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Notiziario Marketpress di Lunedì 15 Ottobre 2007
 
   
  NUOVA RIPARTIZIONE DEI SEGGI AL PARLAMENTO EUROPEO DAL 2009

 
   
   Bruxelles, 15 ottobre 2007 - Il Parlamento, in base della popolazione residente in ogni paese, assegna all´Italia 72 deputati su 750: quanti previsti dal Trattato di Nizza, ma abolendo la tradizionale parità di seggi con Francia e Regno Unito. L´aula non ha accolto gli emendamenti "italiani" tesi a basare la ridistribuzione dei seggi sul numero dei cittadini ed a ristabilire l´equilibrio con Parigi e Londra. La proposta, se sottoscritta all´unanimità dal Consiglio europeo, si applicherà a partire dalle elezioni del 2009. Approvando con 378 voti favorevoli, 154 contrari e 109 astensioni la relazione di Alain Lamassoure (Ppe/de, Fr) e di Adrian Severin (Pse, Ro), il Parlamento propone ai Capi di Stato e di governo una ripartizione dei seggi in vista delle elezioni europee del 2009 che rispecchia quanto suggerito dalla sua commissione affari costituzionali. La Presidenza portoghese aveva peraltro indicato che, qualora un´ampia maggioranza dei deputati avesse approvato la formula proposta, il Consiglio europeo l´avrebbe fatta propria al margine del Vertice informale che dovrebbe concludersi il 19 ottobre. La proposta adottata dal Parlamento tiene conto del mandato conferito dal Vertice di giugno alla Conferenza intergovernativa chiamata a modificare i trattati che, in questo campo, prevede l´innalzamento del numero dei seggi parlamentari da 736 (come previsto dal Trattato di Nizza, rivisto dopo le ultime adesioni) a 750 (come era proposto nel progetto di Costituzione europea). Il Vertice aveva anche limitato a 96 il numero massimo di deputati per Stato membro (in particolare la Germania) e alzato a 6 il numero minimo di parlamentari per gli Stati membri più piccoli. Per la ripartizione dei 750 seggi, il Parlamento ha anche tenuto in considerazione il principio - stabilito dai Capi di Stato e di governo - della “proporzionalità degressiva”, in base al quale il rapporto tra la popolazione e il numero di seggi di ciascuno Stato membro deve variare in funzione della rispettiva popolazione, in modo che ciascun deputato di uno Stato membro più popolato rappresenti più cittadini rispetto al collega eletto in uno Stato membro meno popolato e viceversa. Inoltre, ciò implica che nessuno Stato membro meno popolato abbia più seggi di uno Stato più popolato. Così come suggerita dal Parlamento, la ripartizione si fonda sulla "popolazione" residente in ogni Stato membro (compresi gli immigrati senza diritto di voto) e, di conseguenza, per la prima volta nella storia del Parlamento, assegna un numero diverso di deputati a Italia, Francia e Regno Unito (che attualmente ne contano 78 e che ne avrebbero avuti 72 in base al Trattato di Nizza). Più in particolare, rispetto alla situazione prevista nel trattato di Nizza (736 seggi a decorrere dal 2009), il Parlamento sostiene quindi le seguenti modifiche per un emiciclo di 750 seggi: Germania: 96 seggi (-3 seggi rispetto al trattato di Nizza), Francia: 74 seggi (+ 2), Regno Unito: 73 seggi (+ 1), Italia: 72 seggi (nessuna modifica), Spagna: 54 seggi (+ 4), Polonia: 51 seggi (+ 1), Romania: 33 seggi (nessuna modifica), Paesi Bassi: 26 seggi (+ 1), Grecia, Portogallo, Belgio, Ungheria e Repubblica ceca: tutti 22 seggi (nessuna modifica), Svezia: 20 seggi (+ 2), Austria: 19 seggi (+ 2), Bulgaria: 18 seggi (+ 1), Danimarca, Slovacchia, Finlandia: tutti 13 seggi (nessuna modifica), Irlanda e Lituania: tutti 12 (nessuna modifica), Lettonia: 9 seggi (+1), Slovenia 8 seggi (+ 1), Estonia, Cipro, Lussemburgo: tutti 6 seggi (nessuna modifica), Malta: 6 seggi (+ 1). Il Parlamento ha respinto gli emendamenti presentati da numerosi deputati italiani di tutti i gruppi volti, in sostanza, a rinviare la decisione sulla ripartizione per poterla realizzare in base al numero dei cittadini, al posto della popolazione. Bocciati anche gli emendamenti alternativi proposti dai deputati italiani che intendevano ristabilire la parità - con 73 deputati ciascuno - tra i seggi attribuiti a Italia, Regno Unito e Francia, sottraendone uno a quest´ultima per attribuirlo alla nostra delegazione. Al riguardo, va notato che il Parlamento insiste affinché la revisione della ripartizione dei seggi prevista per la legislatura 2014-2019 «sia sfruttata per studiare la possibilità tecnica e politica di sostituire la presa in considerazione del numero degli abitanti, quale stabilito annualmente dall´Ufficio statistico dell´Unione europea (Eurostat), con quella del numero dei cittadini europei». Suggerisce pertanto un progetto di dichiarazione del Consiglio europeo da allegare ai nuovi trattati che invita il Parlamento a presentare una proposta volta a definire «con maggiore precisione» il termine "cittadini". Tale proposta, è precisato, dovrebbe essere elaborata con sufficiente anticipo rispetto alle elezioni del 2014. I deputati hanno poi deciso di non considerare i futuri Stati membri dell´Ue (come la Croazia) nella ripartizione dei seggi per non pregiudicare i prossimi ampliamenti. Propongono, tuttavia, che le nuove adesioni siano accompagnate da un aumento temporaneo del numero di deputati al di là della soglia di 750, come è peraltro avvenuto con l´adesione di Romania e Bulgaria. Inoltre, per contribuire a conferire una «vera dimensione europea» al dibattito elettorale, il Parlamento «si ripropone di esaminare la possibilità di eleggere una parte dei deputati europei su liste transnazionali», affidando un ruolo centrale ai partiti politici europei. Ripartizione dei seggi tra gli Stati membri
Stato membro Situazione attuale Trattato di Nizza (dalle elezioni del 2009) Proposta del Parlamento (Lamassoure / Severin) Differenza Nizza/parlamento
Germania 99 99 96 -3
Francia 78 72 74 +2
Regno Unito 78 72 73 +1
Italia 78 72 72 =
Spagna 54 50 54 +4
Polonia 54 50 51 +1
Romania 35 33 33 =
Paesi Bassi 27 25 26 +1
Belgio 24 22 22 =
Grecia 24 22 22 =
Ungheria 24 22 22 =
Rep. Ceca 24 22 22 =
Portogallo 24 22 22 =
Svezia 19 18 20 +2
Bulgaria 18 17 18 +1
Austria 18 17 19 +2
Danimarca 14 13 13 =
Slovacchia 14 13 13 =
Finlandia 14 13 13 =
Lituania 13 12 12 =
Irlanda 13 12 12 =
Lettonia 9 8 9 +1
Slovenia 7 7 8 +1
Estonia 6 6 6 =
Cipro 6 6 6 =
Lussemburgo 6 6 6 =
Malta 5 5 6 +1
Totale 785 736 750 +14
Dibattito Interventi dei relatori Dopo aver descritto i principali elementi della sua relazione e principi sui quali si basa la proposta di ripartizione dei seggi, Alain Lamassoure (Ppe/de, Fr) ha sottolineato che si tratta di una soluzione provvisoria che dovrà essere sostituita da una formula automatica da applicare dopo i prossimi ampliamenti dell´Ue. Ha quindi insistito sul fatto che la ripartizione si fonda sui dati Eurostat relativi alla popolazione, non essendo disponibili i dati sui cittadini. Il relatore ha poi sottolineato che gli emendamenti presentati «vanno contro lo spirito dei trattati. Ha inoltre ricordato che se il Consiglio non trovasse un accordo unanime, il numero di seggi totali del Parlamento resterebbe a 736. Ha quindi rivolto un appello a rinunciare «agli egoismi nazionali» e a dimostrare la coerenza del Parlamento. Per Adrian Severin (Pse, Ro), la relazione proposta apporta dei miglioramenti alla situazione attuale, rinunciando a «raggruppamenti artificiali». Questo sistema, ha aggiunto, gode di maggiore rappresentatività demografica, maggiore solidarietà tra grandi e piccoli Stati membri e maggiore legittimità democratica. Ha quindi affermato che il Parlamento rappresenta, assieme, i cittadini e gli Stati membri. Il concetto di cittadinanza, ha proseguito, sarà trattato in futuro, quando dovranno adottarsi clausole di revisione che garantiscano flessibilità e adattabilità. Sostenendo che nessun Stato membro sarebbe penalizzato, ha esortato i colleghi a respingere gli emendamenti presentati e, al contrario, ad accogliere la soluzione «ragionevole» proposta. Anche perché è necessario che il Parlamento dimostri che è capace di decidere. Se così non fosse la Cig subirebbe un «colpo basso, prima ancora di iniziare i lavori, e ciò costituirebbe un preludio al fallimento». Ha quindi concluso appellandosi al senso di solidarietà e responsabilità europei. Interventi in nome dei gruppi politici Ingo Friedrich (Ppe/de, De), ricordando che la Germania è l´unico Stato membro che perde deputati, ha sottolineato l´importanza dell´aspetto europeo, che primeggia sugli altri. Auspicando che si giunga a un sistema «logico e duraturo», il deputato ha annunciato che il suo gruppo voterà a favore della relazione, anche per mandare un messaggio chiaro al Consiglio, il quale non avrà nessuna scusa per non prendere una decisione e ricominciare il negoziato. Nell´annunciare il voto favorevole alla relazione da parte del suo gruppo, Richard Corbett (Pse, Uk) si è augurato che una grande maggioranza del Parlamento segua questa strada. A suo parere, il sistema proposto si concentra sulle principali anomalie attuali e comporta che nessun Stato membro si veda ridurre il numero di seggi rispetto a quanto previsto dal trattato di Nizza. Accennando alla volontà di alcune delegazioni di difendere «il prestigio nazionale», si è detto sorpreso dell´atteggiamento del governo Prodi, visto che tutti - al Vertice di giugno - avevano accettato il principio della proporzionalità degressiva. Si è detto vieppiù sorpreso poiché l´Italia è tradizionalmente di un europeismo esemplare. In proposito, ha sostenuto di aver personalmente accettato che il Regno Unito abbia un deputato in meno della Francia. Ha quindi concluso esortando il Parlamento a adottare la relazione e respingere tutti gli emendamenti, al fine di mandare un messaggio forte al Consiglio. Anche Andrew Duff (Alde/adle, Uk) ha affermato che il suo gruppo politico appoggerà la relazione per mandare un messaggio forte alla Cig: il Parlamento è stato in grado di rispondere alla richiesta del Vertice di decidere sulla sua composizione. Pur capendo coloro che intendono migliorare la rappresentatività della delegazione nazionale di appartenenza, ha sottolineato che gli emendamenti proposti sono contraddittori tra di loro e porterebbero al fallimento del sistema. Riguardo alla richiesta italiana, anch´essa comprensibile, ha sottolineato che si tratta di una questione complicata che entra nel campo della sovranità nazionale e che non può essere risolta in una settimana. In proposito, ha ricordato che, dopo la Cig, la commissione per gli affari costituzionali tratterà tale argomento in una relazione specifica. Nel frattempo, però, occorre dare un solido sostegno alla relazione proponendo alla Cig una soluzione, non un problema. Brian Crowley (Uen, Ie) ha sottolineato anzitutto i notevoli cambiamenti demografici avvenuti in Europa dalla prima elezione del Parlamento a suffragio universale (1979, ndr). Ha tuttavia posto in luce il fatto che si è sempre garantito un equilibrio di rappresentanza tra le Istituzioni e tra gli Stati membri. Inoltre, ha evidenziato che i dati utilizzati dalla relazione sono provvisori per 15 dei 27 Stati membri, ma che rischiano di avere conseguenze permanenti. A suo parere, infine, occorre tenere conto dei futuri allargamenti e ha quindi rivolto un appello a procedere con cautela. Johannes Voggenhuber (Verdi/ale, At) si è detto contrario alla relazione poiché il sistema stesso e la distribuzione proposta violano i valori fondamentali: il Parlamento rappresenta i cittadini, e non i poteri socio-economici come asserito dai relatori. Il concetto di cittadinanza, inoltre, è sancito dai trattati, dalla Carta dei diritti fondamentali, da diverse sentenze della Corte di giustizia e dalle norme in materia di elezioni europee. Sylvia-yvonne Kaufmann (Gue/ngl, De) ha riconosciuto che, all´interno del suo gruppo, vi sono divergenze di vedute. Personalmente si è detta favorevole alla relazione, che propone una soluzione equilibrata e trasparente e che garantisce la rappresentatività e la solidarietà tra Stati membri, rafforzando la coesione. Auspicando che il Consiglio appoggi la proposta del Parlamento, la deputata si è detta favorevole alla base di calcolo ed ha anche sostenuto che tutti i cittadini dei paesi terzi presenti negli Stati membri dovrebbero avere il diritto di voto alla elezioni europee. Per Bernard Wojciechowski (Ind/dem, Pl) la solidarietà europea «è soltanto un mito» e, in proposito, ha citato tutta una serie di azioni volte a tutelare gli interessi tedeschi in Europa. A suo parere, inoltre, occorre trovare un metodo che funzioni veramente ed ha concluso sottolineando che la proposta non colpisce la Romania, Stato membro di appartenenza di uno dei relatori. Secondo Luca Romagnoli (Its, It) la relazione «è da rigettare sdegnosamente per il sotteso ideologico anti-italiano e per la pretestuosità degli argomenti tecnici versus quelli politici sui quali poggia». Non entrando nel merito di quanto ai suoi occhi conti lo ius sanguinis «rispetto al giacobinismo» dello ius loci - «evidentemente assente nei pensieri dei relatori e di chi ha commissionato l´iniziativa» - il deputato ha sottolineato che, per i relatori, «non contano fatti incontestabili in politica e la valutazione e il ruolo che l´Italia ha avuto e ha nell´istituzione dell´Europa». A suo parere, «il principio così malamente italianizzato di degressività proporzionale per ridefinire la ripartizione dei seggi fissata dal congelato trattato costituzionale, è stato applicato con evidente discriminazione dell´Italia, visto che per alcuni paesi si è lasciato il sistema per scaglioni, con macroscopiche forzature». Come ad esempio nel caso delll´Estonia alla quale, con il triplo di popolazione, «sono stati attribuiti gli stessi seggi di Malta». Ha poi affermato: «Passi che alla Gran Bretagna sono computati tra gli aventi diritto al voto i residenti non cittadini europei e su questa base i relatori assegnano ad essa un seggio in più che all´Italia, anche se poi degli aventi diritto hanno votato per l´elezione del 2004 solo poco più di un terzo. Passi che alla Francia, che compone il corpo elettorale e sostanzia il suo profilo demografico con la stessa varietà di nascita della sua nazionale di calcio, vengano attribuiti due seggi in più che all´Italia. Passi l´ignavia del governo italiano che ha visto la fuga all´epoca dei preliminari del dibattito in Consiglio. Ma c´è qualcosa che non può passare! I relatori si attaccano al per loro opinabile significato di cittadinanza. Pretendono di considerare elettori quanti risiedono in Europa, pur avendo passaporto e cittadinanza extraeuropea. Ma escludono dal computo i cittadini che risiedono fuori dall´Europa». Questo, ha concluso, «dà la misura di una crassa, strumentale, inaccettabile discriminazione anti-italiana che con forza respingiamo!». Interventi dei deputati italiani Cristiana Muscardini (Uen, It) ha esordito sostenendo che la relazione sulla composizione dei seggi al Parlamento «contiene evidenti contraddizioni, rafforzate dalla lettera che i relatori hanno inviato ieri, quasi a giustificare la propria posizione, in merito a questioni tanto politicamente delicate, e stravolge il concetto giuridico di cittadinanza così come da sempre codificato». Il principio proposto, ha spiegato, «scavalca sia gli Stati nazionali che i trattati». Dal punto di vista giuridico, ha aggiunto, la cittadinanza europea «è lo stato giuridico in cui si trovano coloro e solo coloro che hanno la cittadinanza di uno Stato membro e che sono di conseguenza in possesso di tutti i diritti e i doveri collegati a questo status». Ed è la cittadinanza e non la residenza «che deve fare testo». Questa proposta, ha insistito, «stravolge anche l´impostazione data nel progetto del prossimo trattato che ben specifica invece chiaramente come il concetto di cittadinanza non abbia nulla a che vedere con quello di residenza». Il Parlamento europeo, a suo parere, ha quindi perso una grande occasione per dimostrare anche alle altre istituzioni «la capacità di trovare al proprio interno soluzioni basate su principi giuridici riconosciuti e condivisi». Ha poi chiesto ai relatori il motivo per cui «non è stata nemmeno presa in considerazione la possibilità, per l´assegnazione dei seggi, del criterio del numero dei cittadini degli Stati membri invece di quello della popolazione residente». «Forse per avvantaggiare alcuni rispetto ad altri? Vedi il caso del Regno Unito che riconosce il diritto di voto per le elezioni europee anche a coloro che non sono cittadini dell´Unione». Affermare che nessuno è stato penalizzato rispetto agli accordi di Nizza, ha poi aggiunto, «mi sembra un´evidente forzatura alla quale altri saranno chiamati a porre rimedio». Ha quindi annunciato il voto contrario alla relazione che, a suo parere, penalizza tutti i paesi dell´Unione e non solo l´Italia. E´ anche penalizzante «per la democrazia rappresentativa e per il futuro trattato» che contiene linee guida e principi su cui dovrebbe essere basata la distribuzione dei seggi del Parlamento. Ha poi concluso affermando che «non si può prescindere dal concetto di cittadinanza europea quale fondamento della legittimità democratica della nostra Assemblea». Roberto Musacchio (Gue/ngl, It) si è detto favorevole a un ruolo decisivo del Parlamento europeo «che spesso viene negato». Tuttavia, con questa proposta, «sembra che i governi vogliano usare strumentalmente» l´Assemblea. La proposta, ha insistito, «è sbagliata», non solo perché «l´Italia viene penalizzata», ma soprattutto perché «le ragioni di questa penalizzazione sono sbagliate». Ha quindi spiegato: «si rompe una storica parità, soprattutto si differenzia l´attribuzione dei seggi in nome a una popolazione residente a cui non viene attribuito il diritto di cittadinanza. E viene penalizzato chi, come l´Italia ha attribuito il diritto di voto ai cittadini non residenti nel paese». A suo parere, invece, occorre «una cittadinanza di residenza che abbia la possibilità però, non solo di contare per il numero di parlamentari da eleggere, ma per esprimere il diritto di voto e per essere eletti». E´ poi necessario garantire «la rappresentanza delle minoranze politiche e dei piccoli Stati, indicandolo espressamente nei criteri da seguire nelle leggi elettorali nazionali e occorre ragionare su forme nuove che valorizzino i partiti europei e la loro capacità di presentarsi come tali alle elezioni». Visto che nulla di questo è presente nella relazione, il deputato ha annunciato di non votare a favore. Alfonso Andria (Alde/adle, It), pur riconoscendo il non facile compito dei relatori, si è detto «piuttosto perplesso» del risultato del loro lavoro, «sia dal punto di vista giuridico che sotto il profilo squisitamente politico». La proposta, ha spiegato, fa riferimento per la prima volta ad un criterio di calcolo basato sulla popolazione residente in ogni Stato membro, sostituendolo al criterio di cittadinanza. E, in proposito, ha sottolineato l´esistenza di «un problema di coerenza giuridica e politica rispetto all´articolato del futuro trattato di riforma», che pone esplicitamente il principio della rappresentanza dei cittadini europei. Ma, ha aggiunto, la questione sembra anche politica, poiché viene «opacizzata» la funzione di voce e di espressione dei cittadini del Parlamento, «per giunta in un momento in cui l´Unione si impegna a diffondere la cultura della cittadinanza europea, dell´identità e dei diritti dei cittadini europei». In seguito, ha esortato a non ridurre la questione «a livello di rivendicazione nazionale» o, peggio, a sminuirla «a mero problema quantitativo». Ciò, a suo parere, «sarebbe assolutamente un approccio riduttivo e banale, francamente ingeneroso verso la reputazione italiana». Il deputato ha poi rilevato «una disparità di trattamento e una disomogeneità tra uno scaglione e l´altro», mentre spesso i parametri di riferimento «non sempre giustificano lo scarto di seggi tra un paese e l´altro». Ha pertanto concluso invitando i colleghi a votare in modo coerente con quanto stabiliscono i trattati «e con quanto fin qui, è stato e dovrebbe essere il nostro ruolo di parlamentari: espressione di una cittadinanza». Riccardo Ventre (Ppe/de, It) ha sottolineato che è «triste il discriminare dei paesi e dei parlamentari che cercano soprattutto di far rispettare dei principi basilari». La relazione, ha spiegato, «è una costruzione probabilmente buona ma che si fonda su basi di sabbia». In effetti, lede «nella sua interezza e nella sua pregnanza» il principio giuridico della cittadinanza. Pur riconoscendo che manca la certezza della base elettorale, ha sottolineato che è su questa incertezza che si intende costruire un criterio «che ci porterà ad una composizione assolutamente non rispettosa delle preesistenze e dei cittadini». Ciò, inoltre, rischia di portare come ulteriore conseguenza di fronte alla Corte di giustizia, perché è naturale rivolgersi ad essa se ci si vede lesi, «come momento di decisione suprema». Ha quindi concluso lanciando un appello al governo italiano - «che ha mostrato grandissima debolezza fino ad oggi in questa vicenda» - affinché «finalmente trovi un momento di orgoglio e possa porre e esercitare il diritto di veto rispetto a questa proposta». .
 
   
 

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