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Notiziario Marketpress di
Lunedì 28 Gennaio 2008 |
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AL PICCOLO TEATRO STREHLER ARRIVA IL TARTUFO DI CARLO CECCHI: QUANTO È ATTUALE L’IPOCRISIA IL GRANDE ATTORE INTERPRETE E REGISTA NEL SUO SESTO MOLIÈRE CON UN CAST D’ECCEZIONE
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Milano, 28 gennaio 2008 - Carlo Cecchi e l’archetipo dell’ipocrisia: dal 12 al 24 febbraio, al Piccolo Teatro Strehler va in scena Tartufo di Molière, prodotto dal Teatro Stabile delle Marche e dal Mercadante Teatro Stabile di Napoli, con la traduzione di Cesare Garboli. Lo spettacolo vede, accanto a Cecchi – che ne firma anche la regia – nel ruolo di Orgone, un cast straordinario e collaudato: Valerio Binasco nei panni di Tartufo, Angelica Ippolito in quelli di Madama Pernella, Licia Maglietta (Elmira), Elia Schilton (Cleante), Antonia Truppo (Dorina). Testo di straordinaria attualità, satira feroce contro l´ipocrisia, la commedia narra le vicende di una famiglia benestante alle prese con uno strano ospite, il Tartufo del titolo, i cui modi di fare e ciò che dice del mondo hanno conquistato la fiducia del padrone di casa. Tartufo – per Cesare Garboli “non un personaggio ma un archetipo” – è figlio di gente povera e, come scrive lo stesso Molière, “avendo pochi mezzi e molta ambizione, senza alcuno dei doni necessari per soddisfarla onestamente, risoluto tuttavia a saziarla a qualunque prezzo, sceglie la via dell´ipocrisia”. Fin dall´inizio, infatti, Tartufo si propone l´esatto contrario di ciò che è; si mostra umile e devoto, restio, sempre, ad accettare doni o favori. Un uomo la cui moralità e valori seducono l’animo di Orgone, che lo erige a modello – oltre che a sua guida spirituale – contro la dilagante corruzione dei costumi e la profonda ipocrisia degli individui. A trent’anni da Il borghese gentiluomo, il primo testo di Molière messo in scena da Carlo Cecchi nel 1976 e ricordando anche Il Misantropo del 1986, l’attore e regista incontra per la prima volta Tartufo, il capolavoro molièriano del 1664, come i precedenti, nella traduzione di Cesare Garboli. Proprio a Tartufo di Molière – l’autore prediletto, che ha accompagnato e nutrito l’intera e intensa parabola intellettuale di Cesare Garboli - si deve l’incontro, nel 1976, tra lo scrittore di Viareggio e Carlo Cecchi: un’amicizia quasi trentennale proseguita fino alla scomparsa di Garboli, nell’aprile del 2004. “Fu Cesare”, spiega Cecchi , “a parlarmi del Tartufo e a darmi la sua traduzione del Borghese gentiluomo. Solo allora, leggendo le sue versioni di testi molièriani, capii che il commediografo francese era l’autore del mio teatro: Molière ha cambiato non solo il mio modo di fare l’attore, ma il mio modo stesso di vedere il teatro”, osserva Cecchi, che con Tartufo ha messo in scena il suo sesto Molière. “Come Shakespeare, il commediografo francese ha scritto per gli attori, e io sono un attore che lavora con altri attori. Cosa c’è di più emozionante e di più esaltante per un attore che accogliere quel dono che, alcuni secoli fa, due attori-autori lasciarono a coloro che sarebbero venuti? Pièce e personaggi che gli attori futuri avrebbero potuto rendere presenti sulla scena”. “Chi è Tartufo lo decidano gli spettatori”, aggiunge Cecchi. “Noi, così com’è implicito nella traduzione di Garboli, oltre che nei suoi numerosissimi scritti su Tartufo, abbiamo cercato di mantenere, alla commedia e al personaggio, la loro sostanziale ambiguità; superando il cliché dell’ipocrisia e vedendo il personaggio di Tartufo anche ‘in positivo’: un servo che usa l’intelligenza e gli strumenti della politica per fare carriera e diventare, da servo, padrone. Ma tutto questo, e le risonanze contemporanee che la commedia e il personaggio possono produrre, è solo attraverso il teatro che lo si può cogliere. Figuriamoci poi in una commedia come Tartufo, dove il teatro è talmente importante da diventarne, forse, il tema principale”. Www. Piccoloteatro. Org . |
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