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Notiziario Marketpress di Lunedì 12 Novembre 2007
 
   
  DAL SANGUE UN NUOVO POTENZIALE MARCATORE DELLA MALATTIA DI ALZHEIMER LA RISPOSTA DA UNA RICERCA DELLE UNIVERSITÀ DI PAVIA E BRESCIA.

 
   
  Pavia, 13 novembre 2007 - Un nuovo potenziale marcatore della malattia di Alzheimer, misurabile nel sangue mediante tecnologie sufficientemente diffuse a livello clinico, è stato individuato grazie a una ricerca congiunta delle università di Pavia e Brescia. Si tratta di un metodo non invasivo e facilmente eseguibile, adeguato a pazienti relativamente giovani e con esordio iniziale della malattia. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica «Molecular Psychiatry»; l’articolo, dal titolo “Conformationally altered p53: a novel Alzheimer’s disease marker?”, è frutto di una collaborazione pluriennale tra l’Università di Pavia - col gruppo di ricerca dei Prof. Stefano Govoni e Marco Racchi e della dr. Ssa Lanni - e l’Università di Brescia - col gruppo coordinato dal Prof Memo e dalla Dr. Ssa Uberti. I dati presentati nell´articolo sono il risultato di una lunga collaborazione che ha tra l’altro beneficiato dei fondi del Ministero dell´Università e della Ricerca (Prin n. 2005051707). “Alcuni anni fa stavamo studiando le caratteristiche dei fibroblasti dei pazienti con Alzheimer rispetto a cellule derivate da soggetti di controllo – spiega il prof. Stefano Govoni - Si tratta di una linea di ricerca avviata nel 1993 che ci ha portato alla fine degli anni Novanta a concludere, come anche altri laboratori in tutto il mondo, che i fibroblasti erano un ottimo tessuto modello per indagini biochimiche utili a caratterizzare i difetti molecolari alla base della malattia, ma presentavano difficoltà tecniche e tempi di indagine tali da renderli poco adatti ad essere usati come marcatori di valore diagnostico. Attorno al 2000-2002 stavamo studiando la risposta dei fibroblasti Alzheimer a noxae di varia natura quando, con sorpresa, scoprimmo che tali fibroblasti erano meno sensibili delle cellule di controllo al danno prodotto da acqua ossigenata. Sfruttando l´esperienza del gruppo di Memo su una proteina nota come p53 e sul suo ruolo nei processi di morte cellulare programmata fummo in grado di dimostrare che la resistenza all´acqua ossigenata dei fibroblasti Alzheimer era associata alla compromissione della normale funzione di tale proteina. ” “ Negli anni immediatamente successivi – continua il prof. Marco Racchi - riuscimmo a dimostrare che la resistenza all´acqua ossigenata dei fibroblasti Alzheimer era dovuta a una mutazione conformazionale di p53 (che può esistere in conformazioni diverse). Allo stesso tempo, sapendo che p53 è presente nelle cellule circolanti del sangue, sviluppammo un metodo quantitativo per valutare l´abbondanza relativa del conformero di p53 nelle cellule mononucleate, partendo da un piccolo prelievo (3 cc di sangue) e impiegando una tecnica basata sull´uso del citofluorimetro, uno strumento sufficientemente diffuso in ambiente ospedaliero. Usando questo metodo originale, da noi sviluppato, siamo riusciti a confermare su un numero ragionevole di casi (104 Ad e 92 controlli) l´osservazione che i pazienti Alzheimer presentano un più elevato livello di p53 conformazionalmente mutata. ” I dati riportati nell´articolo di “Molecular Psychiatry” mostrano anche una correlazione positiva del parametro con l´età, osservazione che suggerisce come la maggiore utilità di questo marcatore riguardi i pazienti fino ai 75 anni di età. Rispetto a molti altri studi su putativi marcatori, quello presentato ha il vantaggio di poter essere condotto su un piccolo prelievo di sangue e di essere trasferibile a molte realtà ospedaliere; tali caratteristiche potrebbero rendere più facili i necessari studi di conferma indipendente e il disegno di indagini adeguate a validare il test, se gli studi indipendenti di conferma saranno positivi. .  
   
 

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