Pubblicità | ARCHIVIO | FRASI IMPORTANTI | PICCOLO VOCABOLARIO
 













MARKETPRESS
  Notiziario
  Archivio
  Archivio Storico
  Visite a Marketpress
  Frasi importanti
  Piccolo vocabolario
  Programmi sul web








  LOGIN


Username
 
Password
 
     
   


 
Notiziario Marketpress di Lunedì 10 Dicembre 2007
 
   
  GIUSTIZIA EUROPEA: AIUTI IN MATERIA DI OCCUPAZIONE

 
   
  Nella causa C-280/05, Commissione / Repubblica italiana, la Terza Sezione della Corte, con sentenza 6 dicembre 2007, ha condannato l´Italia per non aver adottato, entro i termini prescritti, i provvedimenti necessari per recuperare presso i beneficiari gli aiuti in materia di occupazione dichiarati illegittimi ed incompatibili con il mercato comune dalla decisione della Commissione 2004/800/Ce, è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza della decisione stessa. Con il suo ricorso, la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica italiana, non avendo preso, entro i termini prescritti, i provvedimenti necessari per sopprimere e recuperare presso i beneficiari gli aiuti dichiarati illegittimi e incompatibili con il mercato comune dalla decisione della Commissione 30 marzo 2004, 2004/800/Ce, relativa al regime di aiuto di Stato concernente disposizioni urgenti in materia di occupazione cui l’Italia ha dato esecuzione (Gu L 352, pag. 10; in prosieguo: la «decisione»), o comunque avendo omesso di informare la Commissione in merito ai provvedimenti adottati, è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza degli artt. 2‑4 della decisione nonché dal Trattato Ce. La Commissione addebita alla Repubblica italiana di non aver preso, entro i termini prescritti, i provvedimenti necessari per sopprimere e recuperare presso i beneficiari gli aiuti dichiarati illegittimi e incompatibili con il mercato comune dalla decisione. Poiché quest’ultima è stata notificata il 1° aprile 2004, il termine impartito alla Repubblica italiana entro il quale essa doveva comunicare alla Commissione i provvedimenti presi per conformarvisi è scaduto il 1° giugno 2004. Tuttavia, la Commissione non sarebbe stata informata, né a questa data, né al momento della presentazione del ricorso, dell’adozione dei provvedimenti suddetti. La Commissione ricorda che, per giurisprudenza costante, il solo argomento di difesa che uno Stato membro può opporre ad un ricorso per inadempimento proposto a norma dell’art. 88, n. 2, Ce è quello relativo all’impossibilità assoluta di dare correttamente esecuzione alla decisione. Tuttavia, lo Stato membro convenuto non avrebbe mai addotto un’impossibilità siffatta. La Commissione precisa che risulta altresì dalla costante giurisprudenza della Corte che l’impossibilità assoluta di esecuzione non può risultare dal gran numero di imprese interessate, e osserva che comunque tale circostanza non può essere fatta valere dalla Repubblica italiana, visto che, secondo le indicazioni da questa fornite, l’aiuto da recuperare è andato a vantaggio di un’unica impresa. Infine, la Commissione aggiunge che il fatto che uno Stato membro non possa sollevare, nell’ambito di un ricorso per inadempimento, motivi diversi da quello relativo all’esistenza di un’impossibilità assoluta di esecuzione non impedisce a detto Stato membro di sottoporre alla valutazione della Commissione, in forza dell’obbligo di leale cooperazione sancito, in particolare, dall’art. 10 Ce, le difficoltà impreviste o imprevedibili da esso incontrate quando si rende conto di conseguenze non considerate da detta istituzione. Orbene, secondo la Commissione, le autorità italiane non hanno risposto né alle sue lettere, né alle sue richieste di informazioni. Lo Stato membro non avrebbe dunque addotto alcuna difficoltà o impossibilità di esecuzione, né richiesto una dilazione del termine previsto per il recupero degli aiuti, né, infine, prospettato modalità alternative di applicazione della decisione. La Repubblica italiana sostiene, nel suo controricorso, che vi è una contraddizione tra il ricorso introduttivo della Commissione, nel quale si afferma che dell’aiuto avrebbe beneficiato un’unica impresa, e la decisione, che fa riferimento ad una pluralità di imprese beneficiarie. Tale contraddizione creerebbe incertezza riguardo al soggetto (o ai soggetti) nei confronti dei quali sarebbe necessario procedere al recupero. La Repubblica italiana riteneva opportuno che la Corte sospendesse il procedimento fino a che la causa pendente dinanzi al Tribunale, riguardante il ricorso contro la decisione, fosse stata definita. Infine, secondo detto Stato membro, ove si dovesse procedere al recupero degli aiuti illegittimi nei confronti di imprese in amministrazione straordinaria, occorrerebbe inoltre considerare che l’obbligo di restituzione di un aiuto consiste nel ripristinare la situazione antecedente, evitando che il beneficiario dell’aiuto goda di un vantaggio in termini concorrenziali rispetto ai propri concorrenti. Ora, tenuto conto della situazione di dissesto patrimoniale di dette imprese, nonché della conseguente cessazione di attività da parte delle stesse, i loro concorrenti non subirebbero più alcun pregiudizio, per cui l’obbligo di restituzione dell’aiuto non avrebbe più alcun rapporto con l’obiettivo perseguito. Nella sua memoria di replica, la Commissione sottolinea che l’incertezza riguardo al numero di beneficiari dell’aiuto è imputabile alla Repubblica italiana stessa, che non ha mai fornito le necessarie informazioni. Infatti, sebbene sembri che un’unica impresa abbia beneficiato dell’aiuto, la decisione ha nondimeno preso in considerazione l’ipotesi di una pluralità di beneficiari. Quanto all’inutilità del recupero dell’aiuto, sarebbe sufficiente, ad avviso della Commissione, ricordare che tale recupero è la logica conseguenza dell’illegittimità dell’aiuto stesso e che il fatto che delle imprese si trovino in difficoltà o in stato di fallimento non incide sull’obbligo di recupero. In ogni caso, il recupero mira ad evitare che l’attività che ha beneficiato dell’aiuto venga rilevata da altre imprese grazie ad un trasferimento di attivi ad un prezzo inferiore a quello di mercato o attraverso una procedura non trasparente. Inoltre, risulterebbe dal diciottesimo ‘considerando’ della decisione che l’acquirente di un’impresa in difficoltà deve essere considerato come beneficiario del regime di aiuto in questione. Giudizio della Corte Occorre anzitutto ricordare che, per giurisprudenza consolidata, la soppressione di un aiuto illegittimo mediante recupero è la logica conseguenza dell’accertamento della sua illegittimità e che tale conseguenza non può dipendere dalla forma in cui l’aiuto è stato concesso (v. , in particolare, sentenze 1° aprile 2004, causa C‑99/02, Commissione/italia, Racc. Pag. I‑3353, punto 15, nonché 1° giugno 2006, causa C‑207/05, Commissione/italia, non pubblicata nella Raccolta, punto 39 e giurisprudenza ivi citata). Secondo una giurisprudenza altrettanto consolidata, se la decisione della Commissione che dispone la soppressione di un aiuto di Stato incompatibile con il mercato comune non è stata impugnata con un ricorso diretto o se un ricorso siffatto è stato respinto, il solo argomento di difesa che uno Stato membro può opporre al ricorso per inadempimento proposto dalla Commissione sulla base dell’art. 88, n. 2, Ce è quello relativo all’impossibilità assoluta di dare correttamente esecuzione alla decisione che ingiunge il recupero (v. , in particolare, sentenze 1° aprile 2004, Commissione/italia, cit. , punto 16, nonché 1° giugno 2006, Commissione/italia, cit. , punto 45 e giurisprudenza ivi citata). La Corte ha statuito che uno Stato membro, il quale in occasione dell’esecuzione di una decisione della Commissione in materia di aiuti di Stato incontri difficoltà impreviste e imprevedibili o si renda conto di conseguenze non considerate dalla Commissione, deve sottoporre tali problemi alla valutazione di quest’ultima, proponendo appropriate modifiche della decisione stessa. In tal caso lo Stato membro e la Commissione devono – in forza del principio che impone agli Stati membri e alle istituzioni comunitarie doveri reciproci di leale collaborazione, al quale è ispirato in particolare l’art. 10 Ce – collaborare in buona fede per superare le difficoltà nel pieno rispetto delle disposizioni del Trattato, soprattutto di quelle relative agli aiuti (v. , segnatamente, sentenze 4 aprile 1995, causa C‑348/93, Commissione/italia, Racc. Pag. I‑673, punto 17; 1° aprile 2004, Commissione/italia, cit. , punto 17, e 1° giugno 2006, Commissione/italia, cit. , punto 47). A questo proposito, occorre ricordare, in primo luogo, che un ricorso di annullamento proposto contro una decisione che ingiunge il recupero di un aiuto non ha effetto sospensivo, e che, nel caso di specie, come indicato al punto 5 della presente sentenza, nessuna delle parti ricorrenti dinanzi al Tribunale ha chiesto la sospensione dell’esecuzione della decisione. Ad ogni modo, tali ricorsi sono stati respinti dal Tribunale. In secondo luogo, occorre constatare come, nei suoi contatti con la Commissione, nonché nell’ambito del procedimento dinanzi alla Corte, la Repubblica italiana non abbia invocato un’impossibilità assoluta di dare esecuzione alla decisione. Detto Stato membro ha poi rilevato, nel proprio controricorso, una contraddizione negli argomenti della Commissione riguardo alla determinazione dei beneficiari dell’aiuto, la quale avrebbe creato un’incertezza nell’azione di recupero. A questo proposito, occorre constatare, da un lato, che, come risulta dal primo ‘considerando’ della decisione, l’aiuto in questione è stato notificato quale regime generale di aiuti comprendente misure urgenti a favore dell’occupazione, ciò che spiega la formulazione in termini generali del dispositivo della decisione. Dall’altro lato, come risulta dal quattordicesimo ‘considerando’ della decisione, la Commissione ha osservato che, per tutta la durata del regime di aiuti, una sola impresa è stata ceduta secondo le modalità previste da quest’ultimo, vale a dire la società Ocean Spa, venduta alla società Brandt Italia Spa. Inoltre, secondo una giurisprudenza consolidata, la condizione attinente all’impossibilità assoluta di esecuzione non è soddisfatta qualora lo Stato membro convenuto si limiti a comunicare alla Commissione le difficoltà giuridiche, politiche o pratiche che l’attuazione della decisione presenta, senza intraprendere alcuna iniziativa presso le imprese interessate al fine di recuperare l’aiuto e senza proporre alla Commissione modalità alternative di messa in atto della decisione idonee a permettere il superamento di tali difficoltà (v. , segnatamente, sentenze 29 gennaio 1998, causa C‑280/95, Commissione/italia, Racc. Pag. I‑259, punto 14; 1° aprile 2004, Commissione/italia, cit. , punto 18, e 1° giugno 2006, Commissione/italia, cit. , punto 48). Tale situazione sussiste nel caso di specie. Risulta infatti che la Repubblica italiana non ha effettuato alcun tentativo per recuperare gli aiuti in questione, neppure presso l’impresa Brandt Italia Spa. Pertanto, la Repubblica italiana non ha dimostrato l’impossibilità assoluta di dare esecuzione alla decisione. Quanto all’argomento della Repubblica italiana secondo cui, qualora occorresse procedere al recupero, presso le imprese beneficiarie, degli aiuti versati a motivo del vantaggio concorrenziale da esse ottenuto, tale recupero non avrebbe più alcuna utilità sotto il profilo concorrenziale, proprio per il fatto che il regime di aiuti riguardava precisamente imprese in stato di fallimento o di cessazione dell’attività, occorre considerarlo privo di qualsiasi fondamento, atteso che la ricorrente non invoca difficoltà di esecuzione, bensì contesta la legittimità dell’ingiunzione di recupero. Orbene, risulta dalla giurisprudenza citata al punto 18 della presente sentenza che l’illegittimità di una decisione siffatta non può essere addotta a propria difesa da uno Stato membro nell’ambito di un ricorso per inadempimento proposto dalla Commissione a norma dell’art. 88, n. 2, Ce. La Repubblica italiana sostiene inoltre che, tenuto conto dello stato di cessazione dell’attività delle imprese beneficiarie, il recupero degli aiuti sarebbe senza alcun rapporto con l’obiettivo perseguito. A questo proposito, il fatto che imprese beneficiarie siano in difficoltà o in stato di fallimento non incide sull’obbligo di recupero dell’aiuto, stante l’obbligo dello Stato membro, a seconda dei casi, di provocare la liquidazione della società, di far iscrivere il proprio credito nel passivo dell’impresa o di adottare qualsiasi altra misura che consenta la restituzione dell’aiuto. Stanti tali premesse, il presente ricorso è fondato nella misura in cui la Commissione addebita alla Repubblica italiana di non aver adottato, alla scadenza del termine di due mesi fissato dalla decisione, le misure necessarie per recuperare gli aiuti in questione. Non è necessario che la Corte passi ad esaminare il capo della domanda diretto a far condannare la Repubblica italiana per omessa comunicazione alla Commissione delle misure di esecuzione della decisione, posto che, per l’appunto, il detto Stato membro non ha proceduto all’esecuzione in parola entro i termini stabiliti (v. Sentenze 4 aprile 1995, Commissione/italia, cit. , punto 31, e 1° giugno 2006, Commissione/italia, cit. , punto 53). Si deve pertanto dichiarare che la Repubblica italiana, non avendo adottato, entro i termini prescritti, i provvedimenti necessari per recuperare presso i beneficiari gli aiuti dichiarati illegittimi e incompatibili con il mercato comune dalla decisione, è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza degli artt. 2 e 3 della decisione stessa. Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara e statuisce: Non avendo adottato, entro i termini prescritti, i provvedimenti necessari per recuperare presso i beneficiari gli aiuti dichiarati illegittimi e incompatibili con il mercato comune dalla decisione della Commissione 30 marzo 2004, 2004/800/Ce, relativa al regime di aiuto di Stato concernente disposizioni urgenti in materia di occupazione cui l’Italia ha dato esecuzione, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza degli artt. 2 e 3 di tale decisione. La Repubblica italiana è condannata alle spese.  
   
 

<<BACK