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Notiziario Marketpress di Lunedì 08 Ottobre 2007
 
   
  RICHARD FEDRIZZI, L’US GBC E GLI STANDARD EDILIZIO LEED

 
   
   Trento, 8 ottobre 2007 - Richard Fedrizzi, “trentino nel mondo” originario di Stenico da parte di padre, è il presidente dell’Us Gbc, organizzazione non-profit del settore edilizio che promuove la realizzazione di edifici secondo gli standard Leed, ossia a basso impatto ambientale e allo stesso tempo salubri e confortevoli. Basati su fondati dati scientifici, gli standard Leed permettono di costruire edifici come case, luoghi di lavoro e scuole all’insegna del risparmio di energia e di acqua. La certificazione Leed comprende tre livelli: Certified, Silver, Gold e Platinum (il livello più alto), a seconda dei criteri rispettati. Nata negli Stati Uniti nel 1993, oggi l’Us Gbc conta oltre 11. 000 membri, fra imprese e organizzazioni. Nel mondo sono oltre 40 i paesi in cui si applicano gli standard Leed, fra cui il Canada, il Brasile, l’India, la Cina, l’Australia. Sotto la guida di Richard Fedrizzi l’Us Gbc partecipa alla “Clinton Climate Initiative” per promuovere un programma di edilizia sostenibile nelle 40 città più grandi del mondo. Da quando Fedrizzi è presidente, l’organizzazione ha triplicato il proprio staff, ha accolto 3. 000 nuovi membri, e ha lanciato nuovi programmi come quello della ristrutturazione degli edifici secondo gli standard Leed. I vantaggi del costruire e dell’abitare “verde” Si calcola che negli Stati Uniti il volume d’affari nell’ambito del “costruire verde” è stato pari a 7 miliardi di dollari nel 2005 e che raggiungerà i 12 miliardi di dollari nel 2007 (dati forniti dall’Us Gbc). Costruire secondo lo standard Leed, internazionalmente riconosciuto, può rappresentare un notevole vantaggio competitivo per le imprese. Il numero di imprese che si associano all’Us Gbc cresce al ritmo di centinaia al mese. Abitare una casa costruita secondo gli standard Leed significa abitare in un edificio progettato per essere confortevole e salutare, ad esempio con minore esposizione a muffe e a vari tipi di tossine. Il costo di una casa certificata Leed negli Stati Uniti è paragonabile a quello di una casa tradizionale, ma c’è un maggiore risparmio per quanto riguarda le spese di acqua ed elettricità. Anche l’ambiente ne trae vantaggio, dato che negli Stati Uniti ogni edificio Leed è progettato per immettere in media nell’atmosfera 350 tonnellate metriche di anidride carbonica all’anno in meno rispetto agli altri edifici (pari all’anidride carbonica che emettono in un anno 70 automobili) nonché per risparmiare il 30% di acqua e il 32% di elettricità. Interessanti dati arrivano anche a proposito delle scuole certificate Leed. Secondo le ricerche dell’Us Gbc gli edifici scolastici Leed risparmiano il 30-50% di energia, il 30% di acqua e riducono l’emissione di anidride carbonica del 40% . Fra gli studenti che frequentano una scuola Leed si registra un 38,5 % in meno dei casi di asma. Il Consorzio Distretto Tecnologico Trentino Il Consorzio Distretto Tecnologico Trentino Scarl è la società consortile nata in seno ad Habitech, un progetto di Distretto Tecnologico per l’Edilizia Sostenibile, le Fonti Rinnovabili di Energia e le Tecnologie Ambientali. Il progetto Habitech è promosso dalla Provincia Autonoma di Trento, con il riconoscimento del Ministero dell’Università e della Ricerca. Ambiente e sviluppo economico spesso sono stati considerati antagonisti. Oggi è possibile pensare questo rapporto in termini totalmente nuovi. Il Trentino scommette nella reale possibilità di perseguire contemporaneamente benessere economico e sostenibilità ambientale in maniera armonica e non conflittuale, bensì generando reciproci vantaggi e sinergie. Grazie all’innovazione e alle clean technology, ad una nuova consapevolezza ambientale e ad una modifica degli stili di vita in senso sostenibile, è possibile dare vita ad un nuovo modo di vivere gli ambienti naturali e costruiti, ottenendo allo stesso tempo livelli di comfort maggiori, la preservazione delle risorse naturali e benessere economico grazie allo sviluppo di nuovi settori e di nuova occupazione. Edifici intelligenti con consumi energetici e idrici minimi, realizzati con materiali naturali, rinnovabili e riciclabili, che sfruttano gli apporti naturali di energia, ottenuta da fonti rinnovabili e locali, che gestiscono e distribuiscono energia nelle reti locali grazie all’intelligenza distribuita, permettono di realizzare un nuovo modo di abitare e vivere il territorio, sempre meno dipendente dall’approvvigionamento di fonti esterne, e sempre più in grado di valorizzare le risorse locali. “Borghi rinnovabili”, “green valley” e filiere energetiche locali assicurano la creazione di comunità resilienti e basate su uno sviluppo economico sostenibile e duraturo. All’interno del Distretto Energia e Ambiente Habitech, un significativo gruppo di imprese private e di operatori interessati alle tecnologie innovative del distretto ha accettato di guidare una Società Consortile pubblico-privata per il distretto, investendo risorse proprie nel successo dell’iniziativa. Distretto Tecnologico Trentino Scarl favorirà la collaborazione tra operatori privati e agenzie e istituzione pubbliche, promuovendo lo sviluppo delle filiere edilizia – energia – gestione del territorio in modo che il sistema trentino nel suo complesso sia in grado di offrire al mercato (locale, nazionale, internazionale) soluzioni certificate al passo con i segmenti più qualificati della domanda. In tale prospettiva la Società Consortile assegna grande importanza alla definizione di nuovi standard di qualità, dei prodotti e dei processi, e si propone di integrare le competenze disponibili in progetti di ricerca. I soci della Società Consortile sono interessati ad operare in maniera integrata a progettare e produrre nuovi edifici a basso consumo di energia, sviluppare nuove tecniche di ristrutturazione, mettere in opera nuovi sistemi di produzione e accumulazione di energia, progettare impianti ad alto rendimento, reti di comunicazione e dispositivi finalizzati alla gestione intelligente ed integrata del territorio, servizi innovativi di gestione e manutenzione del patrimonio immobiliare, infrastrutturale ed ambientale. I Soci Il consorzio è composto da 11 soci pubblici (Provincia, Comuni, Università e Centri Ricerca) e 149 soci privati, per un capitale sottoscritto e versato complessivo di 275. 000 euro alla data odierna. L’ingresso di nuovi soci nel Consorzio, anche se provenienti da fuori provincia, è sempre ammesso. I soci privati rappresentano complessivamente oltre 300 imprese, con più di 8. 000 addetti e un volume d’affari generato di circa 1 miliardo di euro. I segmenti principali riguardano: · l’edilizia (45% dei soci), in particolare le costruzioni e ristrutturazioni tradizionali, e le costruzioni di case e componenti in legno, la progettazione, l’impiantistica e la realizzazione di infissi; · l’energia (29% dei soci), in particolare gli installatori di impianti a fonti rinnovabili, i produttori e distributori di energia, i fornitori di servizi energetici integrati (energy service); · le reti, con una serie di imprese impegnate nella realizzazione di sistemi e dispositivi per la gestione intelligente delle reti a livello territoriale (energia, acqua, telecomunicazioni, ecc. ). Attività Gli obiettivi di sviluppare applicazioni ed innovazioni nei settori dell’edilizia a basso consumo energetico, delle fonti rinnovabili e della gestione intelligente del territorio verranno perseguiti attraverso una pluralità di iniziative e metodologie, tra cui: · “tavoli tecnici” dedicati a specifici progetti e problemi dell’edilizia sostenibile, della produzione industriale di tecnologie e impianti, della fornitura di servizi in rete; · workshop e corsi di formazione finalizzati alla produzione e controllo di standard tecnici; · seminari sulle regole di mercato, esposizioni e momenti di presentazione esterna delle soluzioni esemplari; · servizi specializzati per l’innovazione sistematica, la creazione di nuovi artefatti, reti di competenze nelle singole aziende e nella filiera. Il consorzio si configura come luogo di discussione e mediazione tra i soci, e soggetto portavoce e portatore di interessi nei confronti degli interlocutori esterni, siano essi altri attori del Distretto Energia e Ambiente trentino, soggetti pubblici e privati di altri territori, enti e istituzioni nazionali e internazionali. Sviluppo sostenibile La definizione di “sviluppo sostenibile” compare per la prima volta nel rapporto “Our Common Future” (Il futuro di tutti noi) presentato all’Assemblea Generale dell’Onu nel 1987. Con il rapporto - preparato da un gruppo di studio indipendente, la “Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo” presieduta dalla norvegese Gro Harlem Brundtland e composta da 22 membri di 21 paesi - viene proposta una politica mondiale per uno “sviluppo sostenibile” sia dal punto di vista ecologico che sociale. Vi si legge: ”L’umanità ha la possibilità di rendere sostenibile lo sviluppo, facendo sì che i bisogni dell’attuale generazione vengano soddisfatti senza compromettere le capacità delle generazioni future di soddisfare i propri”. Sulla base di queste indicazioni le Nazioni Unite organizzano l’Earth Summit a Rio de Janeiro nel 1992 a cui partecipano i capi di stato e di governo di 170 paesi del mondo che adottano il concetto di sviluppo sostenibile e lo pongono a fondamento di una politica comune per l’ambiente e lo sviluppo economico. Un’altra tappa importante è il “World Summit on Sustainable Development”, il vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile organizzato dalle Nazioni Unite a Johannesburg (Sud Africa) nel 2002. In tale circostanza si prende atto del mancato raggiungimento di molti obiettivi prefissi nel summit di dieci anni prima, ma allo stesso tempo non si riesce, secondo l’opinione di molti osservatori, ad adottare una risposta politica adeguata per la salute dell’ambiente. Dal 1987 il concetto di sviluppo sostenibile si è evoluto inglobando nuove definizioni, ma resta la consapevolezza comune che molto deve ancora essere fatto per il bene dell’ambiente e dell’umanità che lo abita. Il Green Building Council si propone di promuovere un’edilizia responsabile nei confronti dell’ambiente. Da questo punto di vista, molte sono le soluzioni adottate per il risparmio energetico, per un migliore utilizzo delle risorse idriche e per una maggiore attenzione all’uso dei materiali. La certificazione Leed prevede che gli edifici siano dotati di sistemi di riscaldamento efficienti per evitare gli sprechi di energia. Inoltre sono utilizzate energie rinnovabili come l’energia solare ed eolica. In media un edificio Leed negli Stati Uniti consuma il 32% di elettricità in meno rispetto a un edificio tradizionale e il 26% in meno di gas. Gli edifici Leed sono dotati di soluzioni per il risparmio d’acqua, come sistemi per il recupero dell’acqua piovana e rubinetti con regolatori di flusso. Ne risulta che in media negli Stati Uniti il consumo d’acqua degli edifici Leed è del 30% inferiore a quello degli edifici tradizionali. Sempre negli Stati Uniti, la costruzione e la demolizione di edifici produce rifiuti pari al 40% del totale. Gli edifici Leed vengono realizzati seguendo un piano di smaltimento che riduce i rifiuti e con l’utilizzo di materiali in parte riciclati e prodotti localmente. I cambiamenti climatici e l’edilizia sostenibile - E’ necessario agire subito per il bene del Pianeta e della nostra salute. E’ quanto emerso alla Conferenza nazionale sui cambiamenti climatici del mese scorso a Roma, durante la quale il Ministero dell’Ambiente ha classificato il nostro Paese fra quelli che pagheranno il prezzo più alto in termini di danni ambientali, perdita di vite umane e costi economici a causa del riscaldamento globale. Il fenomeno è dovuto all’immissione di anidride carbonica e di altri gas serra nell’atmosfera, in seguito all’utilizzo di combustibili fossili come il petrolio. Gli edifici costruiti secondo gli standard Leed sono progettati per risparmiare energia e ridurre l’immissione di anidride carbonica nell’aria. I cambiamenti climatici nel mondo - I segni dei cambiamenti climatici causati dall’uomo sono già evidenti sul volto della Terra. Gli oltre duemila scienziati che quest’anno hanno predisposto il quarto rapporto Onu sul clima non hanno parlato solo di possibilità future, ma hanno anche fotografato la situazione attuale, mettendo nero su bianco gli effetti del riscaldamento globale negli ultimi 50 anni, sull’ambiente e sugli esseri umani. Già oggi, soprattutto a causa dell’aumento delle temperature, possiamo osservare diversi mutamenti che interessano la neve e i ghiacci, gli ambienti di acqua dolce, i mari e gli ecosistemi terrestri. E’ tutto scritto in un dossier licenziato il 6 aprile scorso a Bruxelles e preparato per i decisori politici dall’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change), l’organismo dell’Onu che si occupa dei cambiamenti climatici. E’ emerso che nelle regioni montuose è aumentato il numero di valanghe e che negli ecosistemi artici gli animali soffrono per l’innalzamento delle temperature. Sulle montagne lo scioglimento primaverile dei ghiacciai appare anticipato. L’acqua dei fiumi è più calda rispetto al passato mentre nei laghi e nei mari aumenta la quantità di alghe. Le foglie sugli alberi compaiono sempre più presto dopo l’inverno, cambiano le migrazioni degli uccelli e i tempi di deposizione delle uova. In generale, le specie animali e vegetali spostano il proprio habitat più a nord o a un’altitudine maggiore per ritrovare le temperature a cui sono abituate. Con un medio grado di certezza, gli scienziati affermano che ci sono anche diretti rischi per la salute. In Europa, ad esempio, la mortalità legata alle alte temperature è in crescita e così le allergie dovute ai pollini. Le foreste sono più soggette a incendi e parassiti e sulle montagne la possibilità di praticare gli sport invernali diminuisce. “Per la prima volta”, si legge nel comunicato del Centro euro-mediterraneo per i cambiamenti climatici, “l’Ipcc ha valutato con maggiore certezza scientifica gli impatti dei futuri cambiamenti climatici in relazione alle proiezioni di aumento di temperatura media globale”. Lo scenario è inquietante: un innalzamento di 1,5°C potrà avere impatti negativi sulla salute, a causa di ondate di calore, malnutrizione e infezioni. Se l’aumento sarà fino a 3,5 °C, milioni di persone che vivono lungo le coste saranno a rischio di inondazioni e il 20-30 per cento degli animali e delle piante potrebbe estinguersi. Si avrebbe anche un aumento della deglaciazione della Groenlandia e l’inizio di quella antartica. Oltre i 3,5°C, sarebbe molto difficile anche attuare misure di adattamento per difendere i sistemi naturali e antropici. L’acqua - Nel giro di quarant’anni la disponibilità idrica potrà aumentare di circa il 10-40 per cento alle alte latitudini e in alcune zone tropicali, ma diminuire del 10-30 per cento nelle regioni alle medie latitudini e nelle aree asciutte dei tropici. Secondo le stime, crescerà l’estensione dei territori colpiti da siccità, mentre in altre zone si avranno frequenti episodi di intense precipitazioni, collegati al rischio di inondazioni. Nel corso del secolo, le riserve d’acqua conservate nei ghiacciai e nei manti nevosi sono destinate a diminuire, con una conseguente riduzione della disponibilità idrica per un sesto della popolazione mondiale. Entro il 2020, in Africa, fra i 75 e i 250 milioni di persone saranno soggette a un grave aumento dei problemi legati all’acqua. Animali e piante - Sono a rischio il 20-30% delle specie vegetali e animali, che potrebbero non resistere al cambiamento climatico e agli eventi da esso provocati: siccità, inondazioni, incendi, invasioni di insetti. L’acidificazione delle acque degli oceani (dovuta all’aumento di anidride carbonica) causerebbe la scomparsa di molte barriere coralline e delle specie marine che da esse dipendono. Le risorse alimentari - I raccolti potranno inizialmente diventare leggermente più abbondanti alle medie e alte latitudini, mentre saranno destinati a diminuire alle basse latitudini. In generale, l’aumento del rischio di siccità, da una parte, e di inondazioni, dall’altra, influenzeranno negativamente la produzione agricola. Le coste - L’innalzamento del livello del mare provocherà un aumento dell’erosione costiera. Soggette a inondazioni potranno essere milioni di persone che vivono vicino al mare, ai grandi delta dei fiumi asiatici e africani o sulle piccole isole. La salute - I cambiamenti climatici previsti potrebbero mettere a rischio la salute di milioni di persone. Lo scenario è particolarmente drammatico per i Paesi in via di sviluppo. Potrà aumentare il rischio di malnutrizione e di malattie infettive e la mortalità dovuta ad anomale ondate di calore, alluvioni, tempeste, siccità. La crescita di concentrazioni di ozono a livello della superficie terrestre provocherà maggior rischio di malattie cardio-respiratorie. I cambiamenti climatici in Italia - In Italia, secondo i dati forniti dal Centro euro-mediterraneo per i cambiamenti climatici, in futuro, con un innalzamento del riscaldamento globale, si potrebbe avere una ridotta disponibilità d’acqua, di energia idroelettrica, di aree per la coltivazione. Nelle zone umide costiere si assisterebbe alla perdita di specie animali e vegetali e a una più abbondante presenza di alghe. I maggiori disagi si presenterebbero in estate, stagione per la quale sono previsti aumenti nei consumi energetici e del rischio di incendi, nonché una diminuzione del turismo. Le Alpi potrebbero essere tra le regioni maggiormente colpite dall’aumento della variabilità climatica estiva e quindi da una maggior incidenza di anomale ondate di calore e di siccità. A fronte di elevate emissioni di gas serra si prevede per il futuro una perdita fino al 60% dei tipi di piante e animali. Riguardo la neve, si è già riscontrata una riduzione di copertura a bassa quota e ci si aspetta che questa si riduca ulteriormente per ogni grado di aumento della temperatura. I cambiamenti climatici in Trentino - Anche in Trentino una delle questioni più rilevanti sembra essere quella della disponibilità d’acqua. I ghiacciai mostrano una perdita di spessore anche di alcuni metri all’anno e ritiri della fronte quantificabili in molte decine di metri nel corso degli ultimi 15-20 anni. Le indagini, condotte dal 1990 dal Comitato glaciologico trentino della Sat e, più recentemente, in collaborazione con il Museo tridentino di scienze naturali (Mtsn), il Dipartimento protezione civile e tutela del territorio della Provincia autonoma di Trento e il Dipartimento di ingegneria civile e ambientale dell’Università di Trento, stanno evidenziando la progressiva perdita del patrimonio glaciologico della nostra provincia. Alcuni esempi contribuiscono a delineare il quadro della situazione nel nostro territorio che conta attualmente 83 corpi glaciali, su una superficie totale di circa 38 chilometri quadrati. Il ghiacciaio dell’Adamello-mandrone, che con una superficie di circa 17 chilometri quadrati è il più esteso delle Alpi italiane e che alla fine degli anni ’90 costituiva un serbatoio di circa 800 miliardi di litri d’acqua, è arretrato di 140 metri dal 1989 al 2006. Il piccolo ghiacciaio d’Agola, nelle Dolomiti di Brenta, ha visto un ritiro della fronte superiore ai 70 metri negli ultimi 15 anni e una perdita di spessore di circa 9 metri nel giro di 5 anni. Il ghiacciaio del Careser, nel Gruppo del Cevedale, ha perso uno spessore di circa 41 metri dal 1967 e un comportamento analogo sta caratterizzando tutti gli altri ghiacciai del Trentino. Proiezioni per il futuro indicano che, con l’attuale tendenza climatica, la maggior parte dei ghiacciai alpini di superficie inferiore a un chilometro quadrato (oltre il 90 per cento del totale) scomparirà entro la fine del secolo. Come spiega Roberto Seppi, ricercatore al Museo tridentino di scienze naturali e tra i fondatori del Comitato glaciologico trentino, la riduzione dei ghiacciai darà origine a scompensi nel ciclo idrogeologico e provocherà la drastica diminuzione di una delle principali e strategiche riserve idriche dei territori alpini. È prevedibile che l’accelerata fusione dei ghiacciai aumenterà inizialmente la portata dei corsi d’acqua nel periodo estivo, ma successivamente tale apporto si ridurrà, proprio nei momenti di più intenso prelievo a scopo irriguo nei fondovalle. Da non sottovalutare le conseguenze sulla disponibilità d’acqua a scopo idroelettrico e i possibili dissesti idrogeologici in quota, legati anche alla riduzione del permafrost, il terreno perennemente congelato che contribuisce alla stabilità dei versanti e delle compagini rocciose. Infine, non va dimenticato che i territori alpini attraggono un cospicuo numero di persone a scopo turistico e ricreativo anche per la presenza di ghiacciai e paesaggi glaciali. La loro perdita, dovuta ai cambiamenti climatici, può quindi causare danni a numerosi comparti economici legati alla frequentazione turistica. I cambiamenti in atto sembrano anche destinati a provocare il prosciugamento di numerose sorgenti, in particolare di quelle a piccola portata su substrato carbonatico, e a far diminuire la quantità di precipitazioni annuali sul versante meridionale delle Alpi. Cosa può fare l’edilizia sostenibile - Gli oltre 2500 scienziati che quest’anno hanno predisposto il Iv rapporto Onu sul clima hanno individuato alcuni passi necessari per mitigare l’immissione di gas ad effetto serra nell’atmosfera. Fra questi, anche alcune azioni a breve e medio termine (fino al 2030) nel settore civile e residenziale. L’obiettivo è aumentare l’efficienza delle apparecchiature elettriche sia per l’illuminazione che per riscaldamento e raffrescamento nonché ricorrere al fotovoltaico integrato e alla domotica per ottimizzare i consumi. Negli Stati Uniti si calcola che gli edifici sono responsabili dell’emissione del 38% dell’anidride carbonica totale. Molte di queste emissioni provengono dall’utilizzo di combustibili fossili per il riscaldamento, l’aria condizionata, l’illuminazione e l’uso di varie apparecchiature. Un edificio costruito secondo gli standard Leed negli Stati Uniti ha un consumo medio di energia elettrica inferiore del 32% rispetto agli edifici tradizionali ed evita annualmente l’immissione nell’atmosfera di circa 350 tonnellate metriche di anidride carbonica (pari all’anidride carbonica che emettono in un anno 70 automobili). Questi risultati vengono raggiunti grazie all’istallazione negli edifici dei migliori sistemi di riscaldamento, ventilazione e condizionamento e a corrette procedure di manutenzione. Vengono anche utilizzate soluzioni che permettono di sfruttare al meglio la luce naturale, mentre per l’illuminazione artificiale vengono scelti i migliori ritrovati presenti sul mercato. Nella costruzione di edifici Leed si prevede anche l’uso di materiali riciclati e di materiali prodotti localmente. Attenzione viene posta nella riduzione del consumo di acqua potabile e nello sfruttamento di energie rinnovabili. .  
   
 

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