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Notiziario Marketpress di Mercoledì 05 Dicembre 2007
 
   
  CORECOM: CONVEGNO SU MEDIA E POLITICA

 
   
  Trieste, 5 dicembre 2007 - Trattare la comunicazione politica come una qualsiasi merce sul mercato? Certo no, ma anch´essa - tra chi il consenso lo indirizza e chi del consenso ha bisogno o beneficia - risponde alle regole della domanda e dell´offerta. E a farne le spese spesso è il contenuto, a volte a causa del modo in cui esso è trasmesso. Così il presidente del Consiglio regionale Alessandro Tesini, al convegno organizzato dal Corecom del Friuli Venezia Giulia sul tema "Media e politica: tra controllo, complicità e conflitto", a Trieste, nella sala Maggiore della Camera di commercio, e in collaborazione con la facoltà di Scienze della formazione dell´ateneo giuliano. Un argomento che l´attualità ha reso rovente - aveva sottolineato il presidente del Comitato regionale per le comunicazioni Franco Del Campo introducendo l´incontro articolato in due sessioni, una dedicata a mass-media e volgarizzazione della politica, l´altra su servizio pubblico, regole e comunicazione politica. Ma il Corecom, ha ricordato il suo presidente, da tempo svolge anche in questa direzione un´azione di monitoraggio e inoltre, con questa collaborazione con l´università, si rivolge ai giovani per cercare di capire assieme a loro l´intreccio sempre più stretto tra il mondo della politica e quello della comunicazione. E Tesini, in merito, ha parlato dei possibili atteggiamenti dei media nei confronti dell´agone politico: ci può essere neutralità o indifferenza, oppure un´azione di garanzia e sostegno nei confronti di chi è considerato svantaggiato; ma sta crescendo - ha evidenziato il presidente - una componente che esplicitamente ritiene di agire come un attore in campo, nella convinzione che gli eventi vadano indotti o creati, e ciò provoca un atteggiamento speculare nel politico, inteso come soggetto individuale. C´è chi da questo atteggiamento dei media è avvantaggiato e chi ne è penalizzato, ma anche chi lo asseconda - ha concluso Tesini stigmatizzando quei politici che fanno di tutto un´occasione di spettacolo e comunque - ha aggiunto - con questo dato bisogna fare i conti, senza voler mettere le braghe al mondo e soprattutto senza immaginare di poter regolare per legge la comunicazione. Su questo punto il presidente dell´Assemblea legislativa è stato esplicito: "Nessuno mi venga a chiedere di portare in Aula una tale legge". In un tempo di "bulimia mediatica", secondo la definizione del presidente del Corecom Franco Del Campo, in cui si vorrebbe prolungare all´infinito la visibilità pubblica, parlare di comunicazione significa - ha affermato Giuseppe Battelli, preside della facoltà di Scienze della formazione - coniugare ricerca e didattica con le problematiche e le aspettative della società attuale e incidere nella formazione delle classi dirigenti del territorio. Perché c´è il rischio che l´informazione si trasformi in propaganda e che questa, più o meno velata, venga data per implicita e scontata: quindi occorre offrire ai giovani anche strumenti critici. La riflessione ha visto susseguirsi gli interventi di Andrea Romano, editorialista de la Stampa e docente di storia contemporanea, che ha parlato del rapporto comunicazione e politica nel mondo anglosassone, di tre politici - il senatore forzista Roberto Antonione, il deputato di An Roberto Menia e l´onorevole del Partito democratico Gianni Cuperlo - e del presidente di Swg Roberto Weber, moderati da Sergio Baraldi, direttore del quotidiano "Il Piccolo", per il quale esiste una crisi della politica, poiché essa si è indebolita, ma non per causa dei media. Negli ultimi dieci anni il sistema politico è crollato sotto i colpi della corruzione e questo non è imputabile ai media - ha detto Barlandi indicando che c´è una politica debole che cerca di recuperare potere influenzando giornali e tv. Occorre una azione collettiva di responsabilità e i giornali hanno un ruolo importante nella crescita politica degli italiani, ha affermato Weber, mentre Menia, secondo il quale la politica non è secondaria rispetto a quello che dicono i media, ha sottolineato che se la stampa deve essere di garanzia rispetto ai poteri forti occorre chiedesi quanto di essi sia emanazione. La politica si indebolisce quando non sa dare risposte, quando si mescola alla comunicazione, ha concluso il deputato di Alleanza Nazionale considerando la televisione meno contaminante proprio per la velocità del passaggio dei messaggi, mentre i giornali possono far riflettere. In sintonia con lui Cuperlo che, ricordando il caso del gruppo editoriale Caracciolo che con il quotidiano la Repubblica contribuì a sostenere nel 2001 Rutelli rispetto ad Amato alla guida del Governo, ha sottolineato come il rapporto media e politica non sempre sia filtrato attraverso l´ufficialità. Entrambe però devono essere finalizzate alla lettura del tempo e se la politica riversa sulla comunicazione le responsabilità imbocca una scorciatoia che non paga. Per Antonione, infine, la politica oggi è tutto fuorché forte e vive una debolezza ormai strutturale e scaricare le responsabilità sulla comunicazione è la cosa più sbagliata che si possa fare. Non voglio assolvere il mondo dell´informazione, ma occorre aprire una riflessione generale perché nella nostra società prevalgono gli interessi particolari. Quanto alla situazione italiana, da tutti considerata anomala per la presenza nel sistema della comunicazione di una grande azienda privata, per Antonione il vero pericolo è quando non si sa veramente chi sta dietro all´informazione. Ciò che serve è la trasparenza. "Il rapporto tra media e politica non è eliminabile, ma di sicuro, da una parte, dobbiamo risolvere in modo adeguato il conflitto di interessi che determina l´anomalia italiana, dall´altra bisogna creare un diaframma tra il servizio pubblico televisivo e la politica creando una apposita Fondazione, che permetta alla Rai di avere una governance normale, con un amministratore delegato in grado di prendere decisioni senza dover riunire ogni settimana il consiglio di amministrazione". Ad affermarlo, il ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni, intervenuto a Trieste al convegno organizzato dal Comitato regionale per le comunicazioni del Friuli Venezia Giulia (Corecom Fvg) su Media e politica, tra controllo, complicità e conflitto. "Il duopolio televisivo - ha aggiunto Gentiloni - rende l´Italia un´anomalia perché raggruppa una forza economica di frequenze, di pubblicità, di ascolti straordinaria. Certamente le tecnologie e il digitale aiuteranno a ridurre il peso del duopolio, ma servono anche provvedimenti di legge che limitino la forza delle posizioni dominanti". L´intervento del ministro ha messo il sigillo a un convegno che ha affrontato argomenti resi roventi dalle intercettazioni telefoniche tra dirigenti Rai e Mediaset. E´ stato Sebastiano Sortino, commissario dell´Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, a precisare le fonti normative della par condicio, confrontandole con altri paesi europei, come Francia ed Inghilterra. Il presidente del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia Alessandro Tesini ha richiamato i giornalisti alla specialità della merce informazione e il preside della facoltà di Scienze della formazione dell´università di Trieste Giuseppe Battelli ha ricordato lo storico Marc Bloch, che già nel 1921 aveva stigmatizzato la manipolazione delle notizie da parte dei governi per la propaganda bellica. "In Italia - ha detto in apertura il presidente del Corecom Fvg Franco Del Campo - sembra esserci una continua osmosi tra media e politica. L´ansia di apparire, che pure è umanamente comprensibile, per chi fa politica rischia di diventare una sorta di bulimia mediatica, quasi una malattia professionale, vista la spirale che lega il consenso alla notorietà e quindi ai voti. Per quanto riguarda la vicenda delle intercettazioni - ha detto ancora Del Campo - è del tutto evidente una continua osmosi tra Rai e Mediaset di presentatori, soubrette, direttori di telegiornali, quiz, pacchi della fortuna e reality: non deve quindi meravigliare se c´è una sorta di entropia che rende tutto piattamente uniforme". Dopo l´intervento di Andrea Romano, editorialista della Stampa, che ha analizzato la modernizzazione della comunicazione politica, che fino a quel momento era preistorica, del partito laburista in Inghilterra con Tony Blair, si è aperto un dibattito a cui hanno partecipato il direttore del Piccolo Sergio Baraldi, il senatore Roberto Antonione (Fi), gli onorevoli Gianni Cuperlo (Pd) e Roberto Menia (An), e Roberto Weber, presidente della società di ricerca Swg. Cuperlo ha ricordato l´influenza di importanti gruppi editoriali nella determinazione del leader del centro sinistra che nel 2001 si è contrapposto a Berlusconi ("è stato scelto Rutelli, mettendo da parte Amato, perché aveva avuto una buona esposizione mediatica dopo il Giubileo"). Menia ha sottolineato che "la debolezza della politica sta nell´incapacità di dare risposte rapide alle esigenze delle persone", mentre Antonione ha dichiarato che "esiste senza dubbio un conflitto d´interesse, visto che abbiamo un imprenditore dell´informazione come leader politico, ma almeno ciò avviene in piena trasparenza". Baraldi, ha difeso il ruolo e l´autonomia della stampa nei confronti della politica e Weber ha detto che troppo spesso i sondaggi, invece di essere una fonte di previsione, vengo utilizzati come un effetto annuncio con finalità strumentali a vantaggio della politica". .  
   
 

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