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Notiziario Marketpress di Mercoledì 12 Dicembre 2007
 
   
  LA FAVOLA DEL PICCOLO PRINCIPE SVELA GLI INTERRUTTORI DEL CERVELLO CHE ATTIVANO LE LINGUE RICERCATORI DEL SAN RAFFAELE GRAZIE ALLA RISONANZA MAGNETICA SCOPRONO LE AREE DEL CERVELLO CHE SI ATTIVANO PASSANDO DALLA LINGUA MADRE A UNA LINGUA STRANIERA

 
   
   Milano, 12 dicembre 2007 - Qual è la ragione che rende apparentemente semplice il passaggio da una lingua all’altra, tipico dei traduttori simultanei e delle persone biligue? Uno studio dei ricercatori dell´Università Vita-salute San Raffaele, in collaborazione con il Dipartimento di Neurologia dell’Università di California e dei Geneva University Hospitals, ha dato una risposta a questa domanda: esiste infatti un meccanismo cerebrale che permette di selezionare correttamente la lingua con cui ci si vuole esprimere attraverso un sistema di controllo posto nel cervello. Si tratta di una sorta di interruttore che si attiva durante il passaggio dalla lingua madre a una seconda lingua e viceversa. Lo studio è pubblicato sul numero del 12 dicembre del Journal of Neuroscience, una delle più prestigiose riviste scientifiche nel settore delle neuroscienze. Gli psicolinguisti hanno da tempo ipotizzato che per passare da una lingua all’altra vi debbano essere necessariamente delle aree del cervello, una sorta di “interruttori”, che si attivano per bloccare la lingua in uso e permettere il passaggio ad un’altra lingua. Lo stesso meccanismo impedirebbe interferenze tra le lingue cioè l’uso di una lingua diversa rispetto all’ambiente in cui ci si trova. Ad esempio, quando ci troviamo in Inghilterra, difficilmente prenotiamo in un bar un caffè dicendo “un caffè, please” ma piuttosto usiamo le parole giuste, ovvero “ a coffee, please” visto che siamo in un contesto inglese. A volte, però, può succedere che ci scappi incoscientemente “un caffè, please”. Questo fenomeno, assai frequente nei bilingui che non hanno una padronanza perfetta della loro seconda lingua, dipenderebbe da un difetto di tale meccanismo cognitivo che dovrebbe invece impedire questo fenomeno. L’esperimento I ricercatori hanno studiato con la Risonanza Magnetica Funzionale l´attività del cervello in soggetti bilingui per l’italiano e il francese. I soggetti erano tutti di madrelingua italiana e cresciuti in famiglie italiane immigrate a Ginevra dove hanno potuto apprendere fin da piccoli il francese. I soggetti avevano quindi la stessa padronanza linguistica per entrambe le lingue ma, a causa dell’ambiente francese in cui vivevano, erano più “esposti” a questa lingua. Durante l’esperimento i soggetti bilingui hanno ascoltato storie tratte da Il piccolo principe di A. De Saint-exupery che contenevano numerosi passaggi da una lingua all’altra, ovvero dall’italiano al francese e viceversa. “Tramite la risonanza magnetica funzionale abbiamo fotografato le aree del cervello che si attivavano durante il passaggio tra le due lingue e individuato l’attivazione di alcuni “interruttori” nel cervello. ” - spiega Jubin Abutalebi, ricercatore presso il Dipartimento di Neuroscienze dell’Università Vita- Salute San Raffaele e primo autore del lavoro. – “Si tratta di strutture cerebrali particolarmente importanti: la corteccia del cingolo (una struttura nervosa coinvolta nell’attenzione e nel controllo delle nostre azioni mentali) e il nucleo caudato (una struttura sottocorticale implicata nel complicato processo di inibizione delle azioni). E’ plausibile che per queste specifiche funzioni, tali aree siano cruciali nel meccanismo di controllo delle lingue nei bilingui. ” Questo studio ha anche dimostrato che quanto più si è “esposti” ad una lingua, e quindi la si conosce meglio, tanto più nel nostro cervello si attivano dei sistemi neurali simili a quelli che si attivano usando la lingua madre. “Abbiamo osservato che vi erano differenze significative a livello cerebrale quando i soggetti percepivano il passaggio dall’italiano al francese rispetto al passaggio dal francese all’italiano, ovvero dalla lingua madre alla lingua con maggiore esposizione e viceversa. ” - spiega Daniela Perani, docente di Fisiologia Psicologica all’Università Vita-salute San Raffaele. - “Nel primo caso vi era minor attivazione del meccanismo di controllo delle aree celebrali, mentre nel secondo caso vi era maggior coinvolgimento e quindi maggior attivazione degli “interruttori”. L’esposizione ad una lingua riduce il controllo fatto dal cervello e ne rende più semplice l’uso. E’ molto meglio per ottenere una buona padronanza della seconda lingua essere anche esposti in maniera adeguata a tale lingua, vivendo nel paese di origine, seguendo programmi televisivi o radio, parlando con soggetti nativi, in modo frequente e costante. Solo così, le due lingue si comporteranno nel nostro cervello in maniera sovrapponibile”. Inoltre, questo lavoro porta un contributo sostanziale ad un tema centrale della linguistica teorica contemporanea. Da tempo, i linguisti indagano i modi con i quali le parole si aggregano in unità complesse per formare una frase. Queste unità, chiamate sintagmi, sono stati finora descritti su base linguistica. In questo studio, si è ottenuta una prova originale e molto significativa che i sintagmi hanno anche un preciso correlato neuropsicologico: a seconda che i salti da una lingua all’altra rispettassero o meno la struttura dei sintagmi il cervello dava attivazioni diverse. Un fatto difficilmente spiegabile se i sintagmi fossero solo comodi artefatti descrittivi e non precise realtà neuropsicologiche. Questo duplice risultato, teorico ed empirico, pone questo lavoro sulla scia di un filone che vede il San Raffaele tra i maggiori centri di studio sul linguaggio a livello internazionale. .  
   
 

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