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Notiziario Marketpress di Mercoledì 06 Giugno 2007
 
   
  BROKERS ITALIANI E EIB CONSORTIUM: LA RISPOSTA ITALIANA ALL’INTERNAZIONALIZZAZIONE DEI MERCATI

 
   
   Milano, 6 giugno 2007 Il Consorzio Brokers Italiani, nel corso della sua V Giornata annuale, si confronta con l’altro Consorzio di brokeraggio che opera nel mercato assicurativo italiano, Eib Consortium, e verifica le diverse strategie adottate per aiutare la crescita dell’imprenditoria italiana in un mercato senza confini. Eib Consortium + Brokers Italiani: 358. 773 milioni di premi gestiti; Le imprese italiane premiano le società sotto forma di Consorzio; Italia:assicurazione danni è meno diffusa rispetto ai grandi Paesi europei; L’88% delle imprese in possesso di almeno una polizza ramo danni; Dal confronto fra i diversi sistemi legislativi europei nasce la richiesta di una semplificazione normativa per l’imprenditoria italiana; Pil in crescita del 2% nel 2006; export a +4%. Brokers Italiani e Eib Consortium sono le due realtà sotto forma di consorzio del mercato italiano del brokeraggio assicurativo. Secondo i più recenti dati elaborati da Asefi, nel 2005 Brokers Italiani si posizionava al 10° posto del mercato italiano con 190. 203 milioni di premi gestiti, mentre Eib Consortium occupava l’11° gradino del ranking con 168. 570 milioni. Quindi, il sistema consortile, nel suo insieme, rappresenterebbe il sesto posto nel mercato nazionale, con premi complessivi gestiti di 358. 773 milioni:
Società Premi 2005
Marsh spa 3. 814. 036 mln
Gruppo Willis Italia 1. 710. 768 mln
Gruppo Aon 1. 414. 910 mln
Gruppo Gpa 957. 500 mln
Ital Brokers 736. 183 mln
Brokers Italiani + Eib Consortium 358. 773 mln
Fonte: Asefi 2006 Il Consorzio ha il vantaggio di aggregare operatori indipendenti che continuando ad essere tali, mettono a fattor comune specialità e competenze, che altrimenti rimarrebbero patrimonio di pochi, garantendo così economie di scala preziose, inaccessibili ad operatori seppur qualificati ma dimensionalmente svantaggiati. E i numeri confermano l’apprezzamento per questa forma societaria che consente, in un mercato imprenditoriale dall’orizzonte sempre più internazionale, di garantire al cliente e all’assicuratore stesso un contributo sostanziale in materia d’identificazione, minimizzazione, trasferimento e successiva gestione del rischio nella sua globalità. I rischi sono una componente dell’impresa: all’imprenditore tocca valutare quali valga la pena di correre direttamente e quali sia preferibile coprire esternamente grazie alla consulenza dell’intermediario che deve avere tutte le informazioni necessarie per fare questa valutazione in modo corretto. “Il mercato sta evolvendo - ha detto Arnaldo Bergamasco, Presidente di Brokers Italiani – e credo di poter rivendicare alla categoria dei broker il merito di aver contribuito e stimolato questo processo di cambiamento. Oggi, la sfida è di garantire una presenza capillare in tutta Europa, attraverso il rafforzamento della presenza fisica di un referente nelle più vaste lande del continente, per assicurare un continuo miglioramento di efficienza nella gestione dei clienti. Il nostro ruolo di consulenti deve portare il cliente a trovare soddisfazione al proprio bisogno di sicurezza non solo attraverso lo strumento assicurativo che non è necessariamente quello vincente nella tutela e nell’abbattimento del rischio. Questo impone un continuo impegno di prevenzione e un ampio lavoro di risk management che può in certi casi anche sostituire lo strumento della polizza assicurativa”. Secondo Alessandro De Besi, Presidente di Eib Consortium, “la cultura del rischio sta cambiando anche all’interno delle aziende. Oggi la semplice risposta assicurativa è insufficiente per i bisogni dell’impresa e per rispondere alla richiesta di sicurezza globale bisogna adottare una tecnica di approccio al rischio altrettanto globale, che si rifaccia alle metodologie di risk analysis così familiari al mondo anglosassone”. I principali indicatori economici del 2006 evidenziano segnali di crescita incoraggianti per l’economia italiana. Dopo una lunga fase di stagnazione, durata cinque anni, il Pil è aumentato nel corso del 2006 del 2%. Un tasso di crescita che sarà confermato a tutto il 2007 ma che è pur sempre uno dei più bassi tra i Paesi dell’area dell’Euro. A trainare la ripresa italiana è l’export (+4% nel 2006). Le previsioni indicano un’espansione dell’economia italiana che proseguirà fino al 2010 al passo di crescita dell’1,7% annuo. Procederà quindi la riqualificazione del sistema industriale e la riorganizzazione dei processi produttivi: sviluppi necessari per guadagnare competitività su un mercato senza più confini. Negli ultimi cinque anni una quota significativa di imprese ha già provveduto a innovare prodotti e strategie di mercato (soprattutto medie imprese e filiere a loro collegate) puntando sulla qualità, sulla maggiore presenza all’estero, sui servizi per aumentare il valore del prodotto, sull’introduzione di nuove tecnologie di gestione integrata. Altre sono chiamate a farlo perché la selezione internazionale è particolarmente dura, specie per le piccole imprese che devono far fronte agli alti costi fissi dell’innovazione continua e della presenza attiva sui mercati lontani. Dall’inizio del 2000 a oggi, la quota di imprese con attività produttive all’estero è passata dal 5,4% all’8% e quelle che hanno collaborazioni con imprese straniere sono salite dal 7,6% al 15,1%. L’ottica internazionale del sistema imprenditoriale nostrano impone al broker un know how globale, attraverso un aggiornamento continuativo sulle evoluzioni in atto nel marketplace per permettere di fornire ai clienti soluzioni innovative in linea con le loro esigenze. Necessità che si scontrano con i diversi sistemi legislativi dei paesi europei, dove alla forte liberalizzazione dei mercati anglosassoni risponde un impianto normativo italiano ingolfato, ingessato che, oltretutto, ha malamente recepito la Direttiva Europea 2002/92 nata con l’obiettivo di aumentare la tutela del consumatore e di innalzare la trasparenza del mercato. Nel corso dell’incontro, Francesco G. Paparella, socio di Brokers Italiani, ha sottolineato come “la Direttiva Europea 2002/92 sull’intermediazione fosse basata sul principio dell’unificazione delle varie figure degli intermediari dovuta in massima parte alla necessità di mediare tra le legislazioni dei vari paesi europei, troppo distanti tra loro per essere sovrapposte senza traumi. La direttiva fu comunque varata, con soddisfazione soprattutto di quei paesi ove la deregolamentazione era già una realtà. Il problema è che il legislatore italiano, attraverso il Codice delle Assicurazioni e il Regolamento Isvap ha in parte tradito lo spirito della Direttiva, creando una serie di incombenze e di obblighi che appesantiscono il lavoro del broker che spende il 70% della giornata lavorativa ad assolvere pratiche burocratiche. Tutto ciò, oltre ad allontanarci dai mercati più liberi come quello ad esempio del Regno Unito, rappresenta un aggravio eccessivo di formalità prive di sostanza che non giovano né al mercato né, tanto meno, al consumatore”. Dal confronto con il sistema legislativo del Regno Unito – come ha ben illustrato Mr. Roger Bramble, che opera sul mercato di Londra da oltre 30 anni - si rileva che le imprese italiane hanno bisogno di norme certe ma snelle e non di essere regolamentate all’eccesso come avviene oggi. Le regole devono servire a semplificare e non a complicare la vita delle imprese, mentre oggi assistiamo alla particolarità tutta italiana, di commissioni governative al lavoro per semplificare l’impianto normativo adottato. Certezza e semplicità per permettere al mondo delle imprese di concentrare le energie sulle grandi tematiche dello sviluppo, della modernizzazione, del riposizionamento internazionale. In questo senso la moderna gestione del rischio diventa un fattore determinante per le imprese, non solo delle più dimensionate, ma anche delle Pmi che nel 2005 hanno speso in media 24 mila euro l’una per premi polizze ramo danni, pari allo 0,27% del fatturato. In rapporto alle aziende europee, quelle italiane si presentano generalmente sottoassicurate. Secondo i dati della Xxv indagine Congiunturale realizzata da Capitalia e utilizzati dall’Ania per fotografare il rapporto tra imprenditorialità e assicurazione, risulta che l’88% delle imprese italiane ha almeno una copertura assicurativa contro i danni per un ammontare di capitali assicurati pari al 62,5% degli attivi dell’impresa. Il 72,5% delle imprese fa ricorso alle coperture di Responsabilità Civile per un valore dei premi pari allo 0,08% del fatturato. L’italia è tra i 5 grandi paesi europei quello dove l’assicurazione danni è meno diffusa. Il divario cresce ancora di più se si esclude l’assicurazione auto. In questo caso i premi del ramo danni sono pari all’1,1% del Pil in Italia, mentre sono pari al 2,3% nell’Ue a 15 paesi, al 2,8% in Germania e Regno Unito, al 2,2% in Francia, all’1,9% in Spagna (negli Stati Uniti è pari al 4,7%). In un momento in cui la competitività del mercato rende sempre più ristretti i margini delle aziende produttrici e quindi la capacità finanziaria di reggere a un evento dannoso diventa sempre più modesta, il broker ha un ruolo decisivo nel fornire, con costi certi, copertura a eventi che sono incerti ma dagli effetti devastanti per la salute delle imprese nel caso si verifichino. · .
 
   
 

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