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Notiziario Marketpress di Mercoledì 21 Giugno 2006
 
   
  IL VINO D’ECCELLENZA IN BORSA L’IPOTESI DI MASI

 
   
  Dopo il nuovo assetto societario l’azienda veronese leader nell’ Amarone punta alla Borsa con un progetto ambizioso creare il polo del vino delle Venezie. Dopo il cambio dell’assetto societario e l’apertura del capitale a soci finanziari, Masi Agricola di Sant’ambrogio di Valpolicella (Verona), una delle prime dieci aziende vitivinicole in Italia e primo produttore di Amarone, punta decisa alla partnership con aziende di pari livello qualitativo ed alla quotazione in borsa che potrà avvenire nel giro di 2-5 anni. E’ quanto emerso dall’incontro dell’8 giugno a Palazzo Mezzanotte, sede della Borsa Italiana, a Milano, al quale hanno partecipato gli enti finanziari (Alcedo Sgr e Unicredit) che hanno contribuito a far sì che un’azienda famigliare come Masi aprisse il proprio capitale alla finanza istituzionale allo scopo di consolidare i successi acquisiti e di guardare al futuro con legittime ambizioni. All’inizio del 2006 la famiglia Boscaini ha infatti ceduto il 28,5% della società ad Alcedo Sgr, liquidando i componenti della famiglia non più interessati ad essere attivi in azienda. Il 73% è restata saldamente in mano al presidente Sandro Boscaini (con al fianco i fratelli Bruno e Mario), i cui figli Alessandra e Raffaele sono da tempo inseriti in azienda. Azienda che ha tutte le carte in regola per ampliare la propria compagine ed aprirsi ad investitori istituzionali senza perdere quel patrimonio di valori che le sono tipici e che costituiscono uno stile ben riconoscibile nel fare impresa e nel firmare prodotti di pregio. Al convegno, dal titolo “Il vino d’eccellenza in Borsa: l’ipotesi di Masi”, moderato da Mariano Maugeri del Sole 24 Ore, Sandro Boscaini ha raccontato la realtà di Masi, che opera nella viticoltura e nell’enologia veronese sin dal 1772 e che negli ultimi dieci anni ha assunto una dimensione internazionale esportando il 90 % delle bottiglie prodotte (11 milioni) in più di 60 Paesi, con un fatturato di 46 milioni di euro. Convintissimo del grande valore della famiglia, Sandro Boscaini è peraltro dell’idea che viene un momento nella storia aziendale in cui non è più la famiglia al servizio dell’azienda, ma diventa l’azienda al servizio della famiglia. “Dopo anni di crescita e di coinvolgimento è fatale che le aspettative personali divergano e che ci si renda conto che l’azienda non è più funzionale alle aspettative stesse -ha commentato- Ma un’azienda come la Masi, che negli ultimi dieci anni ha registrato una crescita continua del 20% all’anno e che rappresenta uno dei quattro-cinque marchi italiani più forti in campo internazionale, non doveva essere frenata. Privilegiare l’azienda e cercare chi vi metta l’indispensabile benzina è dunque necessario per proseguire il cammino”. Diverse le motivazioni per cui un’azienda vitivinicola avverte una grande necessità di capitalizzazione: il compattamento della produzione nel vigneto, dove i costi di accesso e di gestione sono elevati, i grossi investimenti richiesti da un ciclo di lavorazione fino alla commercializzazione lungo e complesso (lunghi anni per la maturazione e l’affinamento dei vini nonché i costi per il bottame adeguato); le necessità distributive in termini di strutture specifiche e di investimenti in marketing e promozionali. “Fuori dall’autofinanziamento e dal ricorso al credito bancario rimane l’accesso diretto al risparmio -ha sottolineato Boscaini- dunque la Borsa, che è la via più sana. Però, l’eventuale quotazione in Borsa di Masi deve far perno su una realtà attrezzata da un punto di vista finanziario e strutturale e su un progetto ambizioso e unico: il polo del vino veneto di alta qualità. La regionalità è intesa da Masi come matrice culturale e come possibilità di promozione attraverso i valori culturali del territorio: l’importante è che il prodotto affondi le radici nella stessa cultura perché alla fine si vende sì vino, ma anche un valore immaginario: si vende un’emozione”. “L’operazione che ha avviato la Masi è altamente innovativa in un mercato come quello del vino tradizionalmente conservativo -ha dichiarato Giovanni Gajo, il creatore di Alcedo, sottolineando la necessità, per il mondo imprenditoriale veneto, di rinnovarsi. Giuseppe Trapani di Unicredit ha evidenziato come le aziende che hanno prospettive possano effettivamente aprire il loro capitale, mentre Luca Lombardo di Borsa Italiana ha dichiarato che almeno 50 aziende italiane del vino avrebbero la possibilità di quotarsi ma spesso manca la cultura nell’affrontare il nuovo che è apportata invece da partner finanziari. Essi in effetti rappresentano all´interno dell´impresa un momento di ordine e di equilibrio dando nel contempo concreta visione alle prospettive attraverso una maggior facilità di accesso ai capitali quando necessari alla crescita. Ma un eventuale accesso alla Borsa -ha sottolineato Trapani- non può prescindere da un progetto di ampio respiro che coaguli nuovi interessi e conseguentemente risorse: nel caso di Masi l’obiettivo è appunto quello di creare attorno all´azienda il polo del vino delle Venezie, mettendo concretamente in rete aziende di prestigio e nobiltà di tutte le più vocate aree viticole del Triveneto, grazie all’ importante bandiera del vino regionale, l´Amarone (di cui Masi è il più autorevole e riconosciuto intereprete) che oggi non solo rappresenta un grande richiamo enologico e culturale ma anche un grande successo nel mondo. .  
   
 

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