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Notiziario Marketpress di Mercoledì 30 Gennaio 2008
 
   
  CAMBIA IL CLIMA, L’AGRICOLTURA DEVE “CAMBIAR PELLE” IN UNA CONFERENZA I RISULTATI DEL PROGETTO TRANSNAZIONALE ACCRETE

 
   
  Proprio nei giorni in cui l’Unione europea vara le norme per ridurre la Co2 del 20% entro il 2020, anche a Parma si riflette sui cambiamenti climatici e sul riscaldamento globale, e in particolare sui loro riflessi sul sistema agricolo: un tema di assoluta attualità, reso ancor più urgente dalle proiezioni tutt’altro che rosee per il futuro. Lo si è fatto a Parma, il 28 gennaio mattina a Palazzo Sanvitale nel convegno “I cambiamenti climatici e l’agricoltura”, organizzato dalla Provincia di Parma a conclusione del progetto transnazionale Accrete (Agriculture and Climate Change: how to Reduce human Effects and Threats). Il progetto, guidato dalla stessa Provincia di Parma, ha visto la partecipazione di altri 9 partner europei; avviato nell’ottobre 2005, si è chiuso alla fine del 2007. L’incontro a Palazzo Sanvitale ha costituito l’occasione per illustrare i risultati del progetto Accrete e per affrontare in un orizzonte più ampio, anche in prospettiva, la questione dei rapporti tra cambiamenti climatici e agricoltura. Nel corso dell’appuntamento, aperto dal presidente di Banca Monte Parma Alberto Guareschi, sono inoltre stati presentati interessanti dati su Parma: dati che testimoniano che anche nel nostro territorio si conferma la tendenza complessiva all’aumento delle temperature. “È indubbio che i cambiamenti climatici influiscono molto sull’agricoltura, un’agricoltura che deve mirare ad essere sostenibile e compatibile con le dinamiche dei nostri tempi. È evidente che non è cambiando le nostre buone pratiche a Parma che possiamo pensare di cambiare il clima del mondo, ma è importante che anche noi facciamo la nostra parte: possiamo dare un contributo alla sfida per il miglioramento delle condizioni climatiche del pianeta. E possiamo farlo anche producendo cultura in questo campo: essere capofila del progetto Accrete va in questa direzione”, ha detto in apertura il presidente della Provincia Vincenzo Bernazzoli. “Vogliamo dare applicazione a tutto ciò che in questi mesi è stato raggiunto dal nostro progetto, dal quale possiamo imparare tanto. Anche noi dobbiamo compiere una piccola rivoluzione a vantaggio dell’agricoltura e dell’azienda agricola polifunzionale, e questo lavoro di valenza scientifica può essere estremamente significativo anche per il nostro territorio”, ha aggiunto il vice presidente Pier Luigi Ferrari, che ha approfittato dell’occasione per lanciare un “grido d’allarme” sul calo dei suoli agricoli: “Parma e il suo territorio vivono sull’agroalimentare, ma abbiamo più volte denunciato la continua riduzione di terreno vocato all’agricoltura”. Su questo, tra le altre cose, si è soffermato nel suo intervento anche l’assessore regionale all’Agricoltura Tiberio Rabboni, che ha espresso apprezzamento per il progetto Accrete impegnandosi a diffonderne i risultati. “In una regione come la nostra il cambiamento climatico si avverte molto”, ha spiegato, rimarcando in particolare le pesanti conseguenze degli eventi siccitosi. “Abbiamo un enorme capitale che non possiamo assolutamente compromettere: abbiamo bisogno di compiere uno sforzo di innovazione per continuare a fare agricoltura con meno acqua, con meno energia, con meno chimica. E nello stesso tempo abbiamo bisogno di contribuire come agricoltura a mitigare i cambiamenti del clima. Possiamo farlo attraverso due scelte fondamentali: aumentando le biomasse vegetali e contribuendo a produrre energia elettrica non fossile. Buona parte del nuovo Piano regionale di sviluppo rurale assume proprio questi vincoli”, ha continuato Rabboni, che ha sottolineato l’impegno della Regione Emilia-romagna in materia. Nelle parole dell’assessore regionale, come detto, anche un monito sulla riduzione dei suoli agricoli: “Dall’agricoltura lanciamo un messaggio perché si consumi meno terreno agricolo per altri scopi. Basti pensare che negli ultimi vent’anni la superficie agricola è diminuita quasi del 15%: questa diminuzione, unita all’aumento della superficie impermeabilizzata, drammatizza i fenomeni climatici estremi con i quali siamo costretti a fare i conti”. Significativa, tra gli interventi “ad ampio orizzonte”, la relazione di M. V. K. Sivakumar, a capo della divisione agro-meteorologica della World Meteorological Organization: “L’aumento della temperatura ha un impatto a tutti i livelli: sull’agricoltura, sulla salute, sull’economia, sulle risorse idriche. Si ripercuote su ognuno di noi”, ha detto, passando poi dal piano globale a quello europeo e a quello italiano: “Per quanto riguarda l’agricoltura, in Italia il cambiamento climatico rende necessaria una diversa gestione delle colture: porta ad anticipare le semine e i raccolti. In Italia, paese famoso per i suoi vini, il cambiamento del clima ha ad esempio influssi rilevanti sulla qualità delle uve da vino”. Al convegno sono intervenuti anche Nicola Dall’olio (Provincia di Parma), Francesco Pesce (Regione Basilicata), Antonio Sarracco (Azienda Agraria Sperimentale Stuard), Emanuele Eccel (Istituto Agrario San Michele all’Adige), Federica Rossi (Cnr Ibimet), Anne Storz (Come-s), Maria Carmen Beltrano (Cra-cma), e il direttore Cnr-ibimet Giampiero Maracchi. .  
   
 

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