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Notiziario Marketpress di Giovedì 14 Giugno 2007
 
   
  ADVANCES IN GYNAECOLOGICAL ONCOLOGY XIX CONGRESSO NAZIONALE SIOG, 14-16 GIUGNO 2007 DALL’ISTITUTO TUMORI, PRIMO IN EUROPA A METTERE A PUNTO LA CHIURURGIA NERVE SPARING, ANCHE UN NUOVO PROGETTO DI SOSTEGNO PSICOLOGICO ALLE PAZIENTI LE OPERAZIONI IN LAPAROSCOPIA RAPPRESENTANO IL 35,4% DEGLI INTERVENTI NEL PRIMO TRIMESTRE 2007

 
   
  Milano, 14 giugno 2007 - Fino a poco tempo fa subire un’operazione di oncologia ginecologica significava sottoporsi a interventi invasivi e debilitanti, che comportavano un recupero lungo e faticoso. Negli ultimi anni la situazione è stata rivoluzionata: la chirurgia oggi punta, oltre che alla guarigione, al miglioramento della qualità della vita delle pazienti. Un obiettivo raggiunto grazie alla laparoscopia, un intervento specialistico caratterizzato da una piccola incisione sull´addome attraverso cui è introdotto un particolare strumento chiamato laparoscopio che permette di vedere all´interno dell´addome: “Questa tecnica – spiega il professor Francesco Raspagliesi, responsabile del Dipartimento di Oncologia Ginecologica dell’Istituto dei Tumori Nazionale dei Tumori di Milano e Presidente della Siog, la Società Italiana di Oncologia Ginecologica – è in grado di offrire non solo un’appropriata radicalità chirurgica, ma anche una drastica riduzione dei tempi di degenza e del dolore postoperatorio. Nei prossimi anni tale chirurgia sostituirà la quella tradizionale nella maggior parte dei casi”. Rispetto alla laparotomia la chirurgia mini invasiva presenta una serie di vantaggi significativi: la visione degli organi endoaddominali è perfetta, addirittura migliore che in chirurgia tradizionale, e permette una diagnosi definitiva in tutti i casi; non ci sono cicatrici esterne; la non apertura dell´addome riduce il trauma sugli organi pelvici e quindi favorisce la ripresa funzionale; si riduce il rischio di infezione dovuto alla contaminazione con l´ambiente e da corpi estranei; il decorso post operatorio è molto più rapido con scarso dolore; la degenza è limitata; la convalescenza è molto breve; i tempi di recupero sono fortemente anticipati rispetto agli interventi tradizionali. La chirurgia mini invasiva negli ultimi anni è stata applicata in misura sempre maggiore nel trattamento delle pazienti operate per un tumore all’apparato riproduttivo. Secondo i dati del dipartimento di Oncologia Ginecologica dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano la laparascopia nel 2003 era stata utilizzata nel 25,9% dei casi (140 interventi su un totale di 541). Questa percentuale è salita fino al 28,2% (125 interventi su un totale di 443) nel 2006 per attestarsi, nel primo trimestre 2007, a quota 35,4% (80 interventi su un totale di 226). In crescita anche gli interventi di isterectomia eseguiti in laparoscopia: nel 2003 rappresentavano il 7% degli interventi (13 operazioni su 176); nel 2006 la percentuale di operazioni realizzate in chirurgia mini invasiva è passato al 19% (35 su 183), una quota cresciuta nel primo trimestre del 2007 fino al 25% delle isterectomie praticate (25 interventi su un totale di 98 operazioni). Nuove tecniche hanno permesso di migliorare anche la qualità della vita delle donne operate attraverso laparotomia (l’incisione chirurgica della parete anteriore dell’addome): l’Unità di Ginecologia dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano è stata la prima, in Europa, a mettere a punto un nuovo intervento (chirurgia nerve sparing) in grado di preservare l’innervazione della vescica e del retto, evitando danni alla funzione di questi organi. Prima della chirurgia nerve sparing più del 50% delle pazienti che avevano subito un isterectomia radicale per un carcinoma della cervice uterina presentavano disfunzioni vescicali e intestinali serie. Con la tecnica nerve sparing solo lo 0-1% delle malate lamenta disfunzioni vescicali e solo il 2% disfunzioni intestinali. Inoltre le donne sottoposte a operazioni con tecniche nerve sparing mostrano una ripresa più rapida della funzionalità vescicale. (Cfr. Tab. 4). Infine, se un tempo le pazienti operate di isterectomia radicale per carcinoma mostravano una compromissione dell’attività sessuale in più del 20% dei casi, oggi, grazie al nuovo metodo operatorio solo l’1-2% delle donne operate lamenta disfunzioni di questo tipo. Il professor Francesco Raspagliesi, infine, ha dal 2006 avviato un progetto di recupero per le pazienti guarite da un punto di vista fisico, ma ancora in difficoltà sul fronte psicologico: si tratta del primo progetto pilota di questo tipo avviato in Europa che, visto il successo, sarà ripetuto nei prossimi anni. Molte delle donne che vengono operate e curate per un tumore soffrono spesso di quella che viene definita “sindrome della spada di Damocle”: non riescono cioè a tornare ad una vita attiva e serena e vivono uno stato di ansia perenne dovuto alla paura che il male possa ripresentarsi. Per superare questo blocco è stato ideato Vita D’amare, un progetto di “vela-terapia” per pazienti operati di tumore, nato dalla collaborazione tra la Fondazione Lighea e l’Associazione Ami-assistenza Mare Italia, il professor Francesco Raspagliesi e Cristiana Monina - velista professionista. Il progetto ha visto l’organizzazione di crociere in barca a vela della durata di 5-7 giorni nei mesi di giugno e di settembre: durante il viaggio le pazienti (di un’età compresa fra i 25 e i 60 anni) hanno avuto la possibilità di confrontarsi tra loro, lavorare in team per governare la barca e, con l’aiuto di un terapeuta, parlare della propria esperienza con la malattia. Le partecipanti al termine della crociera hanno mostrato di essersi ristabilite e di essere pronte per riprendere una vita attiva e serena. .  
   
 

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