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Notiziario Marketpress di Lunedì 10 Dicembre 2007
 
   
  DAL XVII CONGRESSO NAZIONALE DELLA SOCIETA’ ITALIANA DI UROLOGIA ONCOLOGICA - SIURO GLI ULTIMI PROGRESSI DIAGNOSTICI E TERAPEUTICI PER CURARE IL TUMORE ALLA PROSTATA CHE COLPISCE IN ITALIA IL 30% DEGLI UOMINI OVER 50 CON 43 MILA NUOVI CASI L’ANNO. PREVENZIONE, NUOVI FARMACI E TRATTAMENTI , CHIRURGIA ROBOTICA, BRACHITERAPIA , HIFU , VACCINI , CELLULE STAMILALI . LE TERAPIE CHE SALVANO SESSUALITA’ E CONTINENZA URINARIA

 
   
  Milano, 10 dicembre 2007 - Dal Xvii Congresso Nazionale della Società Italiana di Urologia Oncologica - Siuro - gli ultimi progressi della ricerca clinica per la diagnosi precoce, prognosi , nuovi farmaci per le forme avanzate e con metastasi e innovative metodiche mediche e chirurgiche per curare il tumore alla prostata (adenocarcinoma) che esordisce in modo subdolo senza sintomi finché non raggiunge uno stadio avanzato e colpisce in Italia circa il 35 % degli uomini over 50 con 43 mila nuovi casi l’anno ponendosi primo in classifica per diagnosi e incidenza . “Si tratta di un problema primario di salute pubblica in preoccupante aumento “ dice il professor Raffaele Tenaglia , Direttore Cattedra Clinica Urologica Università di Chieti e Presidente della Società Italiana di Urologia Oncologica, “nel mondo ne sono affetti oltre 500 mila uomini e recenti stime indicano che entro 2015 il tumore alla prostata sarà la neoplasia più frequente nella popolazione maschile. Le cause della malattia restano ancora misconosciute, anche se esiste una predisposizione genetica ereditaria per cui il tumore prostatico può manifestarsi in più persone della stessa famiglia. Fondamentale quindi scoprirlo prima di una sintomatologia già indice di malattia, agendo d´anticipo. Prima si interviene e più aumentano le possibilità di guarigione. Le opzioni terapeutiche sono varie : l´intervento chirurgico con l’asportazione radicale della prostata, la radioterapia esterna, la brachiterapia interstiziale, la terapia farmacologica ormonale e, infine, la “watchful waiting”, l’ attesa vigile, con controlli periodici. La scelta del trattamento dipende dallo stadio del tumore (circoscritto alla prostata o già diffuso) e dalla sua invasività. ” “Agire d’anticipo” precisa il professor Giuseppe Martorana , Direttore della Scuola di Specializzazione e del Dipartimento di Urologia , Università Bologna, “ significa soprattutto diagnosi precoce - le novità in questo campo sono l’ analisi dei polimorfismi genetici (Rnasel e Elac2 - i due geni responsabili) un esame genetico, basato su un prelievo ematico che individua le persone ad alto rischio di tumore, la proteomica per scoprire precocemente particolari proteine presenti nel siero, plasma, secreto prostatico o in un tessuto coinvolte nella neoplasia e innovative metodiche di imaging - la spettroscopia di Risonanza Magnetica in grado di distinguere il tessuto prostatico normale o ipertrofico da quello maligno ,la Rm dinamica con mezzo di contrasto , la Rm con Diffusione”. “Questi innovativi esami, ancora sperimentali,” ricorda il professor Tenaglia “ non sostituiscono ma si aggiungono a quelli tradizionali come l’esplorazione rettale , il dosaggio del Psa, l’ ecografia transrettale , la diagnostica per immagini (Tac , Rmn ,Pet ) e la biopsia”. “Gli esami prognostici”, continua il dottor Alessandro Bertaccini , Dipartimento Urologia Università , Bologna “consentono invece di prevedere l’evoluzione della malattia e consistono nel dosaggio delle metalloproteasi (Mmps) un nuovo test ematico che stima il grado di invasività di tumori anche di piccole dimensioni, e il Real Time Pcr che rileva la presenza di piccolissime cellule tumorali altrimenti non visibili” Nuovi Farmaci - “Se il tumore è in fase avanzata e con metastasi” spiega il professor Tenaglia , “l´unica via è farmacologica con specifici farmaci gli Lhrh analoghi che bloccano il testosterone, l´ormone responsabile della crescita del tumore (in passato l’unica possibilità era la castrazione chirurgica- orchiectomia) e rallentano o stabilizzano il tumore E, proprio nel campo degli Lhrh analoghi un arma in più arriva da una recente conquista : la leuprolide nuova formulazione ,basata su un innovativo sistema di rilascio, garantisce, rispetto agli altri analoghi , una soppressione ottimale e duratura del testosterone uguale a quella dell’orchiectomia bilaterale su una percentuale maggiore di pazienti. Altre promettenti sostanze - quando il male non risponde più alla terapia ormonale sono i bifosfonati di terza generazione che bloccano la crescita delle metastasi nell’osso. Sempre sull’osso, oltre alla tradizionale radioterapia, si possono impiegare radionuclidi beta-emittenti farmaci dotati di debole radioattività che si concentrano selettivamente nelle lesioni ossee. I taxani sono una nuova classe di chemioterapici (la chemioterapia classica è scarsamente efficace sul ca prostatico) che in studi preliminari hanno dimostrato di bloccare la progressione del tumore nel 38-46% dei pazienti. Infine una delle più promettenti novità è l’associazione della “vecchia” terapia con gli estrogeni (ormoni femminili usati fin dal 1960 e poi soppiantati dagli analoghi Lhrh) con gli analoghi della somatostatina in quei tumori che dopo anni di terapia con gli Lhrh, “scappano”dal controllo trasformandosi in tumori neuroendocrini della prostata”. La Chirurgia “I progressi anestesiologici e chirurgici ”, spiega il professor Tenaglia “consentono ora di operare con sicurezza anche tumori avanzati o pazienti con altre comorbilità . Le scelte terapeutiche per il trattamento del cancro della prostata dipendono dall’estensione della malattia (stadio clinico) e dall’aspettativa di vita del paziente (quindi dall’età e dalla presenza di comorbilità) . La prostatectomia radicale è l’unico intervento in grado di curare e guarire il tumore prostatico quando localizzato alla ghiandola prostatica. L’intervento, che può essere eseguito per via retropubica o perineale con o senza linfoadenectomia ,comporta l’asportazione di tutto il contenuto della loggia prostatica. In pazienti a basso rischio e con un tumore di dimensioni ridotte e circoscritto si può effettuare nell´80% dei casi la tecnica “ nerve sparing” che preserva i nervi erettori conservando la potenza sessuale. Alla chirurgia tradizionale si affianca sempre di più quella laparoscopica che consente di asportare la prostata “senza tagli” attraverso piccoli fori praticati nell’addome e microtelecamere che guidano il bisturi e la chirurgia robotica evoluzione laparoscopica , che grazie all’impiego di microstrumenti capaci di rotazioni a 360 gradi e visori tridimensionali garantisce una precisione millimetrica “. Grandi speranze anche per quei pazienti affetti da tumori più avanzati: la Intra-operative Radiation Therapy – Iort, consente di trattare, durante l’intervento con una dose singola elevata di radioterapia diretta alla neoplasia e ai tessuti sani circostanti non rimossi per eliminare anche eventuali cellule di tumore “già scappate” dall’organo e non visibili ad occhio. Radioterapia Ampio è il capitolo del trattamento radioterapico: “si passa” , spiega il professor Giario Conti Direttore U. O. Di Urologia e Andrologia dell´Ospedale Sant’ Anna, Como “da quello standard alla sua sofisticata evoluzione- la Radioterapia con Modulazione di Intensità – Imrt- che permette di modulare meglio l’intensità della dose di irradiazione e quindi di colpire solo i tessuti malati . Ulteriori modalità di trattamento sono : la Brachiterapia prostatica interstiziale indicata per pazienti a basso rischio prevede il posizionamento di semi radioattivi nella prostata malata salvaguardando potenza sessuale e continenza urinaria, l’ High Intensity Focused Ultrasound Therapy (Hifu) si basa su ultrasuoni ad alta energia focalizzati solo sul tessuto malato che agiscono effettuando un’ ablazione selettiva della ghiandola e la Crioterapia di nuova generazione che induce un congelamento della aree neoplastiche determinando una necrosi dei tessuti malati indicata per pazienti con tumori molto avanzati altrimenti non trattabili”. Le cellule staminali cancerose : nuovo obbiettivo della ricerca “Sulla base di evidenze sperimentali di ricerche internazionali” dice la professoressa Gigliola Sica, Vice- Presidente Siuro- Professore Ordinario di Istologia Direttore Istituto di Istologia ed Embriologia Università Cattolica del S. Cuore,roma , “ si ipotizza che il tumore della prostata derivi da una piccola quota di cellule staminali tumorali. Queste cellule responsabili della proliferazione della neoplasia e della sua progressione potrebbero svelare le origini delle forme recidive di tumore prostatico dopo trattamenti convenzionali chirurgici radioterapici e ormonali. L’obbiettivo della ricerca punta ora all’identificazione e caratterizzazione di tali cellule per poterle colpire in futuro con farmaci mirati eradicando così il tumore”. “Una patologia complessa come il carcinoma . Prostatico” precisa il dottor Riccardo Valdagni ,radioterapista oncologo e Direttore Programma Prostata , Irccs Fondazione Istituto Nazionale dei Tumori , Milano , “con più alternative terapeutiche necessita di un approccio multidisciplinare: urologo, radioterapista, oncologo medico e psicologo Il nostro intento è portare il paziente a non essere più un oggetto di cura, bensì un soggetto, attivo e consapevole in quanto informato dei benefici e degli effetti collaterali della terapia” . “L’incontinenza urinaria e le disfunzioni sessuali a seguito di prostatectomia radicale “conclude il professor Tenaglia , “ rappresentano un grave problema soprattutto per le pesanti ripercussioni in termini di qualità di vita . Se la riabilitazione sessuale del paziente inizia già dopo qualche settimana dall’intervento con farmaci che favoriscono l’erezione , l’incontinenza urinaria , spesso trascurata, può essere risolta con la rieducazione pelvica ,ginnastica vescicale, l’elettrostimolazione , farmaci anticolinergici e una nuova tecnica chirurgica in day surgery già disponibile in 12 Centri italiani . Advance si avvale di una retina di polipropilene che posizionata sotto l’uretra ripristina la normale continenza. E proprio su questi problemi l’ Aimac lancia un appello al Ssn chiedendo per i malati di cancro alla prostata la gratuità dei farmaci antiimpotenza e antiincontinenza che attualmente gravano totalmente sul malato. “Il tumore alla prostata che esordisce in modo subdolo senza sintomi finché non raggiunge uno stadio avanzato” dice il professor Raffaele Tenaglia , Direttore Cattedra di Clinica Urologica Università, Chieti e Presidente della Società Italiana di Urologia Oncologica, “in Italia con 43 mila nuovi casi l’anno e 9 mila decessi si pone primo in classifica per diagnosi e incidenza , nel mondo ne sono affetti oltre 500 mila uomini e recenti stime americane indicano che entro il 2015 sarà la neoplasia più frequente nella popolazione maschile. Ora si può tracciare una sorta di carta di identità del tumore e proporre una terapia personalizzata per la singola neoplasia. Una terapia sempre più accurata che si avvale attualmente di nuovi sofisticati esami diagnostici per la diagnosi precoce, la prognosi, tradizionali e innovative metodiche mediche e chirurgiche , nuovi farmaci per le forme avanzate. ” “In Italia” , afferma il dottor Riccardo Valdagni radioterapista oncologo e Direttore Programma Prostata , Irccs Fondazione Istituto Nazionale dei Tumori , Milano , “ in base ai dati di uno studio epidemiologico dell´ Istituto dei Tumori (Int) di Milano, il carcinoma prostatico rappresenta il primo tumore più diffuso nell’uomo, sono 43. 000 i nuovi casi l’anno - 174. 000 sono gli uomini che hanno avuto una diagnosi di cancro della prostata e 9. 000 pazienti muoiono a causa di questo tumore. Negli ultimi 30 anni la sua incidenza e´aumentata quasi del doppio al sud rispetto al nord e centro della penisola , dove invece la mortalita´ e´ in calo. Lo studio dell´Int basato un metodo elaborato dall´Istituto Superiore di Sanita´ e svolto dal 1970-2005 ha stimato incidenza, prevalenza e mortalita´ di questo tumore su tutto il territorio nazionale e nelle singole regioni. L’´introduzione di nuove procedure diagnostiche (come il test per l´antigene prostatico specifico-Psa, e le agobiopsie prostatiche) ha determinato a un grande aumento di nuove diagnosi a cominciare dall´ inizio degli anni ´90. Lo studio ha fornito indicazioni sull´effetto della diffusione dell´esame del Psa. Nell´arco dei 35 anni analizzati l´ incidenza della malattia aumenta mediamente del 4,5% all´anno nei pazienti che si sono ammalati nei primi 20 anni, mentre e´ superiore al 6% annuo nei pazienti diagnosticati dal 1990-2005. In particolare, il tasso di incidenza e´ aumentato da 21 a 99 per 100. 000 casi all´anno. Nelle regioni del Nord e del Centro Italia si è verificato un aumento maggiore della patologia rispetto alle regioni del Sud (nel 2005 il tasso e´ 100 per 100. 000 al Nord-centro e circa 60 per 100. 000 - quindi quasi la meta´ - al Sud). L´andamento della mortalita´ invece e´ differente: e´ quasi omogeneo nel Paese, anche se nelle regioni del Nord-centro (escluse Piemonte-valle d´Aosta, Trentino Alto Adige, Toscana e Umbria) si osserva una recente riduzione, mentre nelle regioni del Sud e´ ancora in aumento. L’incremento della sopravvivenza sembra principalmente legato all’anticipazione diagnostica con la diffusione del Psa e delle biopsie mentre il diverso andamento di incidenza e mortalita´ tra Nord-centro e Sud potrebbe essere attribuito a una diversa diffusione del Psa nel Paese (rif. Inghelmann et al. Tumori, 93:380-386. 2007). ” “I risultati di studi autoptici suggeriscono”, aggiunge il professor Tenaglia, “ che la maggior parte degli uomini sopra gli 85 anni ( più dell’75%) presenta un carcinoma prostatico latente . Anche in Usa, tra i nuovi casi di tumori stimati in il tumore della prostata si posiziona al primo posto con un incidenza del 33% (polmoni e bronchi 13%, colon 10% ecc) mentre la mortalità stimata è del 9% contro il 31% del polmone ed il 10% del colon. Cresce il rilievo se si considera che dal 1930 per la prima volta negli Stati Uniti vi è stata una diminuzione delle morti per cancro meno 369 casi su 557. 271 dell’anno precedente (Cancer J clin 2006;56:106-130 ). L’incidenza del carcinoma prostatico varia sensibilmente nelle diverse etnie e nazioni: i tassi più bassi si osservano nelle popolazioni asiatiche, i più alti tra gli Afro-americani residenti negli Stati Uniti”. I Principali Fattori Di Rischio Età “è’ il fattore di rischio principale” dice Tenaglia ,” legato allo sviluppo di neoplasia prostatica. La malattia è rara prima dei 50 anni, mentre dopo questa età l’incidenza e la mortalità aumentano in modo quasi esponenziale. Fattori genetici L’aggregazione familiare del cancro prostatico può essere dovuta ad una suscettibilità genetica , all’esposizione a comuni fattori ambientali o al solo caso in considerazione dell’elevata prevalenza di questo tumore. Il 10-15% dei pazienti affetto da questa neoplasia ha almeno un parente anch’esso colpito , e i parenti di primo grado di pazienti con carcinoma prostatico hanno un rischio 2-3 volte maggiore di sviluppare la malattia; inoltre, tale rischio sale con l’ aumentare del numero delle persone affette in famiglia e al ridursi dell’età alla diagnosi. Fattori infiammatori L’infiammazione agisce da precursore dei processi tumorali, intimamente legati ai processi di cancerogenesi. La “overexpression” della Cox2 sembra essere un evento precoce di cancerogenesi. Fattori razziali L’incidenza del carcinoma prostatico varia ampiamente tra le popolazioni. I cinesi residenti in Cina hanno una incidenza pari a 19 su 100000 abitanti mentre gli afro-americani residenti negli Stati Uniti hanno una incidenza pari a 137 su 100000 abitanti. Fattori dietetici di rischio: latticini, grassi, carni rosse cotte ad elevata temperatura”. Fattori Dietetici Protettivi licopene carotenoidi ,Vitamina E , Selenio “Il licopene”, spiega il professor Tenaglia , “è una sostanza antiossidante contenuta nei pomodori, che potrebbe ridurre il rischio di sviluppare tumore alla prostata. Le catechine del tè verde inibiscono la crescita di cellule tumorali in animali “. Le altre sostanze protettive che hanno effetto benefico sulle cellule prostatiche. Sono gli acidi grassi polinsaturi del pesce, i carotenoidi contenuti frutta e verdure. Diversi studi stanno valutando a quali dosi i supplementi di vitamine e minerali possono costituire un´arma contro questo tumore. ” Una molecola prodotta dall´intestino quando digerisce la soia sarebbe in grado di bloccare l´azione dell´ormone maschile Dht, legato alla ipertrofia della prostata e al cancro”. (Nutrition and cancer guide, Prostate Cancer Foundation. ) Prevenzione – - Studi in corso: Select (Selenium and Vitamin E Cancer Prevention Trial) – Usa Reduce (Reduction by Dutasteride of Prostate Cancer Events) – Usa Studi conclusi: Pcpt (Prostate Cancer Prevention Trial) – Usa: concluso nel 2005, farmaco testato finasteride, arruolati 18882 volontari, conclusione: riduzione del rischio di carcinoma del 24,8% nel gruppo trattato ma maggior rischio di sviluppar tumori più aggressivi nel gruppo trattato. In corso ulteriori elaborazioni di dati. H Grönberg: Prostate cancer epidemiology. Lancet 2003; 361: 859 - 864 Hayes Rb, Liff Jm, Pottern Lm et al: Prostate cancer risk in Us blacks and whites with a family history of cancer. Int J Cancer 1995; 60: 361–64. Monroe Kr, Yu Mc, Kolonel Ln et al: Evidence of an X-linked or recessive genetic component to prostate cancer risk. Nat Med 1995; 1: 827–29. Thompson Im, Tangen Cm, Klein Ea, Lippman Sm: Phase Iii prostate cancer prevention trials: are the cost justified? J Cli Oncol 2005; 23:8161-8164 Approccio multidisciplinare “Una patologia complessa come il carcinoma prostatico” precisa il dottor Valdagni, “ con più alternative terapeutiche, necessita di un approccio multidisciplinare: urologo, radioterapista, oncologo medico e psicologo Il nostro intento è portare il paziente a non essere più un oggetto di cura, bensì un soggetto, attivo e consapevole in quanto informato dei benefici e degli effetti collaterali della terapia. Esami Diagnostici Tradizionali E Innovativi “Agire d’anticipo” ricorda il professor Giuseppe Martorana , Direttore della Scuola di Specializzazione e del Dipartimento di Urologia , Università Bologna, “ significa soprattutto diagnosi precoce ora sempre più accurata e specifica”. Esplorazione rettale Questa manovra, utile come primo approccio valutativo per la sua facile esecuzione, è poco sensibile nell’identificazione di neoplasie di piccole dimensioni e in uno stadio precoce; ha inoltre una riproducibilità inter-esaminatore bassa. Tuttavia rimane una diagnostica insostituibile e parte fondamentale della valutazione della ghiandola prostatica. Dosaggio del Psa sierico “Il Psa (Antigene Prostatico Specifico)” spiega il professor Martorana, “è una proteasi prodotta dalle cellule -sia benigne, sia maligne- dell’epitelio duttale e acinare della prostata; secreto nel liquido seminale (dove si ritrova in elevate concentrazioni), ha la funzione di liquefare il coagulo seminale. Poiché il Psa è quasi esclusivamente di origine prostatica, e dal momento che una piccola parte della quota prodotta raggiunge la circolazione sanguigna, esso può essere considerato un marcatore specifico prostatico. I livelli di Psa circolante sono considerati normali quando inferiori a 2. 5 ng/mL: concentrazioni superiori fanno salire il rischio di diagnosticare la neoplasia alla biopsia prostatica al 30-35% (fino a 10 ng/ml) ed oltre al 50 % dopo i 10 ng/ml. Il valore del Psa può essere influenzato da numerose condizioni: l’ attività sessuale, la prostatite, la ritenzione urinaria e la biopsia prostatica che determinano un aumento, mentre la terapia farmacologia con inibitori della 5-reduttasi causano una diminuzione di circa il 50 % per tutta la durata del trattamento. Una delle principali limitazioni del suo impiego clinico quale marker tumorale è la significativa sovrapposizione dei suoi valori nell’Ipb e nel carcinoma prostatico, in particolare in quel range di valori denominato “zona grigia del Psa” compresa tra 2. 5 e 10 ng/mL. I dati della letteratura riportano che per valori di Psa tra 2. 5 e 10 ng/mL tale rischio è di circa il 30-40%; per valori maggiori di 10 ng/mL il rischio è del 67%. Si ricordi che nell’80% circa dei carcinomi confinati all’organo i valori di Psa sierico sono inferiori a 10 ng/mL. Free Psa Espresso come rapporto tra Psa non complessato e Psa totale, questa percentuale è significativamente più bassa nei pazienti affetti da carcinoma prostatico rispetto a coloro che non lo sono, soprattutto negli uomini con Psa totale tra 2. 5 e 10 ng/mL: in questa zona grigia, un rapporto Psa libero/Psa totale compreso tra 0% e 10% ha un valore predittivo positivo maggiore del 50%. Tuttavia nella pratica clinica, il ruolo del Psa free si è leggermente ridimensionato negli ultimi anni, prevalendo le valutazioni sulla cinetica del Psa, cioè la valutazione su numerosi campioni ematici (almeno 3-4 per anno) della capacità di rialzo del Psa, che sembra correlarsi significativamente alla presenza di una neoplasia prostatica. Si prevede che per almeno 2-3 anni sarà la cinetica del Psa a dominare gli aspetti diagnostici laboratoristici nel tumore della prostata “. Agobiopsia prostatica “Il sospetto diagnostico di neoplasia prostatica continua il dottor Alessandro Bertaccini , Dipartimento Urologia Università , Bologna , “ deve essere confermato dall’esame istologico mediante agobiopsia. Eseguita sotto guida ecografica, permette non solo il campionamento delle aree sospette, ma anche di indirizzare l’ago in precisi e determinati settori prostatici. Il campionamento sistematico della prostata è utile soprattutto in pazienti con reperto ecografico negativo e Psa elevato, ma va effettuato anche in presenza di aree sospette. Nel corso della prima biopsia è raccomandata l’esecuzione di almeno 8-10 prelievi. Molto importante, in casi selezionati ad alto sospetto clinico, è il nuovo approccio bioptico con la saturation biopsy ( con almeno 20 prelievi bioptici) che permette di aumentare notevolmente l’accuratezza diagnostica della biopsia tradizionale. Ecografia transrettale (Trus) Viene più comunemente impiegata come guida all’agobiopsia prostatica in pazienti con esplorazione rettale sospetta per neoplasia o con elevate concentrazioni sieriche di Psa. Da sola ha un limitato valore nella stadiazione del carcinoma prostatico (studio dell’interessamento della capsula e delle vescicole seminali): i risultati di due ampi studi prospettici multicentrici suggeriscono che la Trus non è più efficace dell’esplorazione rettale nel predire l’estensione extracapsulare della malattia. Rimane comunque una metodica importante (eseguita da operatori particolarmente esperti) nella valutazione diagnostica della malattia e nella programmazione della strategia terapeutica ottimale. Tc La tomografia computerizzata non ha un particolare ruolo diagnostico o stadiante per il tumore prostatico in stadio precoce o localizzato. Può essere utile nella stadiazione di malattie più avanzate o nell’accertamento di patologie concomitanti “. Rm con bobina endorettale eRm “Recenti pubblicazioni “ aggiunge Martorana , “riportano per la stadiazione con Rm un elevato valore predittivo negativo (91%) e un’accuratezza diagnostica (77%) più elevata rispetto agli altri esami radiologici (Tc e ecografia trans rettale). Un ruolo più specifico sarà rivestito dalla Risonanza associata alla spettroscopia - presso la Clinica Urologica dell’Università di Bologna sono in corso da 4 anni importanti studi scientifici con applicazioni cliniche nel campo della diagnostica avanzata del tumore prostatico. La Spettroscopia di Risonanza Magnetica è una metodica relativamente recente nella diagnosi del tumore della prostata, che permette lo studio dei tessuti umani in vivo mediante l’analisi del metabolismo. Questa metodica non invasiva può consentire di distinguere il tessuto prostatico normale o ipertrofico da quello maligno e quindi trova importanti applicazioni nella diagnosi e nella stadiazione di questo tumore. Questa metodica ha dimostrato ampiamente di migliorare l’accuratezza diagnostica dell’Rm tradizionale e di aumentare l’accuratezza nella diagnosi, stadiazione e quantificazione del volume tumorale nei pazienti. In campo clinico questa metodica può essere utilizzata nei pazienti pluribiopsiati e ripetutamente negativi alla biopsia ma con valori di Psa persistentemente elevato: in questi pazienti questa metodica aiuta ad indirizzare eventuali ulteriori prelievi bioptici oppure permette di evitare un’ulteriore biopsia in casi selezionati. Molto recentemente, sono in corso studi su metodiche di imaging molto promettenti e innovative, cioè la Rm dinamica con mezzo di contrasto e la Rm con Diffusione. Queste metodiche promettono di migliorare ulteriormente l’approccio diagnostico e la stadiazione del tumore della prostata ma sono attualmente sperimentali. Pet (Positron Emission Tomography) È una scansione tomografica che consente di individuare aree molto piccole (0,5 cm) di localizzazione di un tracciante metabolico (cioè catturato elettivamente dalle cellule tumorali). In genere si usa il fluorodesossiglucosio Fdg che, concentrandosi nell’urina, non consente la stadiazione dei tumori prostatici. Risultati promettenti sono stati ottenuti con l’impiego della colina marcata (Pet/tc con colina). Non è una metodica diagnostica ancora ben standardizzata. Trova un razionale, al momento, nella diagnosi differenziale delle recidive locali da sistemiche dopo terapie radicali (ripresa di malattia)”. “Negli ultimi anni”, riferisce dottor Bertaccini ” presso in nostro Centro è stata ampiamente studiata in campo clinico la Pet/tc con Colina: questa metodica è stata applicata nella valutazione dei pazienti con ripresa di malattia (rialzo del Psa) dopo prostatectomia radicale o radioterapia; recentemente sono stati eseguiti studi clinici nei pazienti con diagnosi di tumore prostatico ad alto rischio di metastasi linfonodali (Psa elevato, malattia localmente avanzata, fattori prognostici sfavorevoli) dove la Pet/tc con Colina sembra essere più accurata rispetto alle tecniche di imaging convenzionale (Tc, Rm)”. Dosaggio delle metalloproteinasi Mmps “Le metalloproteinasi della matrice (Mmps)”, spiega Bertaccini , “sono una famiglia di enzimi proteolitici che degradano la matrice extracellulare e le componenti della membrana basale; per questo, esse hanno un ruolo essenziale nell’invasione tumorale e nella metastatizzazione Sono in corso studi per valutare la loro efficacia diagnostica e soprattutto prognostica e studiante. Ricerca delle cellule circolanti esprimenti il Psa mediante amplificazione genica Real Time Pcr. L´utilizzo del real-time della Rt-pcr per la dimostrazione di cellule circolanti che esprimono Psa in pazienti affetti da carcinoma prostatico potrebbe rivelarsi uno straordinario mezzo per la diagnosi, la stadiazione e la valutazione prognostica di questa malattia. Analisi dei polimorfismi genetici. Le difficoltà principali sono dovute al fatto che il tumore della prostata sembra legato a molteplici geni associati a basso rischio più che a pochi geni legati ad un alto rischio. Sono in corso tentativi di identificare gli alleli più frequentemente associati al tumore anche nella popolazione italiana. I geni studiati con maggior successo sono Rnasel ed Elac2. Risultati preliminari indicano polimorfismi Rnasel più frequenti in pazienti con tumore rispetto a controlli sani (44% vs 36,8%). Polimorfismi di Elac2 sono invece associati ad una età di insorgenza minore. Proteomica È lo studio su larga scala, qualitativo e quantitativo, del complesso delle proteine espresse da una cellula. Oggi con sistemi spettrofotometrici avanzati è possibile aver uno “spettro” completo e veloce delle proteine presenti in un liquido biologico (siero, plasma, secreto prostatico) o in un tessuto. Questo sistema consentirà di trovare nuove proteine differentemente espresse in campioni provenienti da pazienti con tumori o senza”. “Questi innovativi esami, ancora sperimentali” , ricorda il professor Martorana, “ non sostituiscono al momento quelli tradizionali come l’esplorazione rettale , il dosaggio del Psa, l’ ecografia transrettale , la diagnostica per immagini (Tac , Rmn ,Pet ) e la biopsia. L’utilizzo di nuovi marcatori dovrà comunque essere standardizzato da un’ ampia pratica clinica. Screening Attualmente non esistono ancora studi in grado di dimostrare che uno screening di massa con Psa possa modificare la sopravvivenza o la qualità di vita della popolazione; per questo, non è lecito, al di fuori di studi prospettici, sottoporre la popolazione maschile asintomatica (senza disturbi riferibili alle vie urinarie) a test diagnostici. Sia l’American Cancer Society (Acs) che la American Urological Association (Aua) raccomandano l’adozione di programmi per la diagnosi precoce prima dei 50 anni per gli uomini ad alto rischio, e cioè: uomini con una storia familiare positiva per carcinoma della prostata (due o più parenti di primo grado affetti e la cui diagnosi è avvenuta ad una età precoce); appartenenza alla razza Afro-americana. Molta attenzione viene riversata oggi sugli studi di screening per il rischio che hanno insito nel metodo, della cosiddetta “overdiagnosis” cioè nella diagnosi di tumori a basso rischio di progressione (cosiddetti indolenti). Tuttavia la strada della conoscenza precoce non è sempre un dato negativo; in casi particolarmente selezionati (neoplasia prostatica “indolente”) è infatti possibile un a strategia di “attesa” sottoponendosi ad uno stretto monitoraggio (cosiddetta “Sorveglianza Attiva). Solo se la malattia darà segnali di aggressività si dovrà intervenire (chirurgia/radioterapia)”. La Chirurgia “Oggi i progressi anestesiologici e chirurgici ”, sottolinea il professor Tenaglia “consentono di operare con sicurezza anche tumori localmente avanzati o pazienti con altre comorbilità . Le scelte terapeutiche per il trattamento del cancro della prostata” ;” dipendono dall’estensione della malattia (stadio clinico) e dall’aspettativa di vita del paziente (quindi dall’età e dalla presenza di co-morbidità) . La prostatectomia radicale è l’unico intervento in grado di curare e guarire il tumore prostatico quando localizzato alla ghiandola prostatica”. “L’intervento che può essere eseguito per via retropubica o perineale con o senza linfoadenectomia”, prosegue il professor Tenaglia ,” comporta l’asportazione chirurgica di tutto il contenuto della loggia prostatica. In pazienti a basso rischio (Psa < 10, Gleason < 7 - i cui valori sono da 2 a 10 ) e con un tumore di dimensioni ridotte e circoscritto è possibile eseguire l’operazione con la tecnica “ nerve sparing” che preserva i nervi erettori almeno da un lato. Ora , grazie alla diagnosi precoce è possibile effettuare questo tipo di intervento nell´80 per cento dei casi, conservando la potenza sessuale”. La nuova chirurgia mininvasiva. Alla chirurgia tradizionale si affianca oggi quella laparoscopica con strumenti che consentono di asportare la prostata “senza tagli” attraverso piccoli fori praticati nell’addome e microtelecamere che guidano il bisturi e la robotica (da Vinci S). Che grazie all’impiego di visori tridimensionali e di microstrumenti capaci di rotazioni a 360 gradi supera per la assoluta precisione la tecnica laparoscopica “. Radioterapia Brachiterapia Hifu “La scelta terapeutica per il paziente affetto da adenocarcinoma della prostata, “ dice il professor Giario Conti , Direttore U. O. Di Urologia e Andrologia dell´Ospedale Sant’ Anna, Como , “dovrebbe basarsi sulla valutazione della classe dir rischio (basso, medio, elevato, molto elevato) cui il paziente appartiene. In linea generale, e semplificando molto i concetti, è possibile che i pazienti a rischio basso o intermedio/basso potranno con buona probabilità giovarsi di un singolo trattamento locale con intento radicale, sia esso la chirurgia o la radioterapia o, in casi selezionati, di un trattamento cosiddetto alternativo. Al contrario i pazienti con neoplasia a rischio alto o molto alto, dovranno sin dall’inizio essere inseriti in un programma terapeutico multimodale che veda, variamente combinate fra loro, le diverse opzioni terapeutiche disponibili (chirurgia, radioterapia, ormonoterapia)”. Radioterapia “ Il trattamento radioterapico standard “ spiega Conti , “ è rappresentato dalla Radioterapia Conformazionale Tridimensionale (3D-crt), modalità di irradiazione che consente di somministrare una dose elevata di radiazioni (fino a 76 - 78 Gy) ad un volume ben circoscritto, con significativa riduzione dell’esposizione degli organi critici adiacenti alla prostata, in particolare il retto e la vescica. Una ulteriore intensificazione della dose totale somministrata (fino a 81 Gy e oltre), non accompagnata da un parallelo incremento di tossicità, è permessa dalla Radioterapia con Modulazione di Intensità (Imrt), sofisticata evoluzione della 3D-crt. Tale modalità di irradiazione permette di modulare l’intensità della dose nell’ambito di ogni campo di trattamento attraverso l’uso di collimatori multilamellari gestiti da specifici software, migliorando ulteriormente la distribuzione della dose in termini di scarto terapeutico tra copertura della ghiandola prostatica e risparmio dei tessuti sani. La Image Guided Radiation Therapy (Igrt) prevede l’impianto di semi di oro posizionati, sotto guida ecografica, nel contesto della ghiandola prostatica, consentendo una ulteriore ottimizzazione del trattamento radioterapico mediante correzione on-line degli errori di posizionamento del paziente in quanto ad ogni seduta viene controllata e verificata la posizione reale della prostata e i suoi rapporti con gli organi critici adiacenti. La Rt esterna rappresenta, insieme alla prostatectomia radicale, uno standard di riferimento per il trattamento locale con intento radicale dei tumori a rischio basso e intermedio/basso; con l’aumentare del rischio la Rt viene associata alla terapia ormonale che può essere eseguita prima della Rt (in modalità neoadiuvante), durante il trattamento e proseguita dopo lo stesso per un periodo variabile fra due e tre anni; importanti studi prospettici randomizzati sia Europei (Eortc) che americani (Rtog) hanno dimostrato un significativo aumento di sopravvivenza per i pazienti ad alto rischio sottoposti a ormonoterapia adiuvante rispetto ai pazienti in cui l’ormonoterapia è stata somministrata solo in caso di progressione, biochimica o clinica della malattia. Brachiterapia - Un’ulteriore modalità di trattamento è rappresentata dalla brachiterapia o radioterapia interstiziale, che prevede l’infissione di sorgenti radioattive nel contesto della ghiandola prostatica sotto guida ecografica. L’aumentato interesse, da parte della comunità scientifica e dell’opinione pubblica, nei confronti della brachiterapia prostatica interstiziale, ha condotto ad un incremento del numero di pazienti trattati con tale metodica. I risultati ottenuti consentono di affermare come, in pazienti selezionati (Gleason < 7 e Psa < 10), il trattamento brachiterapico sia del tutto sovrapponibile, in termini di controllo locale alle altre modalità di trattamento con intento radicale, con una relativamente minore tossicità. Disponiamo oggi di dati abbastanza consistenti e di durata sufficiente (12 anni) per affermare che nei pazienti a basso rischio, con prostate non eccessivamente voluminose (fino a 40-45 ml) e che non richiedono procedure disostruttive (Tur-p) la brachiterapia può essere in grado di offrire un intervallo libero da progressione a 5 anni intorno all’85-90 %, comunque sovrapponibile a quello della radioterapia e della chirurgia (pur in carenze di studi di confronto diretti)”. Altre Opzioni Terapeutiche Hifu Iort “Negli ultimi anni, la ricerca medico-tecnologica”, continua il professor Conti , “ si è rivolta a identificare opzioni terapeutiche alternative alla chirurgia e alla radioterapia, considerate lo standard per il trattamento locale con intento radicale laddove queste non siano proponibili o vengano rifiutate dal paziente, offrendo nel contempo una minore morbilità associata. Tali tecniche vengono proposte sia come trattamento esclusivo nel carcinoma localizzato e localmente avanzato (stadi T1-t3), non metastatico, sia di secondo impiego dopo fallimento di trattamenti locali come la radioterapia. Presentate come scarsamente invasive sono proponibili, limitatamente agli stadi indicati, in pazienti selezionati in quelli con elevato rischio chirurgico, in coloro che rifiutano le terapie convenzionali e nelle persone di età superiore a 70-72 anni Tra queste metodiche quella che oggi riveste più interesse, in Europa, è l’Hifu (High Intensity Focused Ultrasound) che consente una ablazione selettiva della ghiandola con ultrasuoni ad alta energia tramite una sonda endorettale focalizzati sul tessuto prostatico. Questa focalizzazione produce un calore intenso (80-85 °C) in pochi secondi e provoca la distruzione del tessuto all´interno della zona interessata , senza danneggiare i tessuti circostanti. Il trattamento (1 - 2 ore) può essere effettuato in anestesia spinale . A differenza degli altri tipi di ipertermia, il flusso ematico risente solo minimamente degli effetti della temperatura in una esposizione così breve. Al di fuori dell´area focale, l´intensità del fascio ultrasonico è così bassa che i tessuti circostanti non vengono danneggiati. Sono possibili più sedute; la tecnica è in grado di rispettare in buona misura i fasci neuro-vascolari e può quindi essere conservativa nei confronti della funzione erettile (ove presente). I vantaggi più significativi sono : assenza di perdite ematiche, bassa morbidità, possibilità di ripetere il trattamento, ospedalizzazione molto breve, (1-2-giorni), basso costo e buon controllo locale della malattia. Poichè la massima distanza del fuoco è di 25 mm, la maggiore limitazione è legata alle dimensioni della prostata, il cui diametro antero-posteriore non deve superare i 25 mm così da poter trattare l´intero spessore della ghiandola. Sono allo studio apparecchiature che permetteranno una penetrazione di 30 mm. Gli effetti collaterali più comuni sono rappresentati da stress-incontinence, stenosi uretrale, sclerosi del collo vescicale, ritenzione temporanea d´urina, ma raramente, (meno dell´1%), sono di grado severo. I dati disponibili in letteratura offrono risultati a breve termine molto promettenti in termini di azzeramento del Psa e di negativizzazione delle biopsie a sei mesi dal trattamento. Su oltre 12. 000 pazienti, trattati a tutt´oggi in più di cento centri europei (in particolare Monaco di Baviera e Lione che hanno introdotto la metodica nella pratica clinica e Como, il primo centro italiano ad adottarla nel luglio del 2000), la percentuale di biopsie negative a sei mesi, si avvicina globalmente al 90%. Dividendo i pazienti per classi di rischio, nei soggetti ad alto rischio si arriva ad una percentuale di biopsie negative del 75%, mentre nei soggetti a basso rischio la percentuale è di circa il 95 %. Data la minima invasività, la bassa incidenza di complicanze e lo scarso effetto sulle strutture circostanti, l´indicazione principale è rappresentata dal carcinoma prostatico localizzato in pazienti a rischio elevato per la chirurgia, anziani ma con spettanza di vita superiore a 5 anni. Anche se principalmente indicata per le forme circoscritte intraprostatiche, è possibile prevederne l´impiego anche nelle forme localmente avanzate. Un altro campo di applicazione estremamente promettente è quello nei pazienti che presentano una ripresa di malattia intraprostatica dopo radioterapia con intento radicale. I risultati ottenuti dagli studi finora condotti e nei quali si dispone di dati iniziali a medio termine (follow-up medio 7. 4 anni) su malati trattati per fallimento locale di radioterapia oltre il 90% presenta una negativizzazione della biopsia prostatica a sei mesi dal trattamento, con un valore medio minimo di Psa (0. 4 ng/ml ) e una stabilità mediana di oltre 5 anni; circa il 27% presenta una progressione a distanza. La mancanza di dati relativi a follow-up a lungo termine (10-15 anni) non consente attualmente di estendere l´indicazione a persone giovani e con lunghe aspettative di vita, per i quali lo standard resta la prostatectomia radicale o la radioterapia. Ciò non toglie che il progressivo aumento dei tempi di osservazione possa portare nei prossimi anni a una migliore definizione del ruolo di tale metodica nel trattamento del carcinoma prostatico localizzato. Promettente anche un’altra tecnica - la Intra-operative radiation Therapy – Iort, - una dose singola elevata ( circa 10 Gy) di elettroni- somministrata durante l’ intervento chirurgico tradizionale , diretta alla neoplasia ,alle regioni a rischio di recidiva locale e ai i tessuti sani circostanti non rimossi dopo l’asportazione della prostata è in grado di eliminare anche eventuali cellule di tumore “già scappate” dall’organo e non visibili ad occhio. La Crioterapia di nuova generazione indicata per pazienti con tumori molto avanzati altrimenti non trattabili, induce un congelamento della aree neoplastiche determinando una necrosi dei tessuti malati Terapie Farmacologiche “Nelle forme ormai avanzate e con metastasi” spiega il professor Tenaglia . “quando l’età del paziente non consente il ricorso alla chirurgia o per importanti comorbiltà, l’attesa di vita del paziente sia inferiore ai 10 anni, l’unica terapia è quella farmacologica con specifici farmaci , gli Lhrh analoghi che bloccano la secrezione del testosterone , l’ormone che stimola la crescita della neoplasia (un tempo l’unica possibilità era la castrazione chirurgica- orchiectomia- ) Questi farmaci riducendo i livelli in circolo del testosterone rallentano o stabilizzano il tumore. E proprio nel campo farmacologico un arma in più arriva da un recente farmaco (appartenente alla classe degli Lhrh analoghi ) la leuprolide nuova formulazione, grazie a un innovativo sistema di rilascio è in grado di garantire rispetto agli altri farmaci esistenti, un controllo ottimale del testosterone su una percentuale maggiore di pazienti. Secondo studi clinici ottiene una soppressione dei livelli di testosterone analoga a quella dell’orchiectomia bilaterale (< 20 ng/dl) e duratura in tutti i pazienti. Altra novità rilevante legata alla leuprolide è che costa circa il 20% in meno rispetto agli analoghi già in commercio consentendo così, oltre ad un controllo ottimale della malattia anche un notevole risparmio per il Sistema Sanitario Nazionale. E’ molto importante”, avere a disposizione sempre nuovi farmaci efficaci non solo per i tumori in fase avanzata ma anche nel trattamento generale della neoplasia che può essere “preparata” meglio all’intervento o “controllata” anche quando la prostata è stata asportata . Quando la malattia non risponde più alla terapia ormonale si può ora intervenire con bifosfonati di terza generazione che bloccano la crescita delle metastasi nell’osso. Sempre sull’osso oltre alla tradizionale radioterapia si possono impiegare radionuclidi beta-emittenti, farmaci dotati di debole radioattività che si concentrano selettivamente nelle lesioni ossee. Su questo argomento ci saranno novità su studi avviati sul rapporto tra l’attività delle cellule tumorali della prostata e le cellule dell’osso. Un “dialogo biologico” molto importante attraverso il quale le cellule tumorali preparano le metastasi attraverso “chemioattrattori” (Nat Cell Biol 2006) Di notevole interesse sembra essere l’Acido Zoledronico nella prevenzione della compromissione ossea che ,come si sa è ,un punto di non ritorno del tumore . (Manteining bone health in pat. With prostatic cancer Med J. 2006 feb 20,184 ) . Dati importanti emergono dai centri osservazionali che rivelano l’alta incidenza di fratture nei pazienti , con trattamenti e senza adeguata copertura delle problematiche ossee. L’urologo deve familiarizzare rapidamente con la densitometria ossea,controlli di laboratorio,diete e prescrizioni adeguate. La chemioterapia classica non consente di ottenere risultati sul tumore di prostata. I taxani sono una nuova classe di chemioterapici che in studi preliminari hanno consentito di bloccare la progressione del tumore nel 38-46% dei pazienti. Infine una delle più promettenti novità è l’associazione della “vecchia” terapia con gli estrogeni (gli ormoni femminili impiegati fin dagli anni 60 e poi soppiantati dagli analoghi Lhrh) con gli analoghi della somatostatina in quei tumori che dopo anni di terapia con Lhrh, “scappano” dal controllo della terapia trasformandosi nei cosiddetti tumori neuroendocrini della prostata. Recenti studi hanno evidenziato, per la combinazione estrogeni-somatostatina, risposte cliniche oggettive nel 90% dei pazienti trattati con miglioramento del dolore osseo, del performance status, riduzione della Cromogranina A circolante (Cg-a) e del Psa”. Conseguenze dei trattamenti impotenza e incontinenza Se la riabilitazione sessuale del paziente inizia già dopo qualche settimana dall’intervento con farmaci che favoriscono l’erezione , l’incontinenza urinaria , spesso trascurata, può essere risolta con la rieducazione pelvica ,ginnastica vescicale, l’elettrostimolazione farmaci anticolinergici e una nuova tecnica chirurgica in day surgery già disponibile in 12 Centri italiani . Advance si avvale di una retina di polipropilene che posizionata sotto l’uretra ripristina la normale continenza. E proprio su questi problemi l’ Aimac lancia un appello al Ssn chiedendo per i malati di cancro alla prostata la gratuità non solo i pannoloni ma soprattutto dei farmaci antiimpotenza e antiincontinenza che attualmente gravano totalmente sul malato. Progetto Cellule Staminali “Da anni” , spiega la professoressa Gigliola Sica, Vice- Presidente Siuro- Professore Ordinario di Istologia Direttore Istituto di Istologia ed Embriologia Università Cattolica del S. Cuore, Roma , “ la mia attività all’interno della Siuro, con il pieno supporto del suo Direttivo , consiste nel diffondere nel campo dell’urologia oncologica un forte messaggio biologico concernente tematiche di ricerca che possano avere risvolti applicativi. In questo ambito ho curato in seno ai Congressi annuali della Siuro Corsi dedicati ai recettori ormonali nel cancro della prostata, agli agenti differenzianti nei tumori del tratto genito-urinario, alla ricerca di base nei tumori del testicolo, solo per citarne alcuni. Quest’anno, oltre a collaborare con il Dottor Sergio Bracarda e con il Dottor Francesco Ferrau’, oncologi, nella realizzazione di due Corsi dedicati rispettivamente ai nuovi approcci terapeutici e alla farmacogenomica, ho curato un Corso dedicato alle cellule staminali nel cancro della prostata. Non posso essere definita, allo stato attuale , un’esperta di cellule staminali, ma l’appartenenza al settore scientifico disciplinare Istologia, le conoscenze biologiche di base e l’esperienza di ricerca mi hanno consentito, di avvicinarmi a questa tematica. Inoltre, nella sede in cui opero, in collaborazione con vari specialisti, ho attivato un progetto relativo all’isolamento e alla caratterizzazione delle cellule staminali da vari tumori solidi e alla valutazione di differenti parametri, tra i quali la proliferazione, la migrazione e la risposta a vari tipi di trattamento, in particolare i chemioterapici. Tra i tumori presi in considerazione c’è anche il cancro della prostata e su questo tema, in particolare, ho intrapreso una collaborazione oltre che con il Professor Pierfrancesco Bassi, titolare della Cattedra di Urologia dell’Università Cattolica di Roma e con il gruppo del Professor Giuseppe Martorana ,Direttore della Scuola di Specializzazione e del Dipartimento di Urologia , Università Bologna. Tornando al Corso sulle Cellule staminali nell’ambito del Congresso Siuro, si è partiti dall’ illustrazione dell’epitelio prostatico normale, nel quale esistono cellule staminali destinate al rinnovamento fisiologico del tessuto. Il rinnovamento è controllato ed esiste un equilibrio tra le cellule che si riproducono e cellule che muoiono. Nel cancro questo equilibrio è sconvolto. Le cellule staminali normali risiedono nel compartimento basale, mentre le cellule secernenti, differenziate, sono nel compartimento luminale. Cellule neuroendocrine sono distribuite in tutto l’epitelio. Esisterebbe poi una popolazione intermedia, “transit-amplifying cells”, che condivide alcune caratteristiche con le cellule basali , ma si riproduce più attivamente. I vari tipi cellulari possono essere caratterizzati in base all’espressione del recettore degli androgeni e a quella delle cheratine. Le cheratine sono proteine che formano filamenti appartenenti al citoscheletro. Il citoscheletro rappresenta una sorta di impalcatura che regola e mantiene la forma cellulare, presiede alla motilità della cellula ed anche al trasporto di alcune componenti citoplasmatiche. Il carcinoma prostatico si svilupperebbe (come altri tumori) secondo un “modello gerarchico” e cioè da una piccola percentuale di cellule presenti nell’ambito della massa tumorale (le cellule staminali tumorali). Esse sono indifferenziate e capaci di dare origine a cellule più mature, attraverso più di una singola via differenziativa. In sostanza, il tumore nascerebbe da questa piccola quota cellulare andata incontro a mutazioni. Tuttavia ci sono dati non concordanti in letteratura i quali supportano l’idea che il tumore prostatico possa derivare dalla dedifferenziazione delle cellule luminali. Le cellule staminali tumorali, in genere, sono capaci di sopravvivere in condizioni avverse e manifestano resistenza nei confronti dei trattamenti convenzionali (radioterapia, chemio ed ormonoterapia). Nell’ambito della massa tumorale, mentre gli altri elementi rispondono ai trattamenti, le cellule staminali tumorali possono rimanere silenti, ed essere, quando se ne creano le condizioni, responsabili della ripresa di malattia. Sulla base di queste osservazioni, si può comprendere come sia importante conoscere la biologia delle cellule staminali normali e quindi quella delle cellule staminali tumorali e, di conseguenza, come sia importante il tentativo di colpire queste ultime con trattamenti mirati, allo scopo di eradicare il tumore. Siamo evidentemente ancora lontani dal raggiungimento di questo obiettivo, ma l’argomento trattato nel Corso Siuro è di grande attualità e notevole interesse scientifico . Al Corso sulle cellule staminali hanno partecipato in qualità di Docenti anche la Dottoressa Fiona Frame (Heslington- York), che ha trattato l’isolamento e la caratterizzazione delle cellule staminali nel cancro della prostata, e Jack A. Schalken (Nijmegen) che ha parlato della terapia delle cellule androgeno-indipendenti” . .  
   
 

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