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Notiziario Marketpress di Mercoledì 08 Luglio 2015
 
   
  GIUSTIZIA EUROPEA: ASSOCIAZIONI DI PESCATORI ITALIANI NON POSSONO CONTESTARE DINANZI AL TRIBUNALE UE UN PIANO D’AZIONE CHE PREVEDE MISURE NAZIONALI PER LA PESCA DEL PESCE SPADA IL TRIBUNALE PRECISA LA PORTATA DELLA CONDIZIONE DELL’INCIDENZA DIRETTA PREVISTA DALL’ARTICOLO 263 TFUE

 
   
   Lussemburgo - Fino al 1° dicembre 2009, data di entrata in vigore del Trattato di Lisbona, le persone fisiche e giuridiche (ovvero i «singoli») potevano proporre ricorsi di annullamento dinanzi al giudice europeo solo contro gli atti di cui fossero destinatarie (prima possibilità) o che le riguardassero direttamente e individualmente (seconda possibilità). Il Trattato di Lisbona ha introdotto una nuova possibilità nel senso di consentire ai singoli di proporre ricorsi di annullamento contro gli atti regolamentari che li riguardino direttamente e che non comportino misure d’esecuzione (terza possibilità). Tali tre possibilità figurano all’articolo 263 Tfue. Alla fine del 2012 la Commissione ha informato l’Italia di aver riscontrato irregolarità nell’osservanza di talune norme della politica comune della pesca, in particolare quelle riguardanti la pesca delle specie di pesci altamente migratorie nel Mediterraneo. Nonostante l’indagine amministrativa condotta a tale riguardo dall’Italia, la Commissione ha ritenuto che le irregolarità, precedentemente accertate, sussistessero ancora. Essa ha quindi elaborato un progetto di piano d’azione con le autorità italiane. Con decisione del 6 dicembre 2013 , la Commissione ha adottato un piano d’azione per ovviare alle carenze del sistema italiano di controllo della pesca. Tale piano comprende in particolare le seguenti azioni: a) adozione di ulteriori misure tecniche in materia di compatibilità tra il sistema «ferrettara», che raggruppa diversi sistemi tradizionali di reti da posta derivanti a maglie strette, e gli altri attrezzi per la pesca; b) adozione di misure alternative al fine di compensare l’assenza di controllo via satellite e obbligo di dichiarazione per talune delle navi autorizzate a pescare il pesce spada; c) attuazione a livello nazionale delle disposizioni internazionali in materia di taglia minima di cattura del pesce spada e di caratteristiche tecniche dei palangari; d) rafforzamento del carattere dissuasivo delle sanzioni pecuniarie applicabili alle infrazioni gravi ricorrenti. Al fine di difendere gli interessi dei propri aderenti (professionisti del settore della pesca e, in particolare, pescatori autorizzati dalle autorità italiane a praticare la pesca del pesce spada), varie associazioni italiane di pescatori hanno chiesto al Tribunale dell’Unione europea l’annullamento della decisione della Commissione. Con la sentenza odierna, il Tribunale respinge il ricorso, ritenendo che le condizioni per proporlo non siano soddisfatte. Il Tribunale esamina innanzitutto se le associazioni potessero proporre ricorso ai sensi della nuova possibilità introdotta dal Trattato di Lisbona. A tale proposito, il Tribunale osserva per prima cosa che la nozione d’incidenza diretta è comune alla seconda e alla terza possibilità previste all’articolo 263 Tfue. Tuttavia, mentre nell’ambito della seconda possibilità tale nozione può comprendere il caso in cui l’atto non modifichi di per sé la situazione giuridica del singolo che lo contesta, ma imponga al suo destinatario l’adozione di misure d’esecuzione che modificano la situazione giuridica di tale singolo, la stessa ipotesi non ricorre nella terza possibilità, poiché questa prevede espressamente l’assenza di misure d’esecuzione. La terza possibilità concerne quindi solo gli atti che modificano di per sé (ossia indipendentemente da qualsiasi misura d’esecuzione) la situazione giuridica del singolo. Ne consegue che, quando l’atto contestato non modifica di per sé la situazione giuridica del ricorrente, tale constatazione è sufficiente per concludere per l’inapplicabilità della terza possibilità, e ciò senza che sia necessario, in tal caso, verificare se tale atto comporti misure d’esecuzione nei confronti del singolo. Nella fattispecie, il Tribunale constata che la decisione adottata dalla Commissione non modifica di per sé la situazione giuridica dei professionisti del settore della pesca, dato che la Commissione non dispone di alcuna competenza per l’adozione di atti unilaterali direttamente applicabili a tali professionisti. La Commissione, infatti, può unicamente elaborare un piano d’azione vincolante costituito da un insieme di misure che spetta allo Stato membro interessato (l’Italia) attuare. Peraltro, risulta chiaramente da tale piano che le autorità italiane devono adottare, per ogni azione, le misure opportune. Il Tribunale verifica successivamente se le associazioni potessero proporre ricorso sulla base della seconda possibilità prevista dal Tfue. Nell’ambito di tale possibilità, la decisione della Commissione deve riguardare i pescatori non solo direttamente, ma anche individualmente. Nella fattispecie, il Tribunale rileva che la decisione della Commissione non riguarda individualmente le associazioni di pescatori, nei limiti in cui essa, da un lato, si applica a situazioni determinate oggettivamente (i pescatori rappresentati dalle associazioni sono considerati allo stesso modo di ogni altro operatore economico che si trovi, attualmente o potenzialmente, in una situazione identica) e, dall’altro, produce effetti giuridici nei confronti di categorie di persone configurate in modo generale ed astratto (l’elenco attuale delle navi battenti bandiera italiana autorizzate a praticare la pesca del pesce spada comprende più di 7 300 unità). La Commissione, inoltre, non era tenuta, per adottare la sua decisione, a seguire una procedura nell’ambito della quale i pescatori sarebbero stati nelle condizioni di rivendicare eventuali diritti.  
   
 

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