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Notiziario Marketpress di Giovedì 29 Giugno 2006
 
   
  7ª EDIZIONE DELL’OSSERVATORIO CRIF DECISION SOLUTIONS - NOMISMA SEGNALI DI INCERTEZZA E NUOVI SCENARI PER I PICCOLI OPERATORI ECONOMICI ITALIANI CRESCE IL RISCHIO ECONOMICO-FINANZIARIO (+15,45% NEL 2006).

 
   
   Bologna, 29 giugno 2006 - I Piccoli Operatori Economici italiani, ovvero le imprese con meno di 10 addetti e/o 2,5 milioni di Euro di fatturato, evidenziano nel 2006 un incremento della rischiosità economico-finanziaria complessiva del 15,45% rispetto all’anno precedente, con un contributo determinante del rischio esogeno (+32,29%), legato al contesto economico in cui operano e a cui è fortemente legata la tenuta competitiva. Il rischio endogeno, invece, si contrae (-2,35%), grazie a un miglioramento nella gestione finanziaria e a un maggior equilibrio fra tempi di incasso e pagamento. Il rischio di credito dei Poe a marzo 2006 non conferma la tendenza al ribasso degli indici che era stata riscontrata alla fine del 2005. Infatti, sono in lieve rialzo tutti gli indici di rischio, con il tasso di sofferenza che si attesta al 4,78% (4,68% a dicembre 2005). Il fenomeno potrebbe comunque non dipendere da un effettivo peggioramento della qualità del credito quanto, piuttosto, dal rallentamento registrato nel volume degli impieghi. In una logica di lungo periodo, gli indicatori di rischio non sono cresciuti in maniera netta e non hanno innescato un processo apprezzabile di deterioramento della qualità del credito, nonostante il perdurare di una congiuntura negativa che sembra ora mostrare segni di iniziale distensione. La dinamicità dei Poe rimane su livelli bassi, anche se con segnali di crescita (+9,39%) e si conferma la bassa propensione all’investimento. La ricerca di nuovi mercati da servire, anche in una fase di sostanziale contrazione degli investimenti dovuta alla bassa fiducia nelle prospettive economiche nazionali, è la forma di investimento realizzato che ha subito la contrazione minore nel 2005 (solo il 5% in meno rispetto al 2004). In un contesto economico caratterizzato dalla persistente cautela nell’attuare politiche di investimento, la crescita nel numero delle imprese il cui titolare proviene da paesi esteri (+10% annuo, oltre 300. 000 imprese) rappresenta un’opportunità in più per il rilancio dell’economia italiana. La crescita della domanda di credito dei Piccoli Operatori Economici immigrati è un segnale incoraggiante (+50% la domanda di credito dal 2001 al 2005) e determinante diviene la capacità di supportare l’integrazione economica e finanziaria di questi nuovi operatori da parte di Associazioni e Istituti di credito. Questi sono gli aspetti principali che emergono dalla settima edizione dell’Osservatorio sulla Finanza per i Piccoli Operatori Economici, il rapporto frutto della collaborazione tra Crif Decision Solutions e Nomisma che fornisce con cadenza semestrale informazioni strutturate sulle microimprese italiane. L’evoluzione della dinamicità, del rischio economico-finanziario e del comportamento dei Poe - La situazione economica nazionale è avviata lungo un percorso di crescita, dopo quattro anni di sostanziale stagnazione. In particolare, le stime effettuate per l’andamento del Pil sia dall’Unione europea, sia dal Governo italiano, mostrano una crescita compresa fra l’1,3% e l’1,5%. Si tratta di un dato ancora inferiore alla media europea, tuttavia esprime un’indicazione ottimistica. Un segnale confortante per l’economia nazionale è che gli investimenti fissi lordi sono in crescita nel primo trimestre dell’anno e sono previsti in crescita anche per l’intero 2006, in controtendenza rispetto all’ultimo triennio. In questo clima complessivo, di difficoltà sperimentate e di attese per la crescita, vanno inserite le dinamiche comportamentali dei Piccoli Operatori Economici, la cui capacità di tenuta economica e finanziaria dipende in modo sempre stringente dalle condizioni dell’ambiente economico in cui sono inseriti. A conferma dell’andamento dei dati economici generali, nel 2006 si rileva un incremento della rischiosità economico-finanziaria complessiva dei Poe del 15,45%. A livello territoriale, le regioni del Sud e insulari sono quelle in cui i Piccoli Operatori Economici vanno considerati con maggiore cautela, in quanto risentono maggiormente del clima economico circostante. In questa macroarea, il rischio esogeno dei Poe (ovvero il rischio di fallimento del piccolo operatore economico derivante dall’ambiente economico in cui svolge la sua attività) raggiunge nel 2006 il valore più alto mai toccato dall’inizio del decennio. Allo stesso modo, le regioni in cui il livello del rischio esogeno per i Poe è più basso sono quelle de Nord Est, e alcune regioni più virtuose delle altre macroaree del Paese. In chiave dinamica, tuttavia, si rileva un incremento sostanziale del rischio esogeno, che cresce del +32,29% rispetto all’anno precedente nel dato complessivo nazionale e l’esistenza di un fenomeno di convergenza verso il peggioramento fra le aree migliori (Nord Est +49,66%) e quelle in maggiore difficoltà (Sud e isole +21,06%), testimoniato dalla crescita più accelerata del rischio ambientale nelle aree migliori rispetto alle altre. A fronte di un incremento generalizzato del rischio esogeno, si registra invece una contrazione del rischio endogeno (ovvero il rischio di fallimento connesso all’adeguatezza e coerenza del comportamento del Poe rispetto alle dinamiche di mercato in cui è inserito). In tutte le aree ad eccezione del Nord Ovest, che risulta in maggiore difficoltà nella gestione finanziaria a medio e lungo termine. In particolare si registra per i Poe di tutte le aree un miglioramento nella gestione della liquidità, segno che le condizioni di mercato iniziano ad avere una maggiore stabilità soprattutto per quel che riguarda l’equilibrio fra tempi di incasso e pagamento, mentre permangono alcune restrizioni nell’accesso ai finanziamenti di attività di investimento che costringono le microimprese alla ricerca di canali finanziari non sempre coerenti. I dati relativi alla dinamicità indicano che i Poe di tutte le regioni si posizionano su livelli bassi, con l’eccezione di Trentino Alto Adige e Sardegna. Tuttavia la dinamicità appare in crescita nelle regioni meridionali (+17% il dato di macroarea) con l’eccezione della Calabria, dove cala del 25%. In negativo spiccano anche i Poe del Friuli Venezia Giulia (-33,9%), dell’Umbria (-36%), della Liguria (-3,6%) e del Piemonte (-1,2%). A livello settoriale, sotto il profilo della dinamicità le piccole imprese dei diversi settori hanno ancora evidenziato una sostanziale bassa propensione all’investimento (l’indicatore di dinamicità si colloca su un livello molto basso), tuttavia si colgono segnali positivi di cambiamento (+9,3% rispetto al 2005). Spiccano in positivo i settori della stampa ed editoria e del legno e mobili, che appaiono come i più dinamici e con incrementi della dinamicità di circa il 25%, e i settori del sistema moda e dei servizi privati che pur non avendo indicatori di elevata dinamicità mostrano i maggiori incrementi rispetto al 2005 (+26,38% e +47,33% rispettivamente). Questi segnali di ripresa non si riscontrano invece nei settori dell’alimentare (-8,42%), dei trasporti (-11,55%), del commercio e riparazione degli autoveicoli (-22,82%), dove la dinamicità risulta in diminuzione rispetto al 2005. Complessivamente il rischio economico-finanziario dei Poe permane ancora elevato in tutti i settori, ed è in aumento in ogni ambito di attività ad eccezione del settore della stampa ed editoria (-0,98%). È in crescita moderata nei settori alimentare (+0,63%), gomma e plastica (+8,47%) e commercio e riparazione di autoveicoli (+8,75%). Negli altri settori il rischio è in crescita di circa il 16-17%. Va rilevato comunque che la maggiore incidenza nella crescita del rischio è associata alle condizioni economiche del singolo settore (il rischio esogeno) su cui le imprese non possono incidere. Per quanto attiene alla possibilità di migliorare la propria capacità di affrontare le difficoltà di mercato si rileva invece che in diversi settori di attività i Poe hanno agito in senso migliorativo. In particolare il rischio endogeno risulta in sostanziale contrazione nei settori dei servizi privati (-11,01%), nell’alimentare (-9,31%), nel settore agricolo (-7,50%) e in quello meccanico (-6,85%). Viceversa, in sostanziale crescita è il rischio endogeno solo nel settore dei trasporti (+12,60%). È la gestione finanziaria a breve e medio termine che consente alle imprese di ridurre la propria esposizione alle fluttuazioni di mercato e determina una maggiore stabilità finanziaria che ne riduce la rischiosità. Il miglioramento delle condizioni di incasso e pagamento è il fattore che ha permesso l’avvio di una gestione più virtuosa delle condizioni finanziarie. Questo si è verificato in modo diversificato tra i settori e, quindi, anche le condizioni di rischio non sono omogenee fra le diverse attività economiche. Per quanto riguarda la struttura economico-finanziaria, l’analisi dei principali indici di bilancio evidenzia come, da un punto di vista settoriale, il 2005 mostri segnali di cambiamento, ancora contraddittori e diversificati, ma comunque di sicuro interesse. Fra i settori in miglioramento vanno segnalati quelli delle attività immobiliari, dei mobili, della lavorazione dei minerali non metalliferi, il commercio al dettaglio e l’alimentare, che mostrano un consolidamento dell’equilibrio finanziario corrente anche in condizioni di stabilità delle prospettive reddituali. I settori in fase di lieve peggioramento sono la maggior parte e indicano una situazione di consolidamento della situazione finanziaria a breve anche in condizioni di contrazione prospettica della redditività. In questo ambito va segnalata in positivo la presenza dei settori abbigliamento e calzature, che iniziano a beneficiare della ripresa economica internazionale, e il settore dell’agricoltura, che pur in condizioni di mercato difficili mantengono una sostanziale stabilità finanziaria. In negativo, invece, si segnala la presenza del settore meccanico che risente di una difficoltà crescente a mantenere l’equilibrio finanziario a fronte di una contrazione della redditività. Nella medesima situazione di peggioramento si trovano anche i settori dei bar, della stampa ed editoria, del commercio e riparazione di autoveicoli, e dell’impiantistica edilizia. In grave difficoltà il settore dei servizi alle imprese. Analisi ed evoluzione della rischiosità del mercato del credito ai Poe - L’andamento del credito erogato alle imprese individuali risulta, sia dal confronto trimestrale (settembre - dicembre 2005), sia da quello annuale (dicembre 2004 - dicembre 2005), in lieve flessione. Su base trimestrale, invece, si registrano segnali di ripresa in chiusura del 2005 relativamente alle società non finanziarie. Complessivamente, dall’analisi dei volumi di credito erogati al sistema produttivo delle piccole aziende emerge una diminuzione della domanda di credito, dovuta al perdurare sia della flessione negativa del ciclo degli investimenti sia delle difficoltà strutturali del tessuto produttivo nell’adeguarsi ai nuovi contesti competitivi. Tuttavia, se si analizza la composizione del debito per scadenze e la sua evoluzione fino al marzo 2006 è immediato verificare che le aziende trovano ancora convenienza a orientare la propria domanda di finanziamento verso prodotti a lunga scadenza, approfittando di condizioni ancora favorevoli sul mercato del credito. L’analisi del rischio di credito nel primo trimestre 2006 non conferma la tendenza al ribasso degli indici che era stata rilevata alla fine del 2005. Infatti, sono in lieve rialzo sia il tasso di sofferenza (4,78% di marzo 2006 contro 4,68% di dicembre 2005), sia quello di insolvenza grave (1,60% contro 1,55% di dicembre 2005), sia quello di insolvenza leggera (4,12% contro 4,09% di dicembre 2005). Tale andamento riporta ad un rischio complessivo del 10,5%, superiore di quasi 20 basis points rispetto a fine 2005. Il fenomeno potrebbe comunque non dipendere da un effettivo peggioramento della qualità del credito quanto, piuttosto, dal rallentamento registrato nel volume degli impieghi. Relativamente all’analisi per forma giuridica, le società di capitali (comunque ancora meno rischiose delle ditte individuali) scontano gli effetti di un peggioramento della qualità del credito, sia per le forme di rischio più mature (tasso di sofferenza) sia per le insolvenze gravi. Infatti, nel primo trimestre 2006 il tasso di sofferenza (4,64%) aumenta di 24 basis points rispetto a dicembre 2005, mentre il tasso di insolvenza grave (1,60%) peggiora di 11 basis points. L’analisi territoriale del rischio di credito dei Poe evidenzia in tutte le 4 macroaree geografiche un incremento del tasso di sofferenza nel primo trimestre 2006, con il Nord Est (4,03%) meno rischioso ma in deciso peggioramento rispetto all’inizio del periodo di rilevazione (era al 3,69% a dicembre 2003). Rimane pressoché stabile in termini di rischio consolidato il Nord Ovest (4,26% di marzo 2006 contro il 4,23% di dicembre 2005), mentre sono ormai allineate le misure di rischio del Centro (5,42% contro 5,29% di dicembre 2005) e del Mezzogiorno (5,49% contro 5,34% di dicembre 2005). Per quanto riguarda l’analisi settoriale, a marzo 2006 si rileva un peggioramento generale della qualità del credito per tutti i settori, con particolar evidenza per la manifattura (con il tasso di sofferenza che si attesta al 5,43%) e i servizi e trasporti (5,61%). L’agricoltura risulta in media con l’andamento da dicembre 2003 (2,27%). In crescita anche l’edilizia (4,74%) e la distribuzione, che con il 6,20% si conferma il comparto più rischioso da inizio periodo. Nuovi scenari di competizione per le microimprese italiane: processi di integrazione economica e finanziaria con l´imprenditoria extracomunitaria - Nel corso degli ultimi anni i Poe italiani hanno mostrato una continua propensione alla ricerca di nuovi mercati, da servire anche in una fase di sostanziale contrazione degli investimenti dovuta alla bassa fiducia nelle prospettive economiche nazionali. L’investimento realizzato con l’obiettivo di accedere a nuovi mercati ha subito la contrazione minore nel 2005 (solo il 5% in meno rispetto al 2004). Inoltre, la percentuale di Poe che ha effettuato questo tipo di investimento in tutto il periodo 2000-2005 è del 23,5% mentre quasi un terzo del totale ha in previsione la realizzazione di questo tipo di investimenti nel 2006. Se da un lato i Piccoli Operatori Economici italiani si aprono a nuovi mercati, alla sfida della globalizzazione e della concorrenza internazionale, dall’altro la crescita nel numero delle imprese il cui titolare proviene da paesi esteri rappresenta un’opportunità in più per il rilancio dell’economia italiana. Complessivamente le imprese il cui titolare è extracomunitario sono oggi in Italia circa 300. 000 mentre erano poco meno di 200. 000 nel 2000, con un incremento superiore al 10% medio annuo. Relativamente alla provenienza geografica, la presenza più nutrita è quella degli imprenditori africani (23,13% quelli provenienti dall’Africa settentrionale, quasi il 10% gli altri Paesi africani) concentrati nei settori del commercio e dell’edilizia. La presenza di imprenditori cinesi, concentrati nell’industria in senso stretto (9,39%), è superiore a quella degli altri imprenditori di origine asiatica. Per quanto riguarda l’Europa, albanesi, rumeni e turchi operano principalmente nelle costruzioni (37%) così come gli imprenditori provenienti da altri Paesi europei (23,28%). Per quanto riguarda la loro distribuzione sul territorio - come evidenziato dall’indagine statistica effettuata su oltre 100. 000 ditte individuali presenti in Eurisc (il Sistema di Informazioni Creditizie di Crif) con almeno un finanziamento attivo nel periodo 2001-2005 - la presenza principale è nelle regioni del Nord Italia: ogni 100 ditte individuali immigrate, 30 sono ubicate nel Nord-est. La domanda di finanziamento espressa da questa tipologia di microimprese deriva in massima parte da piccoli operatori immigrati di origine europea. Quelli di origine africana sostengono vivacemente la richiesta di credito, confermandosi a dicembre 2005 player importanti della domanda di credito per le ditte. La quota di domanda di finanziamenti dei piccoli operatori immigrati asiatici è superiore alla quota delle aziende asiatiche presenti. In termini di crescita della domanda di credito si pongono ampiamente al di sopra del valore medio di riferimento confermandosi gli attori più vivaci dello scenario economico di etnie straniere ( +70% versus 50% del totale delle ditte individuali di immigrati tra il 2001 e il 2005). L’offerta dei finanziamenti alle aziende di immigrati è gestita da banche per il 70%, in media sul periodo di analisi (2001-2005), che sono presenti su questa porzione di mercato, in termini relativi, in maniera più consistente rispetto alla popolazione Poe oggetto dell’Osservatorio. La quota di mercato degli Istituti di credito specializzati si è progressivamente spostata a favore degli operatori bancari che hanno mutato il loro atteggiamento verso gli operatori economici stranieri. Si fa spazio sul mercato il peso rilevante delle società di leasing, con una quota che cresce di 3,5 punti percentuali tra il dicembre 2001 e il dicembre 2005. Tali dati testimoniano una crescente dimensione di cittadinanza economico-finanziaria dell’immigrazione, che passa dall’accettazione da parte del sistema bancario delle richieste di finanziamento avanzate dalle piccole imprese immigrate. Si tratta di un segnale incoraggiante. Tuttavia, affinché si intraprendano efficacemente percorsi di integrazione sono necessari anche altri passaggi e su questo terreno, come emerge dalla monografia di questa edizione dell’Osservatorio, le Associazioni di categoria dimostrano grande attenzione. I loro servizi tecnici, di consulenza e formativi, appaiono come il mezzo più adatto a favorire processi di integrazione e le Associazioni hanno, e possono avere ancor di più, una funzione di alfabetizzazione - e quindi pedagogica - straordinaria, per la piena integrazione delle attività extracomunitarie nel tessuto sociale ed economico italiano. . .  
   
 

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