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Notiziario Marketpress di Martedì 04 Settembre 2007
 
   
  È IL TRENTINO AD AVERE DECODIFICATO PER PRIMO IL GENOMA DELLA VITE

 
   
   “È un fatto pubblico che i primi a decodificare il genoma della vite sono stati i ricercatori dell’Istituto agrario di San Michele: i dati sono stati depositati dal 19 dicembre 2006 nelle banche dati internazionali e il risultato è stato annunciato alla comunità scientifica internazionale a San Diego il 14 gennaio 2007. Già nel corso del primo semestre 2007 è al lavoro un nuovo gruppo di ricerca, sempre a San Michele, per studiare le possibili applicazioni della ricerca, finanziata interamente dalla Provincia autonoma di Trento, sul versante del miglioramento genetico della vite. ” Comincia così la replica dell’assessore alla programmazione, ricerca e innovazione Gianluca salvatori alla notizia pubblicata il 27 agosto con enfasi su alcune testate nazionali, relativa alla pubblicazione sulla rivista “Nature” di un articolo che accrediterebbe la mappatura del dna della vite da parte di un consorzio franco-italiano, di cui fanno parte anche alcune università italiane fra cui Milano, Padova, Udine, Bari e Verona. Questo pomeriggio l’assessore ha convocato una conferenza stampa assieme ai responsabili scientifici dell’Istituto agrario di San Michele, Roberto Viola, direttore del centro sperimentale dello Iasma, Riccardo Velasco, coordinatore del Dipartimento genetico e di biologia molecolare nonché coordinatore del progetto, e Francesco Salamini del comitato scientifico. Una rivista di prestigio analogo a quello di “Nature” sta esaminando in questi giorni un articolo scientifico che riferisce i risultati della ricerca sul genoma della vite di Pinot nero condotta a San Michele. Contestualmente la prestigiosa rivista “Science” ha chiesto un’intervista al dottor Velasco per commentare l’articolo del consorzio franco-italiano. Alleghiamo l’intervista in coda a questo comunicato. “La celerità con cui il consorzio franco-italiano ha pubblicato il suo articolo – sottolinea ancora l’assessore Salvatori – risulta un po’ sospetta, considerato che in realtà loro hanno ancorato solo due terzi del loro genoma, quindi in sostanza centrando due terzi del loro obiettivo. La rivalità nel mondo scientifico non è una novità, ed anzi contribuisce all’avanzamento della ricerca. Ma resto perplesso quando vedo insinuarsi nelle dinamiche del lavoro scientifico scelte che poco hanno a che vedere con gli standard di deontologia scientifica, omettendo di riconoscere almeno l’attività dei ricercatori di San Michele e fondando le conclusioni di una ricerca su dati parziali. Per questo difendo l’operato dei nostri ricercatori, assistiti anche dal consiglio scientifico di San Michele, che, dopo aver depositato in banca dati i risultati del sequenziamento, hanno optato per una pubblicazione più completa. Per uscire da una visione della ricerca condizionata da considerazioni di prestigio accademico e nazionale più che da preoccupazioni scientifiche, San Michele ha comunque già iniziato a studiare le applicazioni di queste conoscenze in termini di rinnovamento varietale. Quanto pubblicato dal consorzio franco-italiano ha indubbiamente un taglio più ‘archeologico’, che non serve a questo nostro scopo. ” “L’articolo pubblicato su ‘Nature’ è incentrato sul confronto dell’evoluzione del genoma della vite rispetto agli altri genomi di piante superiori già pubblicati (riso, arabidopsis, pioppo), ma l’enfasi della stampa è focalizzata sul sequenziamento piuttosto che sull’evoluzione – ha spiegato Roberto Viola, responsabile del Centro Sperimentale Iasma - Ricostruire un genoma prevede tre fasi: sequenziamento, assemblaggio e ancoraggio ai cromosomi. Nel lavoro presentato su ‘Nature’ l’ultima fase è a due terzi, mentre la nostra è terminata a fine maggio” Il dottor Roberto Viola ha ripercorso le tappe che hanno portato Iasma alla pubblicazione sulle banche dati internazionali del genoma della vite. L’attività di sequenziamento è iniziata il primo ottobre 2005; nel marzo 2006 è stata annunciata la copertura del genoma, il cui completamento è datato 31 ottobre; il 19 dicembre le sequenze del codice genetico della vite sono state depositate nelle banche dati internazionali e nel gennaio 2007 è stato annunciata la disponibilità delle sequenze nelle banche dati della comunità scientifica internazionale in occasione del convegno di San Diego in California. A maggio 2007 sono state aggiornate le banche dati internazionali con annotazione le geniche; l’8 agosto è stato completato il manoscritto per la pubblicazione e nei giorni successivi è stato sottomesso l’articolo alla rivista ‘Science’. “Il contenuto del lavoro di San Michele è di elevato spessore, in particolare incentrato sulle applicazioni pratiche del miglioramento genetico della vite e in futuro del melo, progetto che quest’esperienza della vite ci garantisce di completare in tempi molto rapidi”, sottolinea Riccardo Velasco, coordinatore del Dipartimento di Biologia e Genetica molecolare dell’Istituto Agrario nonché coordinatore del progetto. Di seguito il testo dell’intervista rilasciata da Riccardo Velasco, coordinatore del progetto sul genoma della vite dell’Istituto agrario di san Michele all’Adige, alla rivista “Sciencenow” (versione on-line della rivista scientifica “Science”) Ci sono differenze tra i due lavori che sono a nostro favore. Basandosi su una dimensione del genoma stimata di 504 milioni di nucleotidi noi abbiamo assegnato ai cromosomi l’86% del Dna, lasciando fuori solo le sequenze altamente ripetute, il consorzio franco-italiano il 59%. Non intendo commentare lo stato dell’arte del loro lavoro al tempo della loro sottomissione dell’articolo a Nature in aprile, ma ci tengo a sottolineare che ci siamo chiesti spesso quando pubblicare. Abbiamo sempre convenuto di farlo quando avremmo ancorato (ricostruito) ai cromosomi oltre l’80%. Sicuramente i colleghi hanno lavorato duramente, come del resto noi. Questo va indubbiamente rispettato ed apprezzato, però ci attendiamo che le loro sequenze vengano rese pubbliche per intero come noi abbiamo fatto nel dicembre del 2006. Lo studio delle duplicazioni dei geni e dei genomi non è cosa così immediata. Comunque, le conclusioni a cui giungono i colleghi riguardo alle duplicazioni nei geni e nel genoma in vite (come tutte le piante a fiore, le angiosperme) sono fondamentalmente diverse dalle nostre. A differenza loro, infatti, noi troviamo evidenze per una relativamente recente duplicazione in vite. Queste differenze possono essere eventualmente dovute al fatto che noi abbiamo ricostruito i cromosomi per una porzione maggiore. In definitiva, secondo noi la formazione di un genoma paleo-esaploide nelle dicotiledoni come proposto dal consorzio franco-italiano necessita seri approfondimenti, sia in base ai nostri risultati, sia per gli studi già presenti in letteratura ed ignorati dai colleghi nel loro articolo. Noi siamo particolarmente orgogliosi di due cose. Primo, noi abbiamo assemblato il genoma del Pinot nero coltivato (non un suo derivato omozigote) che in pratica contiene due genomi. Secondo, abbiamo prodotto un autentico arsenale di oltre 2. 000. 000 di polimorfismi a singolo nucleotide, mappati sul genoma, essenziali per il miglioramento genetico. Ad esempio, abbiamo scoperto che oltre l’87% dei geni di Pinot nero contiene almeno un polimorfismo, e il 71% oltre quattro. Il nostro obiettivo non era solo scoprire ma anche imparare. A questo riguardo, adesso abbiamo costruito un gruppo di ricercatori che è in grado di analizzare in maniera puntuale ed approfondita i genomi delle piante, incluso assemblaggio ed annotazione dei genomi. Il nostro obiettivo principale in questo momento è la decifrazione del genoma del melo. A questo punto ci chiediamo quando sia il caso di pubblicare, se a lavoro finito o in corso. Al momento nel quale abbiamo saputo della pubblicazione su Nature noi avevamo già sottomesso la pubblicazione del nostro lavoro a Science. A questo punto ci attendiamo che la rivista possa avere dei motivi validi per accettare il nostro lavoro: infatti, questo presenta aspetti di novità sia metodologici che biologici. A questo proposito devo pubblicamente ringraziare tutti coloro che hanno contribuito al nostro lavoro. Nessun dubbio che noi ci sentiamo, entro certi limiti, perplessi. Abbiamo forse fatto qualcosa di sbagliato o siamo stati fin troppo zelanti? La nostra risposta è no; questa è la ricerca scientifica, un misto di aspettative da parte degli enti finanziatori, ambizioni dei ricercatori, attenzione dei media e progressi scientifici (le priorità posso variare di volta in volta). E’ vero che a Iasma siamo un gruppo di ricercatori relativamente limitato, periferici rispetto ai grandi centri dove grandi progetti di ricerca hanno luogo. Ciononostante, abbiamo dei vantaggi: a livello politico, gli amministratori locali, sono generosi nel supportare la ricerca, ed inoltre seguono i nostri lavori da vicino, esercitando un positivo stimolo al nostro lavoro. .  
   
 

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