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Notiziario Marketpress di Mercoledì 28 Novembre 2007
 
   
  TUTTI I NUMERI DELLA RICERCA: ‘SCIENZA E TECNOLOGIA IN CIFRE. STATISTICHE SULLA RICERCA E SULL´INNOVAZIONE’, I DATI RACCOLTI DAL CERIS-CNR FOTOGRAFANO LUCI E OMBRE NEL SISTEMA ITALIANO.

 
   
  Roma, 28 novembre 2007 - Il Consiglio Nazionale delle Ricerche ha realizzato un agile data book, dal titolo ‘Scienza e tecnologia in cifre. Statistiche sulla ricerca e sull´innovazione’, che raccoglie i principali indicatori relativi all’impegno italiano e internazionale in ricerca e sviluppo (R&s): risorse finanziarie ed umane, pubblicazioni, brevetti, import-export, high-tech, innovazione, ricadute a livello economico e produttivo. “Il sistema scientifico italiano soffre ancora per l’insufficiente livello di stanziamenti”, sostiene Secondo Rolfo, direttore dell’Istituto di ricerca sull’impresa e lo sviluppo (Ceris) del Cnr di Torino: 15. 252 milioni di euro complessivi tra comparto pubblico e imprese (dati 2004) pari all’1,1 % del Prodotto interno lordo. Una cifra che colloca l’Italia al nono posto tra i paesi Ocse, Cina e Israele: al primo posto della graduatoria compaiono gli Stati Uniti con 312,5 miliardi di dollari Usa (a parità di potere di acquisto), seguono con 118 il Giappone e la Cina con 94, Germania (59,2) Francia (38,9) e Regno Unito (32,2), Corea (28,3), Canada (20,8). Nel 2004 si segnala comunque un aumento rispetto al 2003 dell’1,2 per cento, dopo una generale diminuzione negli anni novanta. L’1,1% come rapporto R&s/pil assegna all’Italia l’ultimo posto nei Paesi Ocse, Cina e Israele, a pari merito con la Spagna: nella graduatoria, Israele è al primo posto con il 4,4%, la Svezia investe il 4,0%, la Finlandia il 3,5%, il Giappone 3,2%, la Svizzera e la Corea il 2,9%. Gli altri paesi oscillano tra il 2,7% degli Stati Uniti e l’1,2% dell’Irlanda. Sia come valore assoluto, sia come incidenza percentuale, le risorse finanziarie impegnate nelle attività di R&s collocano insomma l’Italia nella fascia medio-bassa dei paesi industrializzati, molto lontano dal 3% del Pil proposto a Lisbona come obiettivo della politica comunitaria tesa a fare dell’Unione la prima economia al mondo basata sulla conoscenza. La spesa complessiva per R&s intra-muros, cioè svolta da imprese private, istituzioni pubbliche e istituzioni non profit al proprio interno, con proprio personale e con proprie attrezzature, nel 2004, è sostenuta per il 47,8 % dalle imprese (7. 293 milioni di euro) e per il 32,8 % dalle università (5. 004 milioni di euro). Più contenuto il peso delle altre istituzioni pubbliche e del non profit, rispettivamente con il 17,8% e l’1,5% per cento. In Italia la spesa delle imprese in ricerca rappresenta lo 0,53% del Pil, dunque circa la metà dello sforzo complessivo nel comparto. Ma si posiziona molto distante da quella delle imprese degli altri paesi Ocse, Cina e Israele. Sempre in rapporto percentuale al Pil è Israele con il 3,25 a occupare la prima posizione; seguono Svezia e Finlandia rispettivamente con 2. 93 e 2,42. Prima di noi Germania con l’1,75, Danimarca (1,69), Austria (1,51) e Francia (1,34), ma anche Cina (0,82), Irlanda (0,78) e Spagna (0,58). A livello locale, osservando i dati sulla spesa, al primo posto compare il Nord-ovest con il 36,9 % della spesa complessiva, seguito dal Centro (26,6%), dal Nord-est e dal Mezzogiorno (rispettivamente 18,3% e 18,2 %). L’investimento in R&s delle imprese è concentrato per più della metà (54,9 %) nel Nord-ovest. Le differenze territoriali si attenuano considerando la spesa per ricerca sostenuta dagli altri settori: il 57,3 per cento dell’attività di ricerca delle istituzioni pubbliche si svolge infatti nell’Italia centrale (in particolare nel Lazio) e il 30,7 per cento di quella universitaria nel Mezzogiorno. Nel 2004, il personale italiano impegnato in attività di ricerca è pari a 164. 026 unità a tempo pieno, di cui 72. 012 ricercatori, con un aumento dell’1,4 % rispetto all’anno precedente. Confrontando questi numeri con quelli internazionali vediamo gli Stati Uniti al primo posto con circa 1. 335 migliaia di ricercatori (in equivalente tempo pieno) e, tra i paesi europei, la Germania con 270,7 mila: cioè quattro volte l’Italia. Paesi di dimensioni molto ridotte, in termini di popolazione, rispetto all’Italia, come Svezia, Finlandia e Paesi Bassi, hanno circa la metà dei nostri ricercatori. Questo rilevante investimento di risorse umane, ma anche finanziarie, nella R&s colloca questi paesi tra i primi posti per spesa e numero di ricercatori rispetto agli occupati. Prendendo in esame il personale di ricerca in rapporto alla forza lavoro, poi, il nostro paese si trova in penultima posizione (0,673%, cioè poco più di “mezzo” ricercatore ogni 1. 000 unità di forza lavoro) tra i paesi Ocse ed è seguito solo dalla Cina (0,150), lontanissimo da Finlandia (primo posto con 2,229), Svezia (1,623) Danimarca (1,481) e Giappone (1,349). La distribuzione territoriale del personale addetto alla R&s mette in luce la maggiore concentrazione di addetti nelle regioni del Nord-ovest (32,1%), seguite da quelle del Centro (28,0%) e nel Mezzogiorno (20,6%). A livello di singole regioni, il 18,3% del personale addetto alla R&s si trova nel Lazio; seguono la Lombardia (17,9%) e il Piemonte (11,1%). A fronte dell’aumento del personale registrato a livello nazionale nel 2004, il Piemonte, la Lombardia, il Lazio, le Marche e la Sardegna perdono addetti. “I dati sulle pubblicazioni su riviste scientifiche ottenute da ricercatori italiani testimoniano una produttività della ricerca pubblica a livelli confortanti e in crescita nel tempo”, sostiene il direttore del Ceris. La percentuale di citazioni di articoli scientifici di ricercatori italiani nelle pubblicazioni scientifiche è notevolmente aumentata fra il 1992 e il 2003: si è passati da 2,04% al 3,01% sul totale mondiale delle citazioni. Meglio di Spagna, Paesi Bassi, Svezia, Canada, Cina e Svizzera. Un indicatore particolarmente significativo dei risultati della ricerca (molto vicino all’applicazione pratica) è costituito dai brevetti. In questo campo il nostro Paese (“un popolo d’inventori”) non occupa le prime posizioni. Prendendo in esame il totale dei brevetti domandati (presso l’European Patent Office e il Japanese Patent Office) o rilasciati (dal United States Patent and Trademark Office), l’Italia copre l’1,56% del totale, dietro a Stati Uniti (37,56%), Giappone (25,85%), Germania (13,82%), Francia (4,54%), Regno Unito (3,76%), Paesi Bassi (1,94%), Svizzera (1,72%), Corea (1,60%). Altro indicatore che evidenzia il livello scientifico-tecnologico di un paese è lo scambio di tecnologia, rappresentato da brevetti, invenzioni, licenze, know how, marchi da fabbrica, servizi con contenuto tecnologico (come assistenza tecnica, formazione del personale, servizi di ricerca e sviluppo, ecc. ). La cronica situazione deficitaria della bilancia dei pagamenti della tecnologia dell’Italia è migliorata: rispetto alla spesa per R&s il saldo dei pagamenti è passato da -6,35% del 1992 a -1,10% del 2004. Sempre preponderante è l’esborso per acquisto di diritti di sfruttamento di brevetti, ma aumentano notevolmente gli incassi per servizi con contenuto tecnologico, di ricerca e sviluppo (più che raddoppiati nel periodo 1995-2005). “Il nostro è un paese”, conclude Rolfo, “che pur mostrando particolari successi sia imprenditoriali sia settoriali, in generale manifesta un livello scientifico-tecnologico del ‘sistema paese’non esaltante. Lo conferma un indicatore come le esportazioni delle industrie manifatturiere ad alta tecnologia in rapporto al totale delle esportazioni delle industrie manifatturiere”. Fra i paesi Ocse, per prima troviamo l’Irlanda con oltre la metà (51,6%) dei manufatti esportati ad alta tecnologia. Seguono Ungheria (30,0%), Stati Uniti (28,5%), Giappone (26,5%), e poi Regno Unito, Paesi Bassi, Francia e molti altri. L’italia esporta solo l’8,6% di manufatti ad alta tecnologia, sopravanzata da Repubblica ceca (13,5%), Slovenia (10,9%), Grecia ((9,8%), Spagna (9,3%). .  
   
 

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