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Notiziario Marketpress di Martedì 15 Maggio 2007
 
   
  ASMA LIEVE, DALLA RICERCA ITALIANA LA RIVOLUZIONE NELLA TERAPIA “SI PRENDE SOLO AL BISOGNO E LA MALATTIA SI CONTROLLA BENE”

 
   
   Milano, 15 maggio 2007 – Addio alla dose quotidiana di cortisonico per tenere sotto controllo l’asma lieve persistente: uno studio italiano dimostra che è possibile una gestione ottimale della malattia in fase iniziale senza assumere ogni giorno la terapia di mantenimento. Un nuovo approccio solo “al bisogno” che può migliorare significativamente la qualità della vita di un milione 200mila italiani che soffrono di questa malattia. Fra questi, si contano anche coloro che soffrono di asma allergico, molto frequente proprio in questo periodo dell’anno. Sono questi i risultati dello studio clinico Best (Beclomethasone plus Salbutamol Treatment), pubblicato sul New England Journal of Medicine, una tra le più prestigiose riviste mediche mondiali, promosso da Chiesi Farmaceutici e dai maggiori centri pneumologici italiani. “Si tratta di uno studio rivoluzionario – afferma il coordinatore della ricerca, il professor Leonardo Fabbri, Professore Ordinario e Direttore della Clinica di Malattie dell´Apparato Respiratorio dell’Università di Modena e Reggio Emilia – perché mette in discussione, in questa popolazione di pazienti, un cardine dell’impostazione terapeutica dell’asma. La nostra ricerca ha dimostrato che una semplice terapia inalatoria con la combinazione precostituita di un broncodilatatore (salbutamolo) e un cortisonico (beclometasone dipropionato), assunta alla comparsa dei sintomi, permette un controllo clinico analogo a quello offerto dalla terapia inalatoria quotidiana continuativa con cortisone più broncodilatatore al bisogno, raccomandata fino ad oggi dalle linee guida. La pubblicazione sul New England è un importante riconoscimento internazionale per la ricerca clinica del nostro Paese”. Il Best è uno studio multicentrico (ha coinvolto 8 centri italiani e 14 europei), che ha arruolato 500 pazienti, seguiti per 6 mesi. “Abbiamo selezionato solo malati che, secondo i criteri attuali, vengono considerati asmatici lievi persistenti – spiega il professor Alberto Papi, Professore ordinario e Direttore della clinica di malattie dell´apparato respiratorio della Università di Ferrara e co-coordinatore dello studio -. Il 60% delle persone coinvolte nella ricerca soffriva di asma allergico. Si tratta, quindi, di individui che per la gran parte del tempo stanno bene, e per i quali è molto difficile garantire l’adesione alla terapia continuativa prevista dalle attuali linee guida”. “Da trenta anni a questa parte il gruppo Chiesi ha continuamente sviluppato la terapia di combinazione tra broncodilatatori e corticosteroidi – ha commentato il Dr. Paolo Chiesi, Vice Presidente e Direttore della Ricerca e Sviluppo dell’azienda italiana – Nel tempo questa intuizione iniziale è diventata un razionale sempre più evidente e ha trovato conferme sempre più significative in importanti trial clinici, quali lo studio Best”. “Sulla base della nostra esperienza quotidiana, – spiega il dr. Germano Bettoncelli, responsabile dell’area respiratoria della Società Italiana di Medicina Generale - possiamo affermare che, all’insorgenza dei sintomi, la maggior parte dei pazienti colpiti da questa forma di asma tende a utilizzare il solo broncodilatatore, oppure a ricorrere a un’associazione estemporanea, comportamenti che fino ad oggi avevamo tollerato anche se “irregolari”. Siamo quindi certamente interessati al fatto che ora emergano dati a supporto dell’intervento al bisogno con la combinazione precostituita dei due farmaci, una strategia terapeutica meno pesante ed impegnativa”. Già, ma il paziente? “Risulta ancora molto difficile far passare il concetto che l’asma lieve persistente è una malattia cronica, soprattutto negli stadi iniziali, quando la persona avverte sintomi solo saltuariamente – afferma il dr. Filippo Tesi, Presidente di Federasma. Il controllo dell’asma è invece strettamente correlato alla qualità di vita del malato. Se la malattia non viene gestita correttamente, infatti, i sintomi e le crisi sono molto più frequenti. Tra le cause della mancata adesione dei pazienti alla terapia, c’è la complessità e la frequenza del trattamento, l’impiego di più medicinali più volte al giorno, la paura di effetti collaterali, anche nel lungo periodo, e la scarsa fiducia nei farmaci. Un approccio che permetta invece di gestire la malattia in modo più semplice ci sembra la soluzione ottimale per favorire l’adesione alle terapie”. .  
   
 

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