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Notiziario Marketpress di Lunedì 23 Aprile 2007
 
   
  IMPRESE EXTRACOMUNITARIE: IL 70% HA RAPPORTI CON LE BANCHE, IL 40% HA CHIESTO UN PRESTITO

 
   
  Roma, 23 aprile 2007 – Il 70% delle 227mila imprese costituite da cittadini immigrati ha rapporti con le banche italiane, soprattutto con quelle minori; il 50% giudica buona la qualità dei servizi offerti, anche se lamenta la crescita del costo del debito; il 40% ha chiesto un prestito per l’avvio o l’ampliamento della propria attività, anche se nella maggioranza dei casi gli imprenditori immigrati utilizzano risorse proprie o concesse da parenti e amici. E’ quanto mette in evidenza lo studio “Comportamenti finanziari e creditizi della società multietnica” realizzato da Unioncamere, Nomisma, Crif e Adiconsum, presentato questa mattina a Roma, nel quale si riportano tra l’altro i risultati di una indagine campionaria effettuata su oltre mille imprenditori extracomunitari. Di sicuro, vista la crescita accentuata di questa tipologia di aziende, la volontà di integrazione che gli imprenditori manifestano e la loro complessiva capacità di investimento, queste realtà emergenti nel tessuto economico italiano devono essere considerate non solo una risorsa per lo sviluppo nazionale, ma anche una interessante opportunità per il sistema del credito e della finanza. Che di questo nuovo target di clientela, non esente peraltro da alcuni margini di rischiosità, si sta progressivamente accorgendo. L’offerta di credito oggi proposta – sostanzialmente non discriminante rispetto a quella concessa ai piccoli imprenditori italiani – ha però il limite di non essere ancora del tutto mirata a rispondere ai bisogni di questa tipologia di impresa, che comunque, nella metà dei casi, considera di buona qualità i servizi offerti dalle banche, anche se lamenta la crescita del costo del debito. Le imprese immigrate sono raddoppiate in 5 anni Negli ultimi 5 anni, le imprese individuali gestite da immigrati sono passate da circa 100 mila ad oltre 227 mila unità, con tassi di crescita ben superiori a quelli del totale delle imprese e prossimi al 10% annuo. È un´imprenditoria giovane (il 15% degli imprenditori immigrati ha meno di 30 anni), che si concentra in prevalenza nel commercio (settore che assorbe oltre il 40% delle attività), nelle costruzioni (29,9%) e nei servizi (13,5%). Decisamente minore il peso del segmento manifatturiero, dove le oltre 25 mila unità sono distribuite per circa il 50% sulle attività connesse alla filiera del tessile-abbigliamento. I progetti di investimento: i più propensi sono gli europei dell’Est L´impiego dei profitti è prevalentemente destinato ad un incremento dei consumi, mentre una piccola quota è destinata ad aumentare le rimesse verso il Paese di provenienza (poco più del 2%). Circa un quarto degli imprenditori intervistati ritiene di dover investire i maggiori guadagni nel rafforzamento della propria attività. Le etnie maggiormente interessate ad incrementare gli investimenti sono quelle dell´est-Europa, mentre una minore propensione si rileva negli imprenditori africani, che sono peraltro anche quelli che destinano maggiori risorse al trasferimento verso il Paese d´origine. Ancora contenuto l’importo medio dei finanziamenti bancari. Quasi nullo l’apporto pubblico Sulla base delle rilevazioni Unioncamere- Nomisma-crif-adiconsum la dimensione media dell´investimento previsto è decisamente modesta (soli 10. 170 euro). Per gli imprenditori immigrati l’autofinanziamento è la modalità prevalente per sostenere le spese di avvio dell’attività e di investimento successivo. Ad esso si affianca il supporto di amici e parenti (per il 16%), delle banche (per il 15%) e, in misura minore, di altri istituti finanziari (5%). Il finanziamento da parte delle istituzioni pubbliche non supera il 2,3%, indice di una difficoltà di accesso di questo tipo di imprese al sostegno delle politiche pubbliche ad esse dedicate. Il ricorso al finanziamento bancario è particolarmente elevato per le imprese dei servizi e della manifattura. Viceversa l´autofinanziamento è nettamente prevalente nelle costruzioni e nell´agricoltura. Sono gli imprenditori dell´est-Europa e quelli africani coloro che fanno maggiore ricorso al finanzia¬mento bancario. I cinesi, invece, sono più propensi al finanziamento da parte della comunità (amici o parenti). Gli imprenditori cinesi e, in misura minore, gli africani evidenziano le remore maggiori a dichiarare la fonte dei finanziamenti. Il 70% degli imprenditori ha rapporti con le banche, il 40% ha chiesto un prestito Circa il 70% degli imprenditori ha rapporti con le banche. Fra questi il 6% ha rapporti con più di un istituto di credito, mentre il 64% con un solo istituto bancario. Nel settore dei servizi e in quello delle costruzioni il rapporto con le banche è molto più frequente di quanto non avvenga nel commercio. Si tratta di banche italiane nella quasi totalità dei casi, mentre la quota delle banche estere è assolutamente marginale e viene utilizzata esclusivamente dagli impren¬ditori di origine africana. I servizi bancari più utilizzati sono quelli del conto corrente (il 95%) e della gestione degli incassi e pagamenti (il 24%). Il servizio di money transfer coinvolge circa l´11% degli imprenditori e riguarda prevalentemente quelli di origine asiatica e in misura minore gli africani. La qualità percepita dei servizi bancari è buona per il 50% degli imprenditori, mentre è solo sufficiente o pessima per il 27%. I giudizi sull´evoluzione della qualità sono positivi e indicano un generale miglioramento, particolarmente marcato per le imprese del settore dei servizi, mentre appare in peggioramento per le imprese agricole e delle costruzioni. Il miglioramento è percepito soprattutto sotto il profilo della chiarezza dei servizi offerti. Ii giudizio sul costo del debito non presenta invece un trend positivo. Appare perciò come l´aspetto al quale gli imprenditori sono più sensibili. I servizi cui accedono gli imprenditori sono molti ed è del 40% la quota di chi ha chiesto direttamente un prestito alla banca. Questa richiesta è stata accolta dalla banca nei due terzi dei casi, mentre un terzo delle richieste è stato rifiutato. Gli imprenditori che hanno registrato un più elevato tasso di rifiuto sono quelli africani, mentre i più accettati sono gli imprenditori dell´Europa orientale. Le attività nei settori agricolo, delle costruzioni e dei servizi sono quelle meno apprezzate dal settore bancario. I prestiti sono stati richiesti per investimenti i cui importi si aggirano attorno ai 34. 000 euro e le cui finalità sono principalmente l´avvio o l´acquisto dell´attività e la gestione della stessa (40% complessivo); tuttavia una quota significativa di prestiti (26%) è stata richiesta per l´acquisto o la ristrutturazione della casa. Le diverse etnie si comportano in modo differenziato rispetto alle finalità di richiesta del prestito. Infatti, se la quota prevalente degli acquisti e avviamenti è realizzata da imprenditori di origine asiatica (cinesi e indo-pakistani), la quota prevalente di acquisto di beni strumentali (macchinari, furgoni e camion) è realizzata da imprenditori dell´Europa orientale. I finanziamenti accordati sono soprattutto rateali a scadenza ravvicinata e mutui a lunga scadenza. Una quota abbastanza significativa è rappresentata dai fidi di conto corrente. Le garanzie richieste sono di tipo economico (dichiarazioni dei redditi, buste paga) e relazionali (garanzie di associazioni e confidi, nonché garanti esterni). Non c´è dubbio, quindi, che le imprese che hanno ottenuto i prestiti richiesti siano imprese ad elevata affidabilità. L´analisi della dimensione di finanziamento rispetto alla finalità indica che gli imprenditori dispongono già di alcune somme importanti per l´acquisto e ricorrono al finanziamento bancario prevalentemente come integrazione e finalizzazione. Questo atteggiamento può essere l´effetto di una maggiore diffidenza dell´imprenditore rispetto ai servizi finanziari, oppure di una maggiore attenzione/cautela degli istituti finanziari alle imprese di questo genere. Come si comportano le banche: credito sì, anche grazie alle garanzie dei Confidi Analizzando quali tipologie di banche finanziano le imprese immigrate, emerge che il mercato è coperto in misura significativa dalle banche di dimensioni piccole con una quota pari a circa il 26,79%, mentre le medie e le grandi detengono rispettivamente il 19,44 ed il 20,48% di questo specifico mercato. Considerando le consistenze, le maggiori e le grandi banche, a giugno 2006, coprono più del 40% del mercato, mentre le piccole il 23,38%. Il modello adottato dagli istituti finanziari nel rapporto con le imprese percorre sistemi leggermente diversi rispetto a quanto avviene per le imprese italiane. Gli istituti finanziari tendono a far svolgere una pre-selezione alle associazioni di categoria e ai consorzi di garanzia. Complessivamente il tasso di rifiuto, che si colloca attorno al 15%, appare solo leggermente più elevato di quello medio nazionale, non tale comunque da rappresentare un fenomeno di selezione avversa. La “rischiosità” delle imprese extracomunitarie: in aumento il tasso di sofferenza Il tasso di insolvenza grave e leggera dei Piccoli operatori immigrati (Poi) è sostanzialmente stabile nel corso dell´intero periodo di os¬servazione. È invece in aumento il tasso di sofferenza (quasi l´8% a giugno 2006). La rischiosità complessiva per i Poi passa da valori poco inferiori al 10% fino al 14,5%: il rischio di credito complessivo, che a giugno 2003 è per ordine di grandezza prossimo a quello delle Ditte Individuali (Di) e dei Piccoli Operatori Economici (Poe), cresce nel corso dei semestri di osservazione in modo allineato e conforme alla maturità dei contratti, mentre quello dei Poe rimane complessivamente stabile, portandosi dal 10,53% di giugno 2003 al 10,11% di giugno 2006. Se si confrontano i tassi di sofferenza delle tre popolazioni (Poi e Poe-di e le diverse etnie degli imprenditori immigrati) emergono peraltro differenze significative: il tasso di sofferenza per i Poi e per le etnie del panel è sostanzialmente allineato e crescente nel tempo, mentre quello dei Poe (al 4,7% a giugno 2006) decresce tra giugno 2003 e giugno 2006. .  
   
 

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