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Notiziario Marketpress di Giovedì 13 Dicembre 2007
 
   
  IL PARADOSSO DEL MIELE: TUTTI LO APPREZZANO, E’ DI “TENDENZA” MA I CONSUMI NON AUMENTANO

 
   
 

Il paradosso del miele in Italia? Se oggi, nel nostro Paese, sembrano “spopolare” sul mercato tutti quei prodotti ed alimenti considerati naturali, leggeri ed eco-compatibili, il miele - che per caratteristiche nutrizionali e produttive può definirsi come un prodotto salutare, leggero e non impattante sull’ecosistema – non riesce ancora a conquistare un suo “posto al sole” tra gli alimenti preferiti dagli italiani. Del resto, se da un parte il consumo procapite rimane bloccato sui 400 grammi annui – il 35% in meno rispetto alla media europea, che si attesta intorno ai 600 grammi procapite – dall’altra negli ultimi decenni si registra un incremento esponenziale nel consumo di miele “nascosto”: quello presente in moltissimi prodotti come corn-flakes, yogurt, brioche, barrette di cereali, dolci tipici, cornetti integrali, biscotti, caramelle e integratori alimentari. In Italia, insomma, se di miele se ne consuma ancora troppo poco, dall’altra parte, sono invece accolti positivamente sul mercato tutti quei prodotti a “base d miele” che vengono percepiti dal consumatore con un plus di naturalità, bontà e salubrità proprio perché realizzati con il “nettare degli dei”. Anche nel tradizionale settore farmaceutico, ma soprattutto nel campo della cosmesi, l’utilizzo del miele sembra oggi rappresentare una formula vincente: moltissime infatti le creme, i bagnoschiuma, gli shampoo, i solari realizzati con questo prodotto e presenti, con successo, sul mercato. Questa tendenza è fotografata da un dato che parla da sé: l’Aiipa stima che se 30 anni fa il consumo di miele come ingrediente di prodotti proposti dall’industria alimentare, farmaceutica e cosmetica ammontava a circa il 15% del totale, oggi arriviamo alla cifra record di circa il 40%. Con un trend in ulteriore crescita, per i prossimi quattro/cinque anni, che fa prevedere di raggiungere la soglia del 50% del consumo totale di miele. Il boom del “miele nascosto”, oggi garantisce il 40% dei consumi… Attualmente, dunque, delle 20. 000 tonnellate di miele consumate in media ogni anno in Italia, circa 8000 tonnellate (il 40%) diventano ingrediente di alcuni prodotti alimentari, all’insegna della leggerezza e della naturalità, o cosmetici. Mentre il restante 60% (pari a circa 12. 000 tonnellate) viene utilizzato “in modo diretto” dai nostri connazionali: la metà (pari a circa 6000 tonnellate) come ingrediente da utilizzare in cucina, soprattutto per la preparazione di dolci tradizionali, mentre il restante 50% (sempre per un peso in volume di circa 6000 tonnellate) viene consumato “tal quale”, in occasione della prima colazione o in abbinamento ai formaggi o ad altri alimenti. Il consumo del miele, negli ultimi anni, si è dimostrato, comunque, piuttosto stabile, attestandosi sulle 18-20 mila tonnellate annue per un giro d’affari di oltre 64 milioni di euro. La produzione nazionale (circa 8. 000-10. 000 tonnellate annue) copre appena il 50% di queste esigenze. La differenza, non essendo autosufficienti, viene garantita ricorrendo all’ importazione da alcuni Paesi stranieri. Al centro delle nuove tendenze: le bustine dolcificanti, le colazioni in hotel; A dispetto degli ancora troppo bassi livelli di consumo, il miele negli ultimi mesi sta però cominciando a diventare anche un alimento “di tendenza” tanto che molti locali propongono anche una Carta dei mieli (cfr. Scheda allegata) con segnalate le caratteristiche nutrizionali ed organolettiche, oltre agli abbinamenti in cucina e gli aspetti benefici sulla salute. Corn-flakes, barrette ai cereali, yogurt o il sempre più trendy cornetto integrale – immancabile nelle vetrine dei bar più attenti alle mode e agli umori dei consumatori - sono ormai divenuti dei veri e propri must delle nostre colazioni all’insegna del miele, a casa e fuori casa. Insieme alle nuove cialde di puro miele parzialmente disidratato provenienti dagli Usa e alle bustine monodose di miele che sempre più spesso fanno capolino sui banconi di hotel, bar, ristoranti e pasticcerie, accanto alle tradizionali bustine di zucchero (raffinato o di canna) e dolcificante. Si tratta, in pratica, di comode confezioni colorate prodotte con nettari diversi, adatte per dolcificare – con meno calorie – ogni tipo di bevanda: dal caffè al tè, dal cappuccino alle tisane. Il miele infatti, rispetto allo zucchero, contiene circa il 22% in meno di calorie. In proposito, i tipi di nettari più adatti alla dolcificazione di bevande sono quelli di acacia, arancio, millefiori: il primo è ideale per tutti i tipi di caffè, di bevande calde e per le spremute; il secondo è perfetto per tè e tisane mentre quello di millefiori è il migliore dolcificante per il latte caldo. “Mai come in questo ultimo periodo – spiega Robert Gramm, Presidente del Gruppo Miele Aiipa – il miele ha riscosso il favore da parte della floridissima industria alimentare e cosmetica - mentre si sta affermando anche come alimento di tendenza presso alberghi e bar: sono ormai la maggioranza infatti le strutture alberghiere che propongono il miele nelle loro colazioni continentali ed anche alcuni ristoranti cominciano a presentare abbinamenti ad hoc con vari tipi di formaggi: non a caso circa il 15% dei consumi totali di miele utilizzano come canale privilegiato il circuito Horeca: quindi bar, alberghi e ristoranti. Unico neo: nonostante questi successi, i livelli di consumi non crescono. E’ davvero un fenomeno inspiegabile. Come associazione ci auguriamo che parlando di più del prodotto, facendolo conoscere meglio, riusciremo a far aumentare anche il numero dei suoi estimatori”. L’80% delle vendite nel canale Gdo, vincente la confezione da 500 grammi Per quanto riguarda i canali di vendita del miele, è interessante notare – fonte Ac Nielsen - che è la Gdo (iper e supermercati) a fare la “parte da leone”, con l’81,5% delle vendite. Mentre il restante 18,5% del miele viene distribuito tramite la vendita al dettaglio. I consumatori sembrano poi apprezzare in particolar modo le confezioni cosiddette “risparmio”, ovvero quelle da 500 grammi (che coprono da sole circa il 60% delle vendite, con oltre 5. 400 tons di prodotto) e quelle da 1 kg, che corrispondono al 16,3% delle vendite (per 1. 400 tons. ). Seguono poi i vasetti da 400 grammi (11,4%, per 1000 tons) e la confezione più piccola da 250 grammi, con un 6,8% del mercato e un volume di 625 tons. Il miele? un alimento ottimo per l’inverno ma da scoprire per tutte le stagioni L´aiipa che rappresenta le aziende che commercializzano circa il 50% del miele consumato nel nostro Paese - proprio per favorire una maggiore conoscenza di questo straordinario alimento da parte degli italiani - ha avviato una campagna di comunicazione per fare cultura di prodotto sulle proprietà e i benefici del miele. Ancora oggi, infatti, il vero problema del miele in Italia è determinato dal fatto che questo alimento viene vissuto in modo “troppo stagionale”: gli italiani, in effetti, tendono a consumarlo soprattutto nei mesi invernali, tra novembre e marzo, con un picco nel mese di gennaio. Questo avviene poiché, a differenza del resto d’Europa, da noi il miele rimane confinato in un “ambito curativo”: prodotto salutare, insomma, da usare nei mesi più freddi dell’anno, magari per far fronte ad un brutto mal di gola o ad una tosse persistente, senza ricorrere ai farmaci tradizionali. All’estero, in paesi come la Germania (1 kg e ½ procapite), Inghilterra (800 gr. ) o la Francia (600 gr. ), il consumo di miele rappresenta invece una consolidata tradizione alimentare, sia per la prima colazione ma anche, come alternativa in cucina, abbinato ad altri cibi (formaggi, carne, pane, ecc. ). Storicamente questa differenza con il resto d’Europa si spiega con il fatto che in Italia l’arrivo nel ‘500 della canna da zucchero dalle Americhe “oscurò” pian piano l’uso del miele, considerato meno pregiato – soprattutto dai nobili e nelle raffinate cucine delle corti rinascimentali – rispetto al “bianchissimo zucchero”. In pratica, mentre in altri paesi il nettare d’oro continuò ad essere consumato regolarmente, da noi lo zucchero divenne un vero e proprio status symbol, prodotto che attestava con la sua presenza, la ricchezza e la raffinatezza delle tavole nobiliari, elemento distintivo di una cucina, quella italiana del Rinascimento, che iniziava ad emergere come una tra le più raffinate d’Europa. Miele o zucchero: la “dolce” alternativa a misura di ambiente Dimenticato per oltre due secoli, scontando la “concorrenza di un astro nascente come lo zucchero, oggi il miele sta vivendo una stagione di rivincita all’insegna delle sue virtù nutrizionali. : è facilmente digeribile, ha un potere dolcificante di gran lunga superiore a quello dello zucchero, si conserva facilmente (e a lungo). Basterebbero queste tre caratteristiche a fare del “nettare degli dei” un vero e proprio leader in cucina, un alimento che dovrebbe entrare di diritto nella nostra dieta quotidiana. Volendo fare un paragone poi con il suo “alter ego”, lo zucchero, ci accorgeremo che il miele può segnare molti punti a suo favore. Prima di tutto è meno calorico: 300 Kcal per 100 gr. Contro le 392 dello zucchero tradizionale e le 362 dello zucchero di canna, e inoltre un potere dolcificante doppio rispetto allo zucchero raffinato. Rispetto allo zucchero vanta poi alcune sostanze particolarmente utili all’organismo come il fruttosio, il glucosio, l’acqua, i sali minerali oltre ad alcuni antibiotici naturali. Ma c’è di più: il miele è forse l’unico alimento prodotto con un costo ambientale pari a zero, ottenuto cioè partendo da una fonte rinnovabile (le api) a spese di una risorsa altrettanto rinnovabile (il nettare). L’attività umana non entra in nessun modo nel processo produttivo ma si limita alla conclusiva raccolta del prodotto finito: si potrebbe dire che il “nettare dei” è un prodotto che la natura ci offre “gratuitamente”, senza che intervengano modifiche all’ambiente o consumi di energia, e il lavoro dell’uomo si limita alla sua raccolta e successivo imbottigliamento (cfr. Comunicato api). Lo stesso non può dirsi dello zucchero dove la lavorazione umana – con conseguente impatto energetico e ambientale - svolge un ruolo preponderante.

 

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