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Notiziario Marketpress di Mercoledì 21 Novembre 2007
 
   
  PRESENTATO ALL’AGRIFOOD DI VERONA IL “RAPPORTO CARNE BOVINA 2007“ OLTRE 15 MILIARDI DI EURO IL VALORE FINALE DEL SISTEMA PRODUTTIVO DELLA CARNE BOVINA IN ITALIA. CRESCE DEL 10% NEL 2006 IL DISAVANZO CON L’ESTERO: SFIORATA QUOTA 2.900 MILIONI DI EURO.

 
   
   “Lo squilibrio tra fabbisogni interni e produzione nazionale di carne bovina è ormai vicino a un punto di non ritorno. Bisogna intervenire al più presto prima che la situazione diventi irreversibile, con effetti destabilizzanti sui livelli produttivi, occupazionali e sulla bilancia commerciale”. A esprimere grande preoccupazione sulla tenuta del comparto bovino da carne italiano è il presidente dell’Aia, Nino Andena, che venerdì 16 novembre, nella giornata inaugurale dell’Agrifood di Verona (Salone internazionale dell’alimentare made in Italy) ha presentato, con il presidente dell’Ismea, Arturo Semerari, il “Rapporto Carne Bovina 2007”. “Questa situazione - ha affermato Andena - deve far riflettere sui rischi dell’eccessiva dipendenza dall’estero e sulla necessità per il nostro Paese di aumentare le proprie capacità produttive zootecniche. Solo in questo modo l’Italia potrà assicurarsi un maggiore livello di autoapprovvigionamento - che per la carne bovina attualmente è sceso addirittura al di sotto del 50% - anche al fine di scongiurare gli effetti di una globalizzazione sfrenata, che punta a mescolare sempre di più le carte mondiali dell’agribusiness, con il rischio, inoltre, di lasciare l’industria nazionale senza materia prima e di assistere a una progressiva emarginazione del ruolo dell’Italia nello scenario mondiale”. A conferma di queste preoccupazioni il Rapporto, promosso da Aia e Ismea e realizzato dall’Osservatorio latte di Cremona e dall’Ismea, evidenzia un ulteriore inasprimento del deficit della bilancia commerciale del settore, che nel 2006, tra animali vivi e carni, ha raggiunto quota 2. 867 milioni di euro, con un aumento di oltre 300 milioni (+10%) rispetto all’anno precedente. Espresso in quantità, il disavanzo in equivalente carni si è nel frattempo portato a 630 mila tonnellate. La produzione nazionale di carne bovina, ammontata l’anno scorso a 1,44 milioni di tonnellate (nel 2000 era di 1,61 milioni), dipende quasi totalmente dall’importazione di vitelli da ristallo: il nostro Paese ne acquista dall’estero oltre un milione e mezzo all’anno, di cui 1,2 milioni dalla sola Francia. Sono proprio l’onerosità e le difficoltà di reperimento di capi giovani da ristallo, in tandem con la lievitazione dei costi, riconducibile soprattutto all’impennata dei prezzi delle materie prime impiegate per l’alimentazione del bestiame e al caro-energia, a compromettere la redditività degli allevamenti italiani. “Tuttavia, è significativo osservare – ha aggiunto Andena - che in termini quantitativi, dall’inizio di quest’anno, sta crescendo più rapidamente il deficit delle carni rispetto a quello dei capi vivi. Aumenta quindi, nella composizione della dipendenza dall’estero, il peso dei prodotti finiti e dei tagli pregiati, un fenomeno nuovo che depaupera ulteriormente la filiera produttiva nazionale, demandando all’estero, in misura maggiore rispetto al passato, anche le funzioni connesse alle fasi di ingrasso, di macellazione e di post-lavorazione”. Questa tendenza pericolosa per la tenuta del sistema produttivo italiano – ha dichiarato il presidente dell’Aia – conferma l’urgenza di adottare misure idonee a potenziare e valorizzare l’allevamento made in Italy, assicurando anche agli ingrassatori una maggiore copertura nazionale negli approvvigionamenti di capi giovani da ristallo. Tra le priorità Andena ha indicato l’avvio da parte del Mipaaf del “Piano carne” predisposto dall’Aia, per incrementare e meglio qualificare la produzione interna, in particolare nelle aree del Centro-sud. Un obiettivo da conseguire principalmente attraverso un aumento del numero delle vacche nutrici e dei vitelli da ristallo di matrice nazionale. Andena ha anche ricordato l’importanza di garantire con il marchio “Italialleva” - senza costi aggiuntivi – l’origine italiana, sana e certificata, della materia prima e delle carni, con benefici sia per l’industria di trasformazione, sia per il consumatore finale. Infine – ha concluso il Presidente dell’Aia - senza un equilibrato sviluppo della zootecnia in tutte le aree del Paese non è realistico ipotizzare il contenimento del deficit della bilancia commerciale né un significativo sviluppo del made in Italy agroalimentare. La permanenza dell’attività allevatoriale in montagna o in zone svantaggiate, inoltre, costituisce uno degli ultimi baluardi, in queste aree, per l’ottenimento di un reddito aziendale, per la difesa ambientale e per la salvaguardia del territorio e delle tradizioni locali. “Nel 2006 – ha spiegato il presidente dell’Ismea, Arturo Semerari nel suo intervento di presentazione del Rapporto - secondo una valutazione effettuata dall’Ismea sulla base dei prezzi rilevati alla fase agricola, il valore della produzione degli allevamenti bovini da carne si è attestato, in Italia, attorno ai 4 miliardi di euro. Lungo la filiera tale importo registra un primo incremento del 63% in uscita dai cancelli industriali, sfiorando la cifra di 6 miliardi e mezzo di euro, mentre alla fase finale al consumo raggiunge i 15,2 miliardi, un livello più che doppio rispetto a quello ex-fabrica”. “In sostanza – ha aggiunto Semerari - per ogni 100 euro pagati dal consumatore finale l’allevatore percepisce 23 euro, 13 vanno all’industria e 52 alla distribuzione; le importazioni coprono i restanti 12 euro. Tali incidenze hanno segnato, per tutti gli attori della filiera produttivo-distributiva, un incremento di circa l’1%, ad eccezione della componente agricola che ha invece perso l’anno scorso il 3% in termini di partecipazione al valore finale”. “A livello internazionale – ha concluso Semerari – il prezzo delle carni bovine si caratterizza da alcuni anni per una graduale ma costante tendenza alla crescita. Anche nell’Unione Europea l’evoluzione più recente rivela un incremento dei prezzi, confermato l’anno scorso da una crescita del 7% rispetto al 2005. In Italia l’indice Ismea dei prezzi all’origine mostra un andamento migliore per il vitello da macello, eletto a principale prodotto sostitutivo della carne avicola, con un più 11%. In aumento anche le quotazioni medie nazionali del vitellone e delle vacche da macello, con incrementi su base annua rispettivamente del 4,2 e del 6,3 per cento nel 2006”. . .  
   
 

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