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Notiziario Marketpress di Lunedì 26 Novembre 2007
 
   
  COOPERATIVE ARTIGIANE IN PIEMONTE

 
   
  Torino, 26 novembre 2007 - “A fine 2006 risultavano esistenti in Piemonte 5. 290 cooperative - ha introdotto il vicepresidente della Regione Paolo Peveraro - delle quali 3785 in stato di vigenza. Questo dato indica che il 6,3% circa delle società di capitali e il 2% circa delle società piemontesi in genere è costituito da cooperative; rispetto al totale delle imprese registrate, includendo cioè le ditte individuali, che da sole rappresentano il 65% delle aziende, le cooperative vigenti incidono in percentuale dello 0,81%. La ricerca ha messo in evidenza che a fine 2006 risultavano complessivamente 106 cooperative iscritte all’Albo dell’artigianato: ciò evidenzia che è necessario sviluppare ulteriormente lo strumento della cooperativa artigiana che può consentire soprattutto alle imprese cellulari di mettersi in rete tra soggetti autonomi per rispondere in maniera più efficace alle esigenze di mercato”. Sotto il profilo territoriale, il peso quantitativo delle cooperative sul totale delle imprese appare di particolare rilievo nelle province del quadrante nord-orientale della Regione (Vercelli in testa, a seguire Novara, Verbania e Biella); l’incidenza delle cooperative sul totale delle società di capitale, viceversa, appare più elevato nell’area a sud del Po (province di Asti e Alessandria, entrambe con un peso superiore al 10%). Sul piano della specializzazione produttiva, l’incidenza delle cooperative appare nettamente più elevata tra le attività di servizi, particolarmente nell’area dei servizi sociali e di pubblica utilità e nel settore dei trasporti. Contrariamente all’opinione diffusa, la larga maggioranza delle cooperative operanti a livello regionale sono di piccole dimensioni: solo 203 delle quasi 4. 000 censite, infatti impiegano più di 50 addetti. Inoltre la larga maggioranza delle cooperative (oltre 3. 000) non supera la soglia dei 15 addetti. Secondo una stima svolta nell’ambito di questa indagine, oltre alle 125 tra imprese cooperative e società consortili in forma cooperativa attualmente iscritte all’Albo regionale delle imprese artigiane, sono quasi 900 le cooperative che per caratteristiche dimensionali e merceologiche sono in possesso dei requisiti per l’iscrizione all’Albo. E’ questo il primo dato offerto alla riflessione: le cooperative artigiane (ossia, le cooperative iscritte all’Albo dell’Artigianato) sono in numero estremamente limitato, almeno se posto in relazione al peso delle cooperative all’interno del sistema produttivo regionale. Alla fine del 2006 risultavano complessivamente 106 cooperative iscritte all’Albo dell’artigianato. Considerando anche i Consorzi, si giunge a 125 cooperative. Alla stessa data erano iscritte all’albo regionale dell’artigianato 2. 050 società a responsabilità limitata. Nel complesso si può affermare che l’importanza della cooperazione nell’artigianato appare ad oggi ampiamente inferiore a quella rilevata nell’ambito del sistema produttivo più generale. Non si tratta tuttavia di un fenomeno solo piemontese. In generale, anche nelle altre regioni del Nord Italia la situazione è simile: osservando il dato della Lombardia, ad esempio, si evince che il peso percentuale delle cooperative all’interno del comparto artigiano è ancora più basso che in Piemonte: solo lo 0,06% delle aziende artigiane lombarde, infatti, è una cooperativa. Al primo semestre 2007, in Lombardia erano iscritte all’Albo dell’Artigianato 166 cooperative, di cui cinque società consortili. Nonostante l’esiguo numero complessivo la maggioranza delle cooperative artigiane piemontesi ha realizzato performance dignitose, se poste in relazione all’andamento semestralmente registrato dall’Indagine congiunturale sull’Artigianato regionale. Rilevante anche la quota di cooperative che negli ultimi tre anni ha effettuato investimenti. E’ da rimarcare che quasi la metà delle imprese esaminate ha investito in formazione e tecnologie informatiche. Anche la dotazione di Ict, tra le cooperative artigiane, si distingue in positivo rispetto al dato medio di “comparto”. In generale, le cooperative mostrano una buona capacità d’intercettare il sostegno pubblico – particolarmente per quanto attiene alle leggi regionali a sostegno della cooperazione. Il 63,3% delle imprese contattate, effettivamente, ha beneficiato di contributi o agevolazioni pubbliche. L’indagine tra le cooperative artigiane conferma la molteplicità dei processi che sono alla base della loro costituzione. Si sceglie di diventare una cooperativa per le ragioni più svariate: per la flessibilità della retribuzione, perché si tratta di una società di capitali meno costosa rispetto alle altre, perché si conosce e si apprezza il mondo della cooperazione, perché si condivide il principio “una testa un voto”, perché è la forma più conveniente per aggregare persone con storie ed esperienze diverse e scarsa disponibilità di capitali. La cooperativa viceversa non è mai percepita come beneficiaria di particolari vantaggi fiscali o come struttura “favorita dagli enti locali”. Cruciale, e questo è l’aspetto più importante emerso dall’indagine, nella scelta della cooperativa, è soprattutto la consapevolezza che non si tratti di un’impresa “come le altre”. In altri termini, l’esistenza di veri o presunti vantaggi materiali legati alla flessibilità e ai costi, in sé, non sarebbe sufficiente a mobilitare il processo di costituzione di una cooperativa. Quasi tutti i fondatori viceversa ritengono che alla base della loro scelta vi siano ragioni basilari di tipo etico o di adesione a determinati valori: democrazia economica, responsabilità sociale, orientamento ai temi dello sviluppo locale sostenibile non sono argomenti corollari per molte cooperative. In definitiva, essere una cooperativa costituisce un vantaggio o uno svantaggio rispetto al mercato? I presidenti consultati, nonostante le problematiche segnalate nel rapporto con alcune istituzioni, ritengono che essere una cooperativa comporti, con poche eccezioni, soprattutto dei vantaggi. Concludiamo con una notazione sul business model prevalente: emerge dalla ricerca un modello che ricalca quello tradizionale della piccola impresa ovvero un mix di prezzi contenuti, adattabilità al ciclo della domanda, ma anche qualità del prodotto. Non appare corretto dunque sostenere che queste imprese competono in virtù dei margini d’efficienza garantiti dalla flessibilità retributiva: nella maggior parte dei casi il prodotto/servizio offerto è percepito come “artigianale” in senso qualitativo. .  
   
 

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