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Notiziario Marketpress di Lunedì 08 Ottobre 2007
 
   
  GIUSTIZIA EUROPEA: SENTENZA IN TEMA DI CONSERVAZIONE DEGLI HABITAT NATURALI

 
   
  E’ stata pronunciata la sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee in merito alla causa C-179/06, Commissione / Italia. La Commissione ha chiesto alla Corte di dichiarare che, avendo il Comune di Altamura e la Regione Puglia approvato una modifica del piano urbanistico ed una serie di interventi di edilizia industriale suscettibili di avere un impatto significativo nella zona di protezione speciale e nel sito di importanza comunitaria proposto («Sicp») It9120007 di Murgia Alta senza la previa procedura di valutazione dell’incidenza, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi stabiliti dalla direttiva del Consiglio 92/43/Cee, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche. La direttiva mira a salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo; essa istituisce la rete denominata «Natura 2000» e prevede l’identificazione delle zone speciali di conservazione da parte degli Stati membri. Questi sono tenuti ad adottare le opportune misure per evitare nelle zone speciali di conservazione il degrado degli habitat. Qualsiasi piano che possa incidere su un sito deve formare oggetto di una valutazione di impatto ambientale (Via), tenendo conto degli obiettivi di conservazione del sito stesso. Il sito di Murgia Alta (143 152 ettari) appartiene alla regione biogeografica mediterranea ed è stato classificato (nel 1998) come Zps. Ospita numerose specie di uccelli, in particolare la più importante popolazione, in Italia, della specie Falco naumanni. Due habitat prioritari sono presenti nella detta Zps, «Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli su substrato calcareo e «Percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei Thero-brachypodietea», nonché una pianta prioritaria, la Stipa austroitalica Martinovsky. Nel 2000 il Comune di Altamura ha approvato accordi di programma per un centinaio di interventi edilizi di tipo industriale, la gran parte dei quali ricadrebbe all’interno della Zps e del Sicp di Murgia Alta. Tali accordi riguardavano 42 opifici, (34 del Consorzio di Sviluppo Murgiano e 11 del Consorzio San Marco) che sono stati approvati dalla Giunta regionale della Puglia. Al fine di incentivare l’occupazione i comuni possono chiedere alla Giunta regionale un accordo di programma per la realizzazione di complessi che attivino immediatamente importanti livelli di occupazione. L’amministrazione regionale ha sottoposto i progetti di competenza del Consorzio di Sviluppo Murgiano alla verifica della necessità di una Via, ma ha ritenuto che ciò non occorresse per altri progetti, come quelli del Consorzio San Marco. Sulla base degli accordi con la Regione, il Comune di Altamura ha concesso un certo numero di licenze edilizie. La Commissione sostiene che non è stata effettuata alcuna procedura di valutazione di incidenza relativamente all’insieme degli interventi previsti negli accordi di programma. La Corte osserva che la direttiva subordina l’obbligo di effettuare un’opportuna valutazione delle incidenze di un piano o progetto su un sito protetto, alla condizione che questo sia idoneo a pregiudicare significativamente il sito interessato. Il meccanismo di tutela dell’ambiente è avviato quando esiste una probabilità o di un rischio che un piano o un progetto pregiudichi significativamente il sito interessato. La significatività dell’incidenza su un sito di un progetto deve essere messa in relazione con gli obiettivi di conservazione del sito stesso. Di conseguenza, quando un tale piano o progetto, pur avendo un’incidenza sul detto sito, non rischia di comprometterne gli obiettivi di conservazione, il piano o il progetto non può essere considerato idoneo a pregiudicare significativamente il sito in questione. Nell’ambito di un procedimento per inadempimento, la Commissione ha l’obbligo di dimostrare l’esistenza dell’inadempimento contestato. Essa è tenuta a fornire alla Corte tutti gli elementi necessari alla verifica, da parte di quest’ultima, dell’esistenza di tale inadempimento, senza potersi basare su alcuna presunzione. L’onere della prova gravante sulla Commissione deve essere individuato in funzione del tipo di obblighi imposti dalle direttive agli Stati membri. Spetta pertanto alla Commissione fornire la prova che un progetto possa pregiudicare significativamente il sito in questione, in relazione agli obiettivi di conservazione stabiliti riguardo a quest’ultimo. La Commissione, limitandosi a invocare accordi di programma, non ha dimostrato l’esistenza di elementi sufficientemente precisi per consentire alla Corte di dichiarare che fossero in questione misure in grado di pregiudicare significativamente il sito interessato, né ha fornito alla Corte precise indicazioni in merito alla collocazione geografica e alla portata degli interventi edilizi posti in essere riguardo al sito ed, in udienza, ha ammesso di non disporre di tali informazioni. La Commissione non ha quindi adempiuto l’onere probatorio relativo all’invocato inadempimento. Per questi motivi, la Quarta Sezione della Corte respinge il ricorso .  
   
 

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