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Notiziario Marketpress di
Lunedì 04 Febbraio 2008 |
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DEBUTTA AL TEATRO FILODRAMMATICI “UN BANALE INCIDENTE”, L’ACCATTIVANTE COMMEDIA SCRITTA DA ROBERTO LERICI COME IDEALE CONTINUAZIONE DEL TESTO BAGNO FINALE, SUCCESSO DEGLI ANNI SETTANTA.
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Milano, 4 Febbraio 2008 - Si trovano in Un banale incidente tutti i motivi dominanti della produzione di Roberto Lerici, qui concentrati in un unico copione e sviluppati, precisati, portati avanti sino a raggiungere un’incandescente incisività. L’uso del linguaggio, prima di tutto: il gusto per la parola virgolettata; il rosario dei sinonimi, lo sfarfallare tra vocaboli colti e apporti dialettali, presi in prestito dal vocabolario più becero; l’accumulare, accanto a sinonimi o in sostituzione ad essi, rime beffarde nella loro voluta stupidità o assonanze astruse. Tutto questo, non come passeggiata in vertiginoso equilibrio sulla corda tesa del lessico e della parola, ma come strumento primo, cardinale del discorso drammaturgico: le parole ti travolgono come una cascata, ma la loro ragione d’essere è precisa, la loro presenza funzionale. Il ritmo del racconto procede a ondate che si rifrangono sugli spettatori. Il risultato è una commistione riuscita di vari ingredienti: Varietà, Monologo, Commedia Dell’arte, Commedia comica, Racconto noir, Giallo con suspence e, infine, Dramma Psicologico. In Un banale incidente viene narrato l’appassionante “viaggio” nella notte di un uomo, o meglio, di un attore dei nostri giorni. Tutto accade in una notte, appunto, e tutto accade per caso, così sembra. Il pubblico ha già preso posto in platea, mancano pochi minuti all’inizio dello spettacolo. Quando il sipario si apre, il palcoscenico è deserto, la scenografia è ancora tutta da montare, i riflettori sono buttati a terra. Veniamo a sapere dal nostro protagonista che gli attori della compagnia e il camion con le scene sono bloccati da qualche parte, a causa di un banale incidente. Superati i primi momenti di imbarazzo, il nostro attore instaura col pubblico un rapporto privato. Inizia così un viaggio che ci conduce all’interno dell’immaginario, in un gioco pirotecnico acceso dalla fantasia del protagonista. Per compiere questo viaggio l’attore, si servirà delle “maschere” di personaggi famosi e no, presi in prestito alla storia, alla letteratura, al mito o al mondo del teatro, osservato qui con affetto in ogni sua piega. Per la messa-in-scena Massimo De Rossi asseconda la scrittura di Roberto Lerici traendo suggestioni, non solo iconografiche, da un artista belga: Paul Delvaux, un pittore del surrealismo. Con il meccanismo associativo tipico della poesia, non sono le cose, ma le relazioni tra le cose a schiuderci inediti punti di vista, a rivelarci il segreto ‘nascosto’ nel racconto. La scena, di conseguenza, dovrà rappresentare un mondo a-logico, in cui gli oggetti sono manipolati in funzione dell’estraniamento. Scrive Massimo De Rossi: “Potremmo definire questo spettacolo, un viaggio, in cui si alternano sogno e veglia e in cui il protagonista, incapace di tornare alla ‘realtà’, rimarrà spettatore ‘muto’ di un tempo ormai trascorso. Nella seconda parte dello spettacolo, fino al sorprendente finale, assistiamo a un vero e proprio spaesamento temporale, dove i dialoghi – continuamente interrotti - fra i due personaggi della commedia, creano una scissione di carattere psicologico. È come se, sopra il nostro palcoscenico, “invaso” da ritagli di storie, un’improvvisa ventata avesse imposto un suo ordine impercettibile. L’arte di Roberto Lerici è fatta anche di questo: di vento, di squarci colorati, di illusioni comiche. ” E ancora una volta ci rendiamo conto che il riso, la cui potenza eversiva permette di guardare in faccia la crudele assurdità della vita e della morte, che travolge invece chi non è capace di ridere, nasce spesso dalla sconsolata e ferma consapevolezza del male, del disagio. Www. Tieffeteatro. It . . |
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