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Notiziario Marketpress di Lunedì 19 Giugno 2006
 
   
  SCENARI E IDEE PER LO SVILUPPO PETTA (FONDAZIONE NOMISMA): L’IMPORTANZA DEI VALORI INTANGIBILI DELL’IMPRESA L’ECONOMIA DEL NON PROFIT HA BISOGNO DI NUOVI CRITERI DI EFFICIENZA.

 
   
  Bologna, 19 giugno 2006 - “I giovani di oggi, che sono il nostro domani, sembrano disorientati, privi di punti di riferimento. Se vogliamo offrire loro un orizzonte di senso, un motivo per impegnarsi e guardare lontano, dobbiamo far emergere i valori intangibili che sono alla base dell’agire imprenditoriale, quelli, ad esempio, che incontriamo nelle aziende familiari, nelle multinazionali tascabili di cui è ricco il nostro Paese”. Il futuro dell’Italia è nelle mani delle nuove generazioni, ricorda Maurizio Petta, amministratore delegato della Holding Mais, presidente della Fondazione Isabella Seràgnoli e consigliere della Fondazione Nomisma Terzo Settore. Etica ed economia si intrecciano in questa prospettiva, che pone al centro del sistema un’impresa collocata in un contesto sociale, dotata di identità, fonte di stimolo per chi si affaccia alla vita adulta. Dottor Petta in un’economia globalizzata, dominata da gruppi industriali di dimensioni ciclopiche, c’è ancora spazio per altri valori oltre la massimizzazione del profitto? Certo, non dimentichiamo che il nostro Paese è denso di aziende dove la figura dell’imprenditore è ancora molto importante. È vero però che oggi stiamo percorrendo un crinale difficile. La concorrenza diventa sempre più feroce e se una vera multinazionale decide di sbaragliare una media azienda nostrana può farlo senza troppa fatica, magari abbassando i prezzi fino a vendere i prodotti sottocosto, mantenendo alti i profitti grazie a flussi di cassa che provengono da altri settori. Una possibilità che non è alla portata di un’azienda normale, che non può erodere oltre un certo limite la propria redditività. In questo contesto si innesta un ulteriore aspetto critico, cioè il famoso passaggio generazionale che in Italia tocca trasversalmente tutti i tipi di azienda. Un imprenditore che vede innalzarsi sempre di più il livello della competizione e che si accorge di mettere suo figlio in una situazione troppo difficile spesso decide di vendere. Per queste situazioni le famiglie industriali bolognesi Seràgnoli e Vacchi hanno inventato B. Group? In un certo senso sì, B. Group investe in imprese che vogliano andare avanti e abbiano bisogno non solo di risorse finanziarie, ma anche di capacità manageriali, di una visione complessiva e di lungo periodo. Ma vorrei tornare alle motivazioni, anche queste “intangibili”, che spingono l’imprenditore non a vendere ma ad andare avanti. È a questo complesso di valori che dobbiamo guardare per immaginare il nostro futuro. Un imprenditore che decide di fare cassa è libero di compiere questa scelta, ma in un certo senso sottrae qualcosa alla comunità nella quale vive. Un’impresa ben radicata nel territorio crea occupazione e ricchezza, inoltre è parte di un complesso di valori dati dal controllo sociale che quel territorio esercita. Anche l’imprenditore è parte di quella comunità e per questo il più delle volte è animato dal desiderio di mettere sul mercato prodotti di un certo livello e realizzati secondo criteri condivisi. Per la preservazione di questi valori un ruolo fondamentale spetta ai consumatori. In questo senso sono abbastanza ottimista per il futuro, sono convinto che noi tutti, in quanto consumatori, diventeremo sempre più selettivi nella scelta dei prodotti. Sceglieremo sempre con più fiducia chi conosciamo e rifiuteremo quanto viene messo sul mercato senza seguire un tracciato trasparente. Sono questi contenuti intangibili che, nel tempo, faranno la differenza. Sono questi aspetti che un giovane dovrebbe cogliere e fare propri. Insomma etica ed efficienza possono andare a braccetto in economia: ma le imprese non profit, che per loro natura hanno un contenuto etico, non smentiscono questa affermazione? In parte sì, ma proprio su questo terreno io e tutte le attività non profit che ruotano attorno all’imprenditrice Isabella Seràgnoli, stiamo conducendo una battaglia di efficienza. Anche le istituzioni ed i servizi come la sanità oggi devono fare i conti con criteri di efficienza che garantiscano la sostenibilità di quanto fanno. L’impresa deve attingere ai valori, ma anche l’economia sociale deve attingere all’efficienza aziendale, deve mettersi in moto fra questi mondi un rapporto di proficuo scambio. Istituzioni ed economia di mercato non sono universi separati. Per diffondere questa cultura cosa state facendo? La Fondazione Nomisma Terzo Settore, voluta dalle Fondazioni Bancarie bolognesi, dalle Cooperative e dalla Fondazione Isabella Seràgnoli, ha proprio questo scopo. La sua missione è anche di promuovere l’applicazione di principi di gestione negli enti dell’economia sociale. I bisogni di una comunità saranno sicuramente soddisfatti meglio da una struttura capace di mantenersi e di investire in quegli ambiti sociali per i quali è stata creata. In sostanza la cultura imprenditoriale viene messa a disposizione dei bisogni sociali, non per ridurre l’effetto qualitativo, al contrario, per potenziarlo, garantendo la sostenibilità di un progetto. Come agisce la Fondazione Nomisma Terzo Settore? La Fondazione mette a disposizione modelli gestionali ed analisi strategiche, modelli di impresa applicati senza alterare il ruolo sociale dell’ente destinatario. Qual è oggi il ritratto del non profit in Italia? Nel nostro Paese sta maturando una cultura importante del non profit: c’è molto volontariato e risorse, destinate in gran parte da chi ritiene di aver goduto nella nostra società di privilegi che, in certa misura, vuole restituire. Nel non profit esistono però ancora aree sostanziali di inefficienza, infatti se un ente non a scopo di lucro spende la maggior parte delle risorse ricevute attraverso donazioni per pagare i costi di struttura è chiaro che qualcosa non funziona e a danno della comunità. E’ misurabile il ritorno di spesa nel terzo settore? La questione è delicata e ha di nuovo a che fare con l’”intangibile”. Penso che almeno il processo con cui si persegue un risultato sia misurabile. Ottimo sarebbe poter misurare anche il risultato. Di certo l’esperienza internazionale insegna che applicare modelli di gestione efficiente agli enti non a scopo di lucro porta maggiore trasparenza e genera valori per le comunità. Inoltre può fornire ai giovani nuovi strumenti culturali e validi motivi per mettere a disposizione il loro entusiasmo e la loro creatività nella costruzione del futuro economico ed etico della nostra società. . .  
   
 

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