorno in Germania, non è né un lavoratore dipendente né un lavoratore autonomo (e di cui non possa nemmeno ritenersi che abbia mantenuto tale status) e che, pertanto, è escluso dalle prestazioni tedesche dell’assicurazione di base durante tale periodo. Il sig. Joel Peña Cuevas e suo figlio sono cittadini spagnoli recatisi in Germania alla fine del mese di giugno 2012 per ricongiungersi alla sig.Ra García-nieto e a sua figlia (di cui il sig. Peña Cuevas è il padre). Esse, parimenti di nazionalità spagnola, si erano recate in Germania nell’aprile 2012. La famiglia ha avuto la propria residenza, i primi mesi, presso la madre della sig.Ra García-nieto e ha tratto il proprio sostentamento dai redditi della sig.Ra García-nieto, che ha trovato un lavoro dal mese di giugno 2012. I figli frequentano la scuola in Germania dalla fine dell’agosto 2012. Successivamente, il sig. Peña Cuevas ha svolto lavori temporanei o percepito parzialmente allocazioni di disoccupazione, sulla base di periodi assicurativi svolti in Spagna. A lui e a suo figlio sono state negate le prestazioni di base per i mesi di agosto e settembre 2012 in base al rilievo che essi soggiornavano da meno di tre mesi in Germania. Il Landessozialgericht Nordrhein-westfalen (Tribunale per le cause in materia previdenziale della Renania Settentrionale-vestfalia, Germania) chiede se tale esclusione sia compatibile con il diritto dell’Unione. Nelle sue conclusioni odierne, l’avvocato generale Wathelet prende le mosse dall’ipotesi secondo la quale le prestazioni in parola nella presente controversia, come nelle cause Dano e Alimanovic, sono intese (almeno in misura prevalente) a garantire le risorse economiche necessarie per condurre una vita dignitosa e non (o allora solo a titolo secondario) a facilitare l’accesso al mercato del lavoro. Ne consegue che esse devono essere qualificate come prestazioni di assistenza sociale ai sensi della direttiva «cittadini dell’Unione» . Secondo l’avvocato generale, l’esclusione, durante i primi tre mesi di soggiorno, da tali prestazioni previdenziali, è compatibile con il diritto dell’Unione. L’avvocato generale ricorda che, nella sentenza Dano, la Corte ha già confermato che, secondo la direttiva «cittadini dell’Unione», lo Stato membro ospitante non è obbligato a concedere il diritto a una prestazione sociale a un cittadino di un altro Stato membro o ai suoi familiari per i soggiorni sino a tre mesi. Secondo l’avvocato generale Wathelet, tale interpretazione è conforme all’obiettivo di preservare l’equilibrio finanziario del sistema previdenziale degli Stati membri, perseguito dalla direttiva. Dato che gli Stati membri non possono esigere che i cittadini dell’Unione posseggano risorse economiche sufficienti e un’assicurazione malattia personale per un soggiorno della durata di tre mesi, risulta legittimo non imporre agli Stati membri di farsene carico durante tale periodo. Infatti, nell’ipotesi contraria, l’attribuzione del diritto a prestazioni di assistenza sociale ai cittadini dell’Unione che non siano tenuti a disporre di risorse economiche sufficienti rischierebbe di comportare uno spostamento di massa atto a produrre un irragionevole onere a carico dei sistemi nazionali di sicurezza sociale. Inoltre, se le persone, che si recano sul territorio dello Stato membro ospitante, possono avere legami personali con altri cittadini dell’Unione già residenti in tale Stato membro, il collegamento con lo stesso Stato membro, verosimilmente, è nondimeno limitato durante questo primo periodo. Tuttavia, nell’ipotesi in cui la Corte lasciasse al Landessozialgericht l’onere di qualificare le prestazioni tedesche dell’assicurazione di base alla luce del diritto dell’Unione e tale giudice ritenesse che dette prestazioni siano essenzialmente rivolte a facilitare l’accesso al mercato del lavoro, l’avvocato generale arriva ad una diversa conclusione. A suo avviso, in un tal caso, il diritto dell’Unione e, più precisamente, la libera circolazione dei lavoratori non ammette che i cittadini di altri Stati membri siano esclusi da tali prestazioni durante i primi tre mesi del loro soggiorno sul territorio dello Stato membro ospitante, senza che sia data loro la possibilità di provare l’esistenza di un collegamento reale con il mercato del lavoro dello Stato membro ospitante. A tal proposito, gli elementi che emergono dal contesto familiare (come la scolarità dei figli o legami stretti, segnatamente di natura personale, creati dal richiedente con lo Stato membro ospitante), sono idonei a dimostrare l’esistenza del nesso con lo Stato membro ospitante, al pari della ricerca di un lavoro, in termini effettivi e concreti, per un periodo ragionevole. A tal fine dovrebbero altresì essere presi in considerazione l’esercizio in passato di un’attività lavorativa, nonché il fatto di aver trovato un nuovo lavoro, successivamente alla presentazione della domanda di concessione di prestazioni sociali.  
   
 

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