Pubblicità | ARCHIVIO | FRASI IMPORTANTI | PICCOLO VOCABOLARIO
 













MARKETPRESS
  Notiziario
  Archivio
  Archivio Storico
  Visite a Marketpress
  Frasi importanti
  Piccolo vocabolario
  Programmi sul web








  LOGIN


Username
 
Password
 
     
   


 
Notiziario Marketpress di Lunedì 04 Febbraio 2008
 
   
  TOSCANA: PRECARI DOPO SEI ANNI PIÙ DI METÀ DEI LAVORATORI FLESSIBILI

 
   
  Firenze, 4 febbraio 2008 - «Mentre l’occupazione cresce e la nostra regione ha raggiunto il minimo storico della disoccupazione con il tasso del 3,6% registrato nell’ultimo trimestre 2007, assistiamo al parallelo incremento di modalità di lavoro atipico e flessibile: in particolare il lavoro a termine è passato dal 4% del totale del 1993, al 12,5% del 2006. E, cosa ancora più significativa, oltre il 70% dei nuovi ingressi nel mercato del lavoro avviene oggi con modalità flessibile. Sono dati che ci spingono a concentrare ancora di più i nostri sforzi per una occupazione non precaria e di qualità, su politiche che consentano a tutti i cittadini di trovare non semplicemente un’occupazione ma anche una buona occupazione. E dobbiamo puntare anch! e su iniziative di welfare e su servizi che tendano ad offrire! pari op portunità e diritti a chi lavora in forme flessibili». Così l’assessore all’istruzione formazione e lavoro Gianfranco Simoncini commenta i risultati dell’indagine sul campo condotta dall’irpet sul lavoro flessibile in Toscana. Un’indagine che conferma l’emergere di una crescente area di occupazione debole, meno tutelata, a rischio di precarizzazione. Un fenomeno che ha investito soprattutto le donne e le persone meno giovani, che non viene scelto nella maggior parte di casi ma suibìto, che non si traduce quasi mai in un trampolino di lancio per lavori stabili ma si accompagna sempre più spesso a una serie di rilevanti fenomeni sociali. L’indagine si concentra, in particolare, sul tema della stabilizzazione dei lavoratori precari, monitorando 900 lavoratori temporanei dal 2000 al 2006: a distanza di 6 anni da un avviamento al lavoro con tipologia contrattuale instabile, le trasformazioni in! lavori stabili riguardano meno della metà del campione (48%). Le prime vittime della precarietà sono le donne: solo il 42%, a distanza di 6 anni, lavora in modo stabile, contro il 61% degli uomini. A rischio anche i non più giovani: solo il 43% degli ultra 35enni si è stabilizzato, contro il 51% dei più giovani. E le differenze non sono solo di natura anagrafica ma anche geografica. Fra i sistemi locali della Toscana si riscontrano, ad esempio notevoli differenze: a Rosignano e a Follonica si è stabilizzato, rispettivamente, il 29% e il 48% degli intervistati, contro il 58% di Firenze, il 51% di Santa Croce e il 51% del Mugello. Tra i settori di attività, i percorsi di stabilizzazione più elevati si registrano nell’industria, dove risulta stabilizzata circa la metà degli intervistati, contro quote molto inferiori del commercio (meno del 30%), dei servizi alle persone (22%), degli alberghi e ristoran! ti (21%). «I risultati dell’indagine ci conf! ermano c he la strada giusta è quella che abbiamo intrapreso - dice l’assessore Simoncini - attivando un quadro di iniziative per stabilizzare i lavoratori con contratti a termine, attraverso incentivi alle imprese che assumono a tempo indeterminato donne sopra i 35 anni o lavoratori in mobilità. A queste misure, rifinanziate per il 2008, si affiancano a quelle per prevenire la precarietà del lavoro ed estendere tutele e diritti. E’ il caso del fondo costituito in collaborazione con le banche per l’accesso al credito dei lavoratori atipici». Non meno importante il settore dell’istruzione e della formazione. »Dalla ricerca – commenta Simoncini - emerge chiaramente che, se la laurea rappresenta un caso a parte, possedere o meno un titolo di studio può fare la differenza nella possibilità o meno di trovare un lavoro stabile». E’ per questo che la Regione investe in misura crescente! anche sul fronte dell’istruzione e della formazione, considerando la qualificazione del capitale umano un fattore chiave dello sviluppo. «Per garantire la formazione anche a coloro che non hanno un lavoro a tempo indeterminato ci sono iniziative che prevedono voucher da spendere in corsi ad hoc, sportelli per la consulenza e l´orientamento, una carta prepagata, con un plafond di 2500 euro a persona, per la formazione individuale». In particolare la ricerca evidenzia come le più elevate probabilità di stabilizzazione siano sperimentate dai diplomati (il 53% si è stabilizzato contro il 46% di coloro che non sono in possesso di nessun titolo di studio e il 43% dei laureati). Quanto ai laureati, il discorso è meno lineare: vi sono infatti dei casi in cui la permanenza nel lavoro flessibile è una scelta, fatta per accumulare esperienze in attesa del lavoro cui si aspira. Francesca Giovani, coordinatrice! della ricerca, spiega che la stragrande maggioranza degli int! ervistat i ha risposto di avere un contratto atipico perché non ha avuto altra scelta (82%). Nel 2000 dichiarava di non avere avuto altra possibilità il 54% degli intervistati e nel 2004 il 61%. Appare evidente che i lavori atipici non hanno avuto un effetto trampolino verso un’occupazione stabile, o lameno non allo stesso modo per tutti e ovunque. E’ soprattutto la componente femminile a dichiarare di avere subito un percorso lavorativo flessibile (85% contro il 76% dei maschi). Se il presente è all’insegna dell’instabilità, non è molto diversa la percezione del futuro. Solo il 13% degli intervistati ritiene possibile il raggiungimento di un contratto a tempo indeterminato. A questa scarsa fiducia nel futuro lavorativo, si accompagnano le incertezze relative al welfare: solo il 17% degli intervistati si aspetta, infatti, di percepire in futuro una pensione adeguata, mentre il 60% non crede in questa possibilità. Per la sintesi della ricerca con grafici e istogrammi vai su www. Irpet. It .  
   
 

<<BACK