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Notiziario Marketpress di Mercoledì 28 Giugno 2006
 
   
  TUTTI I PROFUMI DI AFRODITE SONO QUELLI A BASE DI ROSMARINO, ORIGANO, ALLORO, MIRTO, CINNAMO, PREZZEMOLO, MANDORLA AMARA, CAMOMILLA, ANICE, PRODOTTI DALLA PIÙ ANTICA FABBRICA DI PROFUMI (2000 A.C.)

 
   
   A Trevi (Pg) una mostra inaugurata il 23 giugno espone i manufatti e le essenze preistoriche. Forse anche alle donne cipriote del 2000 a. C. Bastava una goccia di profumo per andare a letto. A renderle più desiderabili erano le essenze prodotte dalla più antica fabbrica di profumi del Mediterraneo, scoperta a Cipro, l’isola di Afrodite, da un team di archeologi dell’Istituto per le tecnologie applicate ai beni culturali (Itabc) del Cnr, diretto da Maria Rosaria Belgiorno. Rosmarino, origano, alloro, mirto, lavanda, cinnamo, coriandolo, prezzemolo, mandorla amara, camomilla e anice: la varietà delle essenze messe sul mercato dalla preistorica ‘ditta’ era davvero ampia per quei tempi. La ‘profumeria’ trovata nel sito di Pyrgos Mavroraki era annessa a un grande frantoio: l’olio prodotto in quantità industriali, era venduto nell’isola e nel Mediterraneo in giare da cinquecento litri, ma una buona porzione veniva destinata ai belletti ed unguenti ricavati dalla macerazione di erbe e piante. A questo aspetto del ritrovamento è dedicata la mostra “I profumi di Cipro. Olio d’oliva e fascino dall’isola di Afrodite nel 2000. A. C”, inaugurata a Trevi (Pg) presso il Museo della Civiltà dell’Ulivo, che durerà fino al 12 novembre 2006. Ampolle, attingitoi, alambicchi, vasi e profumi, presenti in mostra, ricostruiscono le fasi di questa lavorazione affidata soprattutto alle donne. I manufatti hanno lasciato tracce microscopiche degli antichi flavori, ricostruiti per questo evento dai ricercatori del Cnr sulla base delle ricette originali. I visitatori inoltre potranno ammirare un modello su scala 1:2 della fabbrica, messa a confronto con quella di Cleopatra, molto più famosa, ma di 2000 anni più tarda. “A testimoniare il funzionamento della lavorazione presso Pyrgos”, spiega la Belgiorno, “sono cinque macine di andesite, quattro grandi bacili per la preparazione delle essenze e 14 fosse intonacate ancora colme di cenere e carboni dove si sono trovate altrettante brocche che contenevano l’olio d’oliva e le essenze in infusione. All’esterno eleganti portaprofumi attendevano di essere riempiti con imbuti di terracotta e piccoli attingitoi per il dosaggio, mentre altri vasi di pregiata fattura già contenevano le essenze di base. Del corredo fanno parte anche grandi vasi forniti di un lungo becco laterale, la cui forma ricalca e precorre perfettamente quella della testa degli alambicchi utilizzati in periodo storico in Grecia e nel mondo arabo per l’estrazione degli olii profumati. La stessa tipologia di utensile richiama il famoso distillatore conservato nel Museo di Taxila in Pakistan, (proveniente dai primi scavi di Mohendjio Daro) e datato al Iii millennio a. C. Tale oggetto, riconosciuto dal prof. Paolo Rovesti nel 1975, è ritenuto il più antico sistema distillatorio nel mondo”. Dalla preparazione si passava probabilmente alla vendita al dettaglio che avveniva nel cortile adiacente, sotto una grande tettoia sostenuta da colonne. “La presenza di askoi, decine di vasi, bacili, tazze, portaprofumi, attingitoi, una giara e tre grandi contenitori anforoidi” continua Belgiorno “fanno pensare ad una sorta di negozio o luogo di scambio”. Ma l’olio aromatizzato serviva anche a rendere più morbide e profumate le fibre di lana al momento della tessitura, un’altra attività che si svolgeva a Pyrgos dove aveva sede un vero e proprio complesso industriale ante litteram, dedicato inoltre alla metallugia, alla produzione di olio, vino, farmaci e tessuti di lana e seta. La struttura appartenente a un edificio di circa 4. 000 mq, fu distrutta da un terremoto che sconvolse l’isola nel 1850 a. C. Di olio d’oliva profumato al rosmarino sono, ad esempio, imbevute alcune fuseruole usate per tessere la lana caprina e nasconderne l’odore non a tutti gradito. L’olio era un componente base anche per i farmaci, le cui tracce sono state rinvenute in diversi contenitori, soprattutto nell’area dedicata alla lavorazione dei tessuti. Tra i ritrovamenti più interessanti, un grande bacile incrostato di resina amalgamata con oppio e vino, una ciotola con scamonea e un vasetto contenente efedrina. Nella stanza dove si lavorava il vino è stato invece trovato un pregiato askos zoomorfo che conteneva chinolina mescolata ad essenza di lavanda. .  
   
 

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