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Notiziario Marketpress di Mercoledì 14 Novembre 2007
 
   
  RECUPERO RIFIUTI: RISCHIO MONOPOLIO PUBBLICO I DATI EVIDENZIANO UN MERCATO STABILE CON POSSIBILITÀ DI SVILUPPO PER FLUSSI EMERGENTI

 
   
  Rimini, 14 novembre – La crescita del settore del riciclo rifiuti si conferma anche nel 2006 stabile, permangono tuttavia numerosi aspetti critici che ne frenano lo sviluppo e la concorrenza. E’ questa la fotografia del comparto del recupero che emerge dallo studio annuale “L’italia del Recupero” presentato stamane da Fise Unire (l’Associazione che in Confindustria rappresenta le aziende del settore) a Rimini, durante la Fiera Ecomondo. Per quanto riguarda i materiali di imballaggio (carta, alluminio, plastica, batterie, legno, acciaio), le attività di recupero nel 2006 hanno risentito positivamente della crescita delle raccolte differenziate, costante negli ultimi dieci anni, anche se tuttora raccolta e recupero sono connotati da un’evidente disparità geografica. Per i rifiuti diversi dagli imballaggi e dalle frazioni ad essi similari (tipo carta grafica e rottami metallici), è ancora troppo alto il ricorso alla discarica (anche a causa dei bassi costi di quest’ultima e dei mancati sbocchi di mercato), mentre si evidenzia una percentuale di recupero di materia insufficiente (si vedano in particolare i rifiuti da costruzione e demolizione e i pneumatici fuori uso). I settori interessati da normative recenti (come quello dei Raee - rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche) stanno faticosamente organizzandosi per ritardi normativi e sono ancora lontani dagli obiettivi fissati dalla legge. Inoltre, si fa sentire in alcuni settori (veicoli fuori uso) il gap accumulato dal nostro Paese per quanto riguarda l’assenza di impianti di termovalorizzazione. Dall’analisi di Unire emerge, inoltre, il contributo non secondario di alcuni settori al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni Co2 previsti dal protocollo di Kyoto e quindi la necessità di una valutazione dell’inclusione del comparto nel riconoscimento delle forme incentivanti esistenti per altri settori produttivi. Oltre a tutto ciò, incombe sulle imprese private del settore del recupero lo spettro della crescente ingerenza pubblica nel mercato dei servizi di raccolta e recupero dei rifiuti recuperabili, che rischia di far chiudere attività con esperienza decennale. La denuncia è stata lanciata dal Presidente di Unire, Corrado Scapino, al termine della presentazione del Rapporto: “Rischiamo concretamente di essere costretti a consegnare le nostre attività in mano pubblica a causa dell’intenzione dell’attuale Governo di consentire a Comuni, Consorzi e Autorità di bacino di estendere indiscriminatamente la gestione in esclusiva anche a raccolta e recupero dei rifiuti da attività economiche, ovvero industrie, uffici, esercizi commerciali”. Infatti, nonostante le Commissioni Parlamentari si fossero espresse in favore di una maggiore liberalizzazione già in sede del parere formulato sul testo governativo del secondo correttivo del Codice ambientale (parere il cui contenuto, sul punto, è stato confermato in una recente pronuncia delle stesse Commissioni sul terzo correttivo), il Governo ha riproposto ancora una volta il medesimo testo (identico al precedente testo presentato in agosto), con l’effetto di escludere i privati dal mercato e di peggiorare la qualità (ai fini del riciclo) delle raccolte differenziate. Il tutto, con un aumento dei costi a carico dell’intero sistema, quindi, in ultima analisi, dei cittadini e delle imprese. In particolare Unionmaceri, l’Associazione che in Unire rappresenta i recuperatori del macero, che sono tra i più coinvolti dalle ricadute di questa problematica, considera inaccettabile tale chiusura del Governo ed ha annunciato un’azione di protesta delle imprese del settore, che oggi al termine della presentazione del Rapporto Fise Unire si sono riunite in un’Assemblea straordinaria dei Recuperatori per programmare le iniziative di mobilitazione da intraprendere con urgenza. Questi le principali evidenze emerse dal Rapporto per i singoli settori: Il macero totale riciclato in Italia è cresciuto costantemente negli ultimi anni raggiungendo i 5,57 milioni di tonnellate nel 2006, con un tasso di utilizzo del 56% nella produzione complessiva di carta e cartone. L’offerta di macero ha trovato uno sbocco importante nelle esportazioni, soprattutto verso Cina, Austria, Slovenia e Indonesia, che hanno superato le 400 mila tonnellate nel 2006. Nell´ambito dell´industria europea, l´Italia occupa il secondo posto subito dopo l´omologa industria tedesca. Il riciclo di 547. 000 tonnellate di plastica nel 2006 in Italia ha contribuito a un abbattimento tra 1. 100. 000 e 1. 650. 000 tonnellate di gas Co2 equivalenti. 300 imprese con oltre 2. 000 addetti, una capacità di riciclo superiore a 1,5 milioni di tonnellate e impianti con un coefficiente di utilizzo di poco superiore al 50% (media nazionale). Nel 2006 la raccolta di rifiuti di imballaggio in acciaio avviati a riciclo ha realizzato il quantitativo complessivo di 388. 000 tonnellate, con un ulteriore incremento rispetto all’anno precedente ed a fronte di un immesso al consumo pressoché costante (561. 000 tonnellate). La percentuale di materiale recuperato rispetto all’immesso al consumo ha raggiunto il 69,2% con un ulteriore progresso del 2,1%. A fine 2006 la quota di recupero imballaggi di alluminio ammonta ad oltre il 55% dell’immesso al consumo. Tradotta in cifre assolute questa percentuale equivale a 39. 800 tonnellate di materiale di alluminio, 35. 100 delle quali riciclate. Il riciclo è cresciuto del 6% rispetto all’anno precedente e, complessivamente, del 13% nell’ultimo biennio. Questi dati confermano la leadership europea del nostro Paese al pari della Germania. L’italia oggi si piazza tra i primi Paesi a livello mondiale per il riciclaggio e il riutilizzo del legno. Nel 2006 in Italia sono state recuperate complessivamente 1. 729. 237 tonnellate di rifiuti da imballaggi in legno, pari al 60,64% sul totale di imballaggi in legno circolanti sul territorio nazionale (2. 851. 574 tonnellate), superando abbondantemente gli obiettivi fissati dal Testo unico ambientale. Il settore della demolizione veicoli fuori uso ha raggiunto nel 2006 una percentuale di recupero di poco inferiore all’80%. Per raggiungere il traguardo europeo dell’85% come recupero complessivo (materia+energia) è necessaria una migliore valorizzazione dei materiali non metallici (che potrebbe produrre ulteriori 2-3 punti) e la quota relativa al recupero energetico del fluff (parti leggere derivanti dalla macinazione degli autoveicoli). In Italia nel 2006 sono state superate 400. 000 tonnellate di pneumatici fuori uso. I dati esprimono il consueto ritardo italiano rispetto al resto del Continente: la quota italiana destinata al recupero energetico (25% circa) è inferiore alla media europea (34,5%), la quota di recupero di materia prima, sebbene in crescita, è di gran lunga inferiore alla media europea mentre la quota destinata alla discarica è troppo elevata rispetto alla media europea (48%, contro il solo 18% della media Ue). Nel 2006 la raccolta del Consorzio Cobat è stata di 191. 743 tonnellate, con un calo pari al 4,9% rispetto all’anno precedente. Le ragioni della riduzione della raccolta Cobat vanno ricercate in primo luogo in una maggiore intercettazione degli operatori fuori del sistema per l’elevata quotazione del piombo al London Metal Exchang. Assoraee, anche in considerazione della mancanza di dati completi sul mercato del recupero dei Raee, ha deciso di concentrare la propria attenzione sul riutilizzo dei Raee, da intendere come prioritario rispetto alle altre forme di gestione. Attualmente non sono state valutate le condizioni di diagnostica e manutenzione e la responsabilità oggettiva per la reimmissione sul mercato di Aee usate, per non parlare dei connessi aspetti fiscali. Il quantitativo di rifiuti da costruzione e demolizione prodotti in Italia è pari a circa 46 milioni di tonnellate, dei quali solo il 10% circa viene avviato a riciclo. Si tratta di una quota decisamente troppo bassa, soprattutto se rapportata alla media europea, tra il 40% e il 60% .  
   
 

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