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Notiziario Marketpress di Martedì 03 Luglio 2007
 
   
  OSSERVATORIO CRIF DECISION SOLUTIONS – NOMISMA: CRESCONO I FINANZIAMENTI AI PICCOLI OPERATORI ECONOMICI ITALIANI MA PERMANE CAUTELA NEGLI INVESTIMENTI

 
   
   Roma, 3 luglio 2007 – Crescono nel 2006 i prestiti erogati ai Piccoli Operatori Economici (Poe) italiani – ovvero le imprese con meno di 10 dipendenti e/o 2,5 milioni di Euro di fatturato – a conferma di un clima di ritrovata positività e dinamicità, anche se gli operatori mostrano una generale tendenza alla cautela e attendono nel 2007 conferme della ripresa per effettuare gli investimenti. Complessivamente, dalla rilevazione 2007 emerge che i Poe dei diversi settori hanno evidenziato una bassa dinamicità e una minore propensione ad effettuare investimenti (-5,7 punti) nel biennio 2005-2006. Nel corso del 2006 si sono registrati incrementi molto positivi nel volume di impieghi erogati alle imprese da parte del sistema bancario, accentuando ulteriormente il trend di crescita manifestatosi negli ultimi trimestri. In particolare, i dati risultano brillanti sia in termini di crescita su base annua degli impieghi alle imprese non finanziarie (+12,44% a dicembre 2006) sia per le imprese di piccola dimensione (+7,62% sempre a fine 2006). Per quanto riguarda l’andamento dei prestiti erogati alle imprese non finanziarie, si osserva un lieve rallentamento nei tassi di crescita relativi ai finanziamenti a lungo termine, pur attestati su valori molto significativi, confermando un processo di ristrutturazione del debito delle imprese ancora in atto e un orientamento verso linee di finanziamento a copertura di investimenti di lunga durata. La crescita degli impieghi complessivi è invece ulteriormente sostenuta dalla crescita dei finanziamenti a breve e medio termine che riconfermano il ruolo di questa tipologia di finanziamento in risposta all’esigenza dell’imprenditore di sostenere la gestione corrente, soprattutto a fronte di un sistema di pagamenti passibile di generare crisi di liquidità. Inoltre, i principali indicatori di rischiosità del credito erogato alle piccole e microimprese hanno evidenziato un costante miglioramento negli ultimi tre trimestri rilevati. A marzo 2007 il tasso di sofferenza (4,45%) e i tassi di insolvenza grave (1,55%) e di insolvenza leggera (3,58%) portano il rischio complessivo delle microimprese al 9,58%, inferiore di quasi un punto percentuale rispetto a marzo 2006. La riduzione del tasso di sofferenza è spiegabile sia dall’incremento sostenuto degli investimenti sia dalla progressiva introduzione di sistemi di valutazione che consentono alle banche di gestire più efficacemente il processo di erogazione del credito. Questi sono gli aspetti principali che emergono dalla nona edizione dell’Osservatorio sulla Finanza per i Piccoli Operatori Economici, il rapporto frutto della collaborazione tra Crif Decision Solutions e Nomisma che fornisce con cadenza semestrale informazioni strutturate sulle microimprese italiane. L’analisi territoriale: comportamento e rischio economico-finanziario dei Poe. A livello territoriale, sulla base dei risultati dell’indagine diretta dell’Osservatorio, emerge che per quanto riguarda la dinamicità il Nord Ovest mostra un maggiore calo della propensione ad investire (-6,8 punti) rispetto alle altre macroaree portandosi, secondo la rilevazione del 2007, sugli stessi livelli del Nord Est (rispettivamente 23,3% e 22,8% l’indicatore di dinamicità per le due ripartizioni). Sono i Poe del Centro a mostrare livelli di dinamicità superiori rispetto agli altri territori (26,0%) e una riduzione della propensione ad investire inferiore alla media (-4,2% rispetto al -5,7% nazionale). Tuttavia in quest’area si evidenzia anche un peggioramento del livello di rischio endogeno (ovvero il rischio di fallimento connesso all’adeguatezza e coerenza del comportamento del Poe rispetto alle dinamiche di mercato in cui è inserito) che aumenta in misura superiore rispetto alle altre ripartizioni. A fronte di un miglioramento delle condizioni ambientali e di mercato in tutte le ripartizioni considerate, il Sud mostra la riduzione meno consistente del rischio esogeno (ovvero il rischio di fallimento del piccolo operatore economico derivante dall’ambiente economico in cui svolge la sua attività) che porta a diminuire gli investimenti in misura rilevante (-6,4 punti). Sono infatti ancora le regioni del Mezzogiorno quelle in cui i Poe vanno considerati con maggiore cautela. In particolare, Molise, Basilicata, Puglia e Calabria mostrano una più bassa dinamicità e un valore di rischio complessivo più elevati rispetto alle altre regioni. L’emilia Romagna, il Veneto, la Lombardia, il Piemonte, la Toscana e il Trentino Alto Adige mostrano invece un livello di rischio complessivo più basso rispetto agli altri territori. Osservando la rischiosità del credito erogato ai Poe nelle diverse macro aree territoriali attraverso l’andamento del tasso di sofferenza sugli impieghi, si registra a marzo 2007 un diffuso miglioramento complessivo. Le regioni del Nord Ovest hanno progressivamente migliorato il trend decrescente, convergendo verso i valori registrati nel Nord Est - rispettivamente 3,94% e 3,85% - che per tutta la serie storica ha rivestito il ruolo dell’area più “virtuosa”. L’area del Sud e Isole permane in tutti i trimestri rilevati quella caratterizzata da tassi di sofferenza superiori (5,28% a marzo 2007). Migliora invece progressivamente nel corso di tutto il 2006 e anche nel primo trimestre 2007 il Centro, con il tasso di sofferenza che si attesta al 4,88% (marzo 2007), distanziando progressivamente la serie storica dal Sud e Isole, con cui i valori erano invece allineati nel corso del 2005. L’analisi settoriale: comportamento e rischio economico-finanziario dei Poe- Da un punto di vista settoriale, l’indagine diretta dell’Osservatorio Crif Decision Solutions-nomisma evidenzia come la maggior parte dei settori mostri una vulnerabilità finanziaria medio-alta e una redditività praticamente stabile. Sono in particolare i settori del Commercio al dettaglio e degli Alberghi e Ristoranti a evidenziare una struttura finanziaria maggiormente debole e quindi una più elevata vulnerabilità. I settori dell’Elettromeccanica e degli Apparecchi medicali e di precisione mostrano invece una maggiore affidabilità grazie a prospettive economico-reddituali buone e a una maggiore solidità finanziaria a breve. I Poe dei settori della stampa, editoria, dei trasporti e dei servizi alle imprese, pur in presenza di prospettive reddituali stazionarie, mostrano bassi livelli di vulnerabilità. Il settore dell’agricoltura, infine, deve essere considerato con estrema cautela a causa delle prospettive reddituali critiche del comparto, nonostante un livello di vulnerabilità media e in lieve miglioramento rispetto al trend medio dei settori. I settori che segnano un avanzamento sono quelli della metalmeccanica, dell’alimentare, dei trasporti e dei servizi alle imprese con prospettive economico-reddituali superiori alla media, rispetto agli altri comparti. In recupero i settori del tessile-abbigliamento, del legno, delle costruzioni, dei servizi ricreativi che, pur in presenza di difficoltà economico-reddituali, segnalano un incremento della redditività superiore alla media. Per quanto riguarda le dinamiche di rischio economico-finanziario, dal confronto tra rischio esogeno ed endogeno emerge come siano proprio i comparti con migliori prospettive a registrare un dato di rischiosità intrinseca con valori superiori alla media complessiva (42,35%). La maggiore propensione ad investire da parte di tali operatori induce quindi gli stessi ad assumere rischi imprenditoriali più elevati rispetto ai Poe degli altri settori. I casi maggiormente evidenti sono quelli della lavorazione dei metalli e minerali non metalliferi, della meccanica ed elettromeccanica, delle costruzioni, dei servizi pubblici, settori dove il rischio endogeno aumenta in misura superiore al tasso di crescita medio rispetto alla precedente rilevazione (escludendo la lavorazione dei metalli e dei minerali). La conferma del clima di attesa circa la ripresa economica che mostrano i Poe proviene dall’analisi del rischio esogeno di quest’anno rispetto al precedente. A contribuire a mantenere infatti un livello di rischio complessivo medio e stabile rispetto al 2006 concorre l’aumento del rischio endogeno associato a una riduzione del livello di rischio esogeno (-5,0 punti). L’analisi settoriale: il rischio di credito dei Poe - Dal punto di vista del rischio di credito, analizzando il tasso di sofferenza sugli impieghi registrato nei differenti macrosettori, a parte il settore dell’agricoltura molto inferiore e distanziato dagli altri (2,21% a marzo 2007), i restanti macrosettori negli ultimi 3 anni hanno progressivamente visto convergere i livelli di rischiosità. Tuttavia rimangono ancora ben presenti alcune peculiarità che confermano il commercio e distribuzione fra i settori a maggior rischio (5,75% a marzo 2007). Il macrosettore dei servizi e trasporti presenta il più elevato tasso di sofferenza, per quanto in lieve miglioramento, attestandosi appena sotto il 6%. Da segnalare il miglioramento della qualità del credito fatto registrare dalla manifattura (5,21% il tasso di sofferenza a marzo 2007). Stabile invece il livello di rischiosità rilevato nell’edilizia e opere pubbliche, che registrano un tasso di sofferenza che si attesta al 4,78% a marzo 2007. Approfondimento monografico - La relazione tra banche e imprese agricole: come cambia il rapporto con le recenti evoluzioni della normativa europea e nazionale La nona edizione dell’Osservatorio Crif Decision Solutions – Nomisma ha approfondito nella sezione monografica il rapporto tra banche e piccole imprese agricole. Nel quarto trimestre 2006 si rilevano andamenti congiunturali positivi e confortanti per il settore agricolo (+2,2%), anche se non sufficienti a interrompere completamente il trend negativo iniziato dopo il 2000 e caratterizzato da contrazioni del valore aggiunto del -3/4% annuo. L’andamento degli impieghi in agricoltura rimane stabile durante tutto il 2006, tra il +7% e il +5%, con una variazione media annuale del +6,5%, al di sopra del settore industriale ma al di sotto del settore dei servizi. Pur rimanendo elevati, gli impieghi e il ricorso al credito da parte delle imprese agricole sono ancora dipendenti dalla contribuzione pubblica, come è avvenuto nel biennio 2002-2003, grazie all’avvio delle misure dei Piani di Sviluppo Rurale e dei Piani Operativi Regionali. A fronte di una situazione congiunturale non positiva, il contesto normativo ed economico nel quale si muove l’impresa agricola attraversa una mutazione profonda. Da un lato la legge di orientamento in agricoltura apre definitivamente la strada a un’impresa sempre più multifunzionale, che dovrà operare in un ambiente caratterizzato da minori aiuti, minore assistenza e più mercato e concorrenza. Dall’altro, Basilea Ii e le disposizioni di Banca d’Italia sono destinate ad avere impatti significativi sul rapporto tra banche e imprese in generale, e agricole in particolare. Da un lato gli istituti di credito in parte si stanno adeguando, investendo molto attraverso attività di riorganizzazione interna che porteranno alla valutazione della rischiosità di un prenditore di credito in maniera più strutturata e approfondita, ma dall’altro anche le imprese agricole dovranno essere in grado di fornire un maggiore numero di informazioni e in maniera più organizzata. Inoltre, gran parte degli istituti di credito ha perso nel tempo le figure specializzate nel credito agrario e dunque il mondo del credito si sta muovendo su due versanti: la ri-acquisizione di specialisti nella valutazione delle aziende agricole e la messa a punto di sistemi di rating specifici per il settore. L’esperienza maturata da Crif nella gestione del rischio di credito ha messo in luce la necessità, maggiore rispetto ad altri settori, di introdurre nel processo valutativo nuove aree informative più adatte a cogliere le peculiarità del settore. Dalle analisi di Crif, emerge come esempio della correlazione esistente tra le scelte imprenditoriali e il rischio quello che lega il rischio di credito alla specializzazione produttiva e, in particolare, quelle legate all’esclusivo allevamento di bestiame, specie quello da latte. E ancora appare rilevante nella valutazione dell’azienda agricola - che è ancora oggi prevalentemente un’impresa di tipo famigliare dove la separazione fra la finanza dell’impresa e la finanza della famiglia non è così netta - il livello di affidabilità derivante non solo dal comportamento nell’utilizzo del credito osservabile sull’impresa ma anche quello dell’imprenditore. L’ambito di approfondimento che gli istituti di credito devono intraprendere per una corretta valutazione delle imprese agricole non si deve limitare alla sola sfera delle informazioni economiche e finanziarie ma deve essere allargato anche a quegli aspetti strutturali e comportamentali che sono la prova della capacità imprenditoriale. Se ci si muoverà in questa direzione la richiesta di trasparenza sarà tanto più comprensibile, e i benefici di una maggiore efficienza e minor rischio assunto attesi dal mondo del credito e di più facile accesso ai finanziamenti e prezzi migliori attesi delle imprese agricole potranno essere più facilmente colti. .  
   
 

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