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Notiziario Marketpress di Martedì 13 Novembre 2007
 
   
  COME CONTRASTARE LA PEDOFILIA “UNA FERITA APERTA” DI RENZO ROCCA E GIORGIO STENDORO ANALISI E PROPOSTE DEGLI ONOREVOLI GIOVANARDI E SANTANCHÈ E DI DON GINO RIGOLDI EMERSE NELLA CONFERENZA STAMPA A MILANO

 
   
   Milano, 13 novembre 2007 - La pedofilia può essere combattuta e vinta, servono repressione (certezza della pena), prevenzione (educazione dei minori al rischio), cura psicologica dei soggetti deviati (nelle carceri, negli istituti di psicologia e via dicendo). E’ quanto emerso ieri a Milano nel corso della presentazione alla stampa del volume “Una ferita aperta” di Renzo Rocca e Giorgio Stendoro, cui hanno partecipato l’on. Carlo Giovanardi, Don Gino Rigoldi e l’on. Daniela Santanchè. I casi di pedofilia degli ultimi giorni, hanno concordato i relatori, fanno pensare ad una vera e propria emergenza nazionale: a Lecco un uomo, già condannato per pedofilia, ha abusato di un ragazzo di 11 anni nello spogliatoio del campo di calcio dell’oratorio; a Lecce una madre ha ucciso una maestra e ferito il marito per un sospetto di pedofilia ai danni del figlio. Nel mondo sono ormai milioni le vittime di abusi sessuali e, secondo l’Unicef, il giro d’affari legato al mondo della pedofilia è di circa 1 miliardo e 200 milioni di euro l’anno. “Occorre essere fermi, ma evitare una insensata caccia alle streghe – ha detto Giovanardi – come si è verificato alla scuola di Rignano dove, dopo il polverone iniziale, si è visto che non c’erano prove certe. In Italia il massimo della pena per reati di pedofilia è di 15 anni, l’importante è che non si riducano, tra premi e buona condotta, di un terzo. Certamente bisogna essere severi con reati come quello della pedofilia e del turismo sessuale, ma senza esagerare. Non si può parlare di ‘epidemia del secolo’ come hanno fatto alcuni. Piuttosto occorre mettersi dalla parte delle piccole vittime, evitando loro che il trauma subito si rinnovi periodicamente tra deposizioni e testimonianze in Tribunale”. “Sono per la castrazione chimica dei pedofili recidivi – ha affermato Daniela Santanchè – e la maggioranza dei pedofili, più del 90%, sono recidivi. Bisogna poi intervenire su Internet, che è diventato l’amico dei nostri figli, e bonificarlo dalla rete dei pedofili. Non credo a quelli che dicono che Internet sia troppo difficile da controllare: alcuni risultati sono già venuti, occorre fare di più in questa direzione. Lo Stato deve essere più presente e più al fianco delle famiglie e delle donne, per esempio allargando la rete dei Consultori e inserendo psicologi anche nei Commissariati. Ricordiamoci, infatti, che la pedofilia è una reato per lo più ‘maschile’ e spesso le donne hanno timore di denunciare gli uomini macchiatisi di questi crimini, perché detengono il potere economico in famiglia”. Don Gino Rigoldi, fondatore di Comunità Nuova a Milano e che da tempo si occupa del problema nelle carceri e in Romania, oltre che in comunità, si è dichiarato “contrario alla castrazione chimica, ma favorevole piuttosto ad una cura dei pedofili. La cura è possibile, come dimostra l’esperienza degli Stati Uniti e del Canada. Anche in Italia molti pedofili vengono curati. Per esempio nel carcere di Bollate (Milano), circa 100 pedofili vengono curati con vari farmaci (litio, serotonina e via dicendo) che non hanno nulla a che vedere con la castrazione chimica, ma sicuramente abbassano il livello delle compulsioni. Le pene in Italia sono già abbastanza severe e credo di poter dire che in media un pedofilo sconti una decina d’anni. Bisogna fare di più, estendendo la rete dei Consultori, perché quello è il primo centro d’ascolto per le famiglie e per chi volesse denunciare un reato di pedofilia. Ma serve anche più attenzione nelle scuole all’ascolto dei ragazzi e una attività di ricerca più intensa per capire anche come si diventa pedofili, perché certo non lo si diventa a 50 anni”. Gli autori del volume, “Una ferita aperta” (Sovera Edizioni), due psicologi che hanno accumulato una cospicua esperienza sul fenomeno, hanno spiegato quali sono le finalità del libro. "Siamo ricorsi alla forma del romanzo - ha dichiarato Renzo Rocca - per portare alla luce ed affrontare, attraverso la fiction, il diffuso fenomeno della pedofilia. Di questo problema ci siamo occupati a livello analitico ed abbiamo pensato che, per sentirci più liberi di spiegare la forma mentis del pedofilo, la modalità del romanzo fosse la migliore. Il nostro obiettivo è quello di sollevare la questione per far pensare e far riflettere, raccontando una storia che si avvicina molto alla realtà, senza tenere niente di nascosto. Per esempio è emerso che in Italia i 2/3 dei denunciati conoscono l’abusato, dunque spesso questi reati avvengono nell’ambito familiare. I pedofili sono curabili, ma non è facile: noi abbiamo constatato che è possibile ottenere dei risultati positivi con i pedofili, ma abbiamo sempre avuto clamorosi insuccessi con i pedofili sotto giudizio”. L’abuso del fanciullo per scopi sessuali non è diverso dallo sfruttamento dei minori nel campo del lavoro. Entrambi sono vittime della violenza. Di recente il mondo scientifico si è occupato sempre più dell’adulto abusante e del minore abusato. Sono stati segnalati nel mondo milioni di minori, di ambo i sessi, vittime di violenze sessuali che fruttano un giro d’affari astronomico, in continua crescita esponenziale. Queste pagine, nella loro chiarezza e senza pregiudizi, sono state scritte nel rispetto per la vita e per il valore della inviolabilità della persona. Una storia toccante in cui i vari personaggi si impegnano, con tutta la loro forza, ad aiutare Gianni perché ritrovi l’amore. Una storia che mostra come questo può accadere in presenza di un humus favorevole di alleanza socio-familiare. “…. Non devo farmi illusioni. Dentro di me, là dove l’inconscio scatta le sue fotografie, io custodisco delle immagini di cui non riesco a liberarmi. Una ferita aperta…”. A 13 anni, Gianni è vittima della pedofilia e del suo tabù, complice la sua stessa famiglia. Il tormento di ripetuti abusi sessuali vissuti in casa sua. Tenta di aggirarli, mascherali per una questione di sopravvivenza. Si difende con l’idea che tutto ciò non sia mai successo. Ma la seduzione, la violenza e i giochi erotici particolari dell’abusante continuano fin quando la sua angoscia supera i livelli di guardia. Allora i suoi impulsi violenti, l’infelicità, le fantasie sessuali e i sentimenti negativi impressi nella profondità del suo animo dal pedofilo, lo spingono nella decisione di agire da solo contro la tristezza e la realtà di una vita deviata e tortuosa. Gianni è solo, ma riesce a cercare sé stesso con l’aiuto della psicologia e dell’affetto di alcune persone che gli sono vicino per dieci anni della sua vita. Momenti drammatici, brutali e tristi di solitudine, vissuti nella cornice di Milano, Lugano e la Toscana. Gianni riscopre sua nonna, che, assieme ad una coppia di amici ed uno psicoterapeuta lo aiutano a ritrovare l’amore, l’amicizia e il coraggio di reinserirsi con fiducia nella grande avventura della vita. Può un romanzo far riflettere il lettore sui grandi temi della vita come quello della pedofilia? Naturalmente sì, rispondono gli scrittori all’ingenua domanda. Ed anzi, un romanzo a volte riesce ad anticipare dei “vissuti”, cioè concetti che successivamente vengono elaborati dalle scienze psicologiche – sociologiche. Tanto più i romanzi, come “Una ferita Aperta”, che toccano drammatiche questioni sociali rappresentano spesso un vero e proprio pugno allo stomaco che obbliga a riflettere perché parlano attraverso le reazioni e le motivazioni di esseri umani “reali”, come sono i personaggi del libro. Una narrazione, a volte reale, a volte immaginaria, che si svolge in un arco di tempo di dieci anni, capace di penetrare con la forza di un proprio stile, talvolta anche umoristico, nelle risonanze emozionali della sofferenza, dei sentimenti e delle passioni esistenziali di Gianni, di Paolo e di Elisabetta, pur rifiutando toni da melodramma. Tre protagonisti che combinandosi attraverso le loro vicissitudini disperate, liberano un dolore morale e psicologico. Una condensazione che coglie fino in fondo la vergogna, la mortificazione, il dolore ed il rimorso inquietante dell’essere violentato, del violentatore e dell’assistere alla violenza. Una angoscia torturata di profonda disperazione autodistruttiva nei suoi diversi significati, assolutamente estranei al senso comune del bene e del male, che con coraggio si trasforma in una prospettiva di speranza e di straordinaria voglia, nel proprio intimo, di cambiare. Un barlume di luce all’estremità di un nero tunnel. Una Ferita Aperta, dove un personaggio centrale, il pedofilo, è stato delineato con riferimento a ben definiti modelli realmente esistenti. Un uomo pieno di sconvolgenti compromessi emotivi che fa ri-sperimentare lentamente al lettore la possibilità di comprendere ciò che nasconde l’animo umano quando non vuol soffrire o vuole soffrire il meno possibile. Il risultato è un romanzo che soprattutto lavora nel profondo, lasciando una traccia nella memoria perché suscita un forte desiderio di continuare a leggerlo per capire meglio gli enigmi della realtà. Interrogativi che hanno a che vedere con il cuore umano, le sue gioie, la sua sofferenza, i suoi slanci, e i suoi sbandamenti, la sua grandezza, le sue altezze e i suoi abissi. .  
   
 

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