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Notiziario Marketpress di Giovedì 15 Giugno 2006
 
   
  PER RILANCIARE L’ITALIA PRODI INVESTA SULLE CITTÀ DALL’UNIVERSITÀ DI FIRENZE UNA STRATEGIA PER IL PREMIER ALLA VIGILIA DEL CONVEGNO SUI PIANI STRATEGICI. IL PROFESSOR TRIGILIA: “OCCORRE UN PIANO NAZIONALE, COSTA MENO, OTTIENE DI PIÙ”

 
   
  Firenze, 15 giugno 2006 - “Lo ha appena detto anche il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi: molti degli incentivi per le aziende sono di scarsa efficacia. Si potrebbe allora pensare di riutilizzarne almeno una parte per investire sulle città con ricadute positive anche per le imprese. Le città sono i luoghi dove si crea vera innovazione. Peccato che finora siano state dimenticate. Il governo Prodi ha dunque l’occasione di cambiare strategia. Spenderebbe meno e otterrebbe di più”. La Rete delle Città del Piano Strategico (sono 27, comprese alcune delle maggiori, Firenze, Torino, Prato, Napoli, Venezia, Bari, www. Recs. It tiene a oggi a Verona il primo convegno nazionale e il coordinatore Carlo Trigilia, docente di Sociologia Economica all’Università di Firenze, uno dei massimi esperti di sistemi urbani, coglie l’occasione per offrire al governo un’indicazione strategica motivata per rilanciare l’economia attraverso un grande progetto di ammodernamento del Paese. “Il Piano Strategico”, ricorda Trigilia, “è un processo di governance che aggrega attori e politiche, seleziona obiettivi, avvia progetti concertati di trasformazione territoriale e mobilita gli investitori. Soprattutto, costruisce per le città un´idea condivisa di futuro per realizzare il quale tutti si impegnano. Ovunque in Italia si avverte del resto la necessità più non rinviabile di risolvere i grandi problemi del nostro tempo: valorizzazione delle risorse e qualità della vita urbana (cultura, mobilità, inquinamento, salute. Questo spiega perché molte città si stanno aggregando alla Rete”. In altre parole, il Piano Strategico è un nuovo, promettente modello di governo per le aree metropolitane e le tre sessioni del convegno di Verona intendono mettere a confronto le esperienze maturate in Italia con analoghe importanti iniziative realizzate in Europa (il piano strategico di Barcellona, quelli di Birmingham, Monaco di Baviera, Leeds, Tallin, Parigi), con lo scopo dichiarato di riportare la problematica delle città al centro dell’attenzione. “A Verona”, spiega appunto il professore, “non si tratta solo di fare un bilancio, ma soprattutto di rilanciare a livello nazionale il dibattito sulle politiche urbane. Le esperienze fatte fin qui in Italia si basano sull’iniziativa volontaristica di alcune città, che hanno poi dato vita alla Rete. Ma è ormai tempo di sollecitare l’attenzione del governo per sostenere, rafforzare ed estendere queste esperienze. Occorrerebbe un programma nazionale, in collaborazione con le regioni, che aiuti le città a darsi strumenti progettuali e a realizzare nuove forme di collaborazione tra pubblico e privato, capaci di definire i processi di uno sviluppo integrato tenendo legati i vari temi cittadini, economia, cultura, infrastrutture, qualità sociale”. Se non affrontiamo in modo deciso questi problemi, dice Trigilia, le città rischiano di sprofondare ancora di più nella situazione di sofferenza che tutti conosciamo: “Rischi che riguardano anche il Paese, che ha bisogno di una scossa e di grandi innovazioni. In tutto il mondo sono le città gli incubatori dell’innovazione. Sarebbe quindi curioso che da noi si continuasse a parlarne senza mettere nel quadro di riferimento le città, dove appunto l’innovazione si realizza”. Secondo il professore, queste opzioni sembrano per ora assenti dal programma del nuovo governo. Ma bastano pochi conti per capirne la portata. “Oggi”, spiega, “il cattivo funzionamento delle città ci costa un occhio in termini di diseconomie e disagi. Si pensi invece quanto avremmo da guadagnare da contesti urbani funzionali, puliti, organizzati, capaci di valorizzare le proprie risorse straordinarie. Quanto costerebbe allo Stato un grande programma per le città? Certo meno di quanto spende oggi. Ma a due condizioni decisive. La prima è una rigorosa valutazione e selezione dei progetti. L’altra la partecipazione finanziaria delle comunità locali. Responsabilizzandole, saremmo più sicuri che ci saranno pochi sprechi”. .  
   
 

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