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Notiziario Marketpress di Mercoledì 06 Febbraio 2008
 
   
  TRENTO: VIA LIBERA AL PIANO SULLA SICUREZZA ALIMENTARE

 
   
  Trento – La circolazione di alimenti sicuri e sani è un aspetto che contribuisce in maniera significativa alla salute e al benessere dei cittadini. Muove da questa considerazione l’approvazione da parte della Giunta provinciale – venerdì scorso - del “Piano sulla sicurezza alimentare per gli anni 2008 – 2010 della Provincia autonoma di Trento”, proposto dall’assessore alle politiche per la salute, Remo Andreolli. Ed il piano è stato al centro di una conferenza stampa del 5 febbraio degli assessori Remo Andreolli e Tiziano Mellarini. Con loro Carlo Costanzi, direttore di divisione Veterinario e Silvio Santarelli, del Servizio Organizzazione e qualità delle attività sanitarie, settore Veterinario. “Fiducia, responsabilizzazione dei produttori, capacità della pubblica amministrazione di essere ausilio nell’elaborare i Piani di controllo della qualità alimentare”: questi, ha detto l’assessore Andreolli “i capisaldi di un Piano, innovativo a livello nazionale, che getta le basi di una profonda innovazione e che introduce una nuova filosofia: non più solo controlli puntuali ma sostegno ai Piani di autocontrollo elaborati dalle stesse aziende produttrici. La tutela del consumatore si conferma perno, la responsabilizzazione delle aziende diventa importante elemento di novità”. L’assessore Mellarini ha sottolineato che “il varo del Piano è una nuova tappa di un percorso già iniziato dal mondo della produzione con le autocertificazioni. Il Trentino conferma così la sua convinta vocazione alle produzioni agricole di qualità e il suo interesse primario nei confronti del consumatore. Sicurezza e qualità vanno di pari passo in questo processo che è inserito nel contesto più grande della globalizzazione economica”. Non è superfluo ricordare che le grandi crisi causate dalla Bse, i polli alla diossina e i pesci al mercurio, i gravi episodi di sofisticazione alimentare, come quelli dell’olio all’anilina e del vino al metanolo, hanno drammaticamente evidenziato le carenze della regolamentazione alimentare in vigore fino a quel momento nella legislazione europea ed hanno fatto comprendere la necessità di sviluppare una più omogenea e penetrante politica di prevenzione nel settore alimentare. Questo lungo percorso ha preso avvio con la pubblicazione del Libro verde sui “Principi generali della legislazione alimentare dell’Unione europea” nel 1997 che sintetizza lo stato della legislazione alimentare comunitaria e nel successivo “Libro bianco sulla sicurezza alimentare” che, pubblicato nel gennaio 2000, evidenzia la necessità di garantire che i prodotti alimentari siano sani e di elevata qualità, attraverso il miglioramento delle norme di sicurezza ed il rafforzamento dei sistemi di controlli lungo l’intera catena alimentare. L’approccio globale, proposto dalla Commissione europea, mira a disciplinare tutti gli elementi della catena alimentare nel suo complesso e quindi nell’intero processo di produzione “dai campi alla tavola”, la sicurezza dei mangimi e il benessere degli animali dai quali gli alimenti derivano. L’approvazione del regolamento (Ce) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi ed i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare, ha chiuso definitivamente una stagione caratterizzata da interventi episodici e non coordinati, imponendo una rivoluzione nel modo di pensare ed agire degli operatori del mercato alimentare. Il regolamento traccia una disciplina di carattere orizzontale, non riferita al singolo prodotto o alla singola fase produttiva, rivoluzionando il sistema della responsabilità delle pubbliche autorità e degli operatori, ed imponendo i principi fondanti in esso enunciati (l’analisi del rischio, il principio di precauzione, la tutela del consumatore, gli obblighi di informazione). La salute del consumatore non è più garantita da strumenti repressivi, che intervengono a posteriori, quando il rischio si è verificato ed il danno si è prodotto, bensì da strumenti che possano garantire una tutela lungo tutta la filiera alimentare, senza lasciare scoperti spazi. Il ruolo assegnato alle autorità competenti dei vari Stati membri è infatti profondamente diverso rispetto al passato. Se da un lato grava su tutti gli operatori del settore alimentare e di quello dei mangimi, garantire il rispetto e gli obblighi previsti dalla legislazione alimentare inerenti alle loro attività in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione e verificare che tali disposizioni siano soddisfatte (articolo 17, paragrafo 1), dall’altro è compito degli Stati membri applicare la legislazione alimentare e controllare e verificare il rispetto delle pertinenti disposizioni da parte degli operatori in tutte le fasi (articolo 17, paragrafo 2), organizzando un sistema ufficiale di controllo e altre attività adatte che abbraccino tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione. I successivi regolamenti del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’aprile 2004, relativi ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali e che stabiliscono norme specifiche per l’organizzazione di controlli ufficiali sui prodotti di origine animale destinati al consumo umano, descrivono con maggiore dettaglio come si debbano interpretare e attuare i principi enunciati con il regolamento. In particolare è previsto che al fine di garantire l’effettiva attuazione delle norme sulla salute ed il benessere degli animali e i controlli comunitari, ciascuno Stato membro elabori un piano dei controlli ufficiali. E il “Piano sulla sicurezza alimentare per gli anni 2008-2010 della Provincia autonoma di Trento”, che la Giunta provinciale ha approvato – si tratta di un corposo documento di 104 pagine - è quindi la risposta alle esigenze di sicurezza evidenziate nella normativa europea e programma i controlli sulle attività economiche che riguardano la produzione di alimenti e di mangimi, la trasformazione di alimenti e le relative attività di commercio e di trasporto, che la Provincia autonoma di Trento è tenuta a garantire. In definitiva, la nuova normativa comunitaria richiede a produttori, trasformatori e commercianti: 1) di applicare "sistematicamente" lo strumento della "analisi del rischio" in "tutti i settori" della produzione, trasformazione, trasporto, commercializzazione di alimenti per l´uomo e per gli animali. Tale tipo di analisi comporta una valutazione complessiva (caso per caso anche interdisciplinare, come sottolineato dalla normativa) dei vari fattori che possono influenzare la sicurezza degli alimenti e una descrizione oggettiva di tale valutazione in appositi piani di sicurezza alimentare per ciascuna attività svolta. Con tale approccio, la Comunità europea, al fine di garantire un elevato grado di sicurezza, affida in primo luogo a tutti i soggetti attivi nel settore (come detto, il sistema globale della capacità istituzionale, con in prima battuta i singoli imprenditori) il compito di rilevare e di ricondurre a un livello prestabilito, socialmente accettabile, i rischi preventivamente individuati, per tipologie generali, a livello comunitario; 2) di fornire una descrizione "oggettiva" (nel Piano di sicurezza alimentare di ogni singola azienda) delle modalità attraverso le quali il singolo processo di produzione viene svolto al fine di garantirne la sicurezza dal punto di vista sanitario; 3) di assicurare la "tracciabilità dei prodotti", come strumento necessario per tutelare sia i produttori che i consumatori. Lo strumento della tracciabilità dei prodotti e quello delle indicazioni geografiche, adottati dalla Comunità europea, rappresentano infatti (soprattutto se, come in parte già avvenuto, troveranno concreto riconoscimento anche a livello internazionale) una rivoluzione nel perseguimento della sicurezza alimentare, in quanto idonei a rivelare come l´utilizzo indebito di un marchio finisca per mettere a rischio allo stesso tempo (anche se per aspetti diversi) sia l´impresa produttrice che il consumatore finale. La gestione della tracciabilità è stata particolarmente utile per la politica agro-alimentare dell´Italia (particolarmente interessata al problema per l´estrema varietà e qualità delle produzioni), tant´è che nel corso dell´anno 2005 la tracciabilità e l´etichettatura obbligatoria delle carni avicole hanno permesso al consumatore (sia italiano che comunitario) di mantenere fiducia nella produzione avicola italiana, pur in presenza dei noti problemi legati al pericolo di influenza aviaria e di possibile pandemia umana. Alla Pubblica amministrazione è richiesto: 1) di effettuare i prescritti "controlli" sui processi di produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti alimentari di origine animale, di animali vivi e di vegetali, sulla base di un dettagliato programma di attività, sviluppato partendo dalla categoria di rischio attribuita a ciascun processo produttivo sulla scorta di un’ "analisi del rischio" delle caratteristiche della tipologia di attività considerata (al fine di adeguare il livello dei controlli al rischio tipico di ogni attività); 2) di assicurare agli addetti al controllo ufficiale livelli di preparazione adeguati a utilizzare le tecniche necessarie a individuare prassi fraudolente e casi di inosservanza dei livelli di tutela prescritti; 3) di monitorare (individuandoli come "oggetto di attenzione") eventuali tipologie di rischio non ancora riconosciute a livello comunitario, al fine della loro tempestiva valutazione da parte dell´Autorità europea per la sicurezza alimentare e dell´eventuale estensione dell´elenco comunitario dei rischi riconosciuti; 4) di fornire riscontri di natura oggettiva (attraverso procedure e report) delle modalità attraverso le quali ispezioni, verifiche, campionamenti ufficiali, audit, sono organizzati e svolti, in modo da consentire una valutazione imparziale del conseguimento degli obiettivi posti; 5) di tenere appositi elenchi delle attività che formano oggetto di registrazione e di riconoscimento (previo accertamento dei requisiti) ai sensi dei regolamenti (Ce) n. 852/04 e n. 853/04; 6) di attivare (in esecuzione dell´obbligo di "trasparenza" introdotto a livello comunitario come componente essenziale del sistema) canali di informazione in grado di dare a "tutti" la possibilità di conoscere le tematiche e le vicende legate con la sicurezza alimentare, al fine di garantire pienamente il raggiungimento imparziale delle finalità di tutela della salute e di funzionamento del mercato. Nel sistema normativo comunitario il dovere di trasparenza assolve infatti ad un tempo a finalità di democraticità e partecipazione e di efficacia ed efficienza del sistema complessivo. Il dovere di trasparenza opera in particolare nei confronti di tutti i soggetti pubblici siano essi Stati membri, autorità responsabili, Autorità per la sicurezza alimentare (Aesa) o Commissione europea, sì da prefigurare un sistema di informazioni "unico", condiviso da parte di tutte le autorità competenti in ambito comunitario e usufruibile anche da parte della generalità della popolazione. La normativa tiene distinta la "comunicazione", effettuata su iniziativa dei soggetti politici per coinvolgere la cittadinanza sulle scelte effettuate o da effettuare a livello politico e l´ "informazione", svolta invece a livello tecnico per corrispondere alle esigenze correlate a una corretta informazione della collettività e, in particolare, per far meglio conoscere e comprendere le scelte già compiute. Nel nuovo quadro normativo comunitario i controlli pubblici ufficiali, pur svolti in precedenza con impegno in base alla normativa previgente, non sono infatti più sufficienti a coprire gli ampi orizzonti perseguiti dalla Comunità, in quanto finalizzati più sul controllo del prodotto finito che sull´analisi del processo di produzione e sulla contestuale individuazione del rischio; compiti innovativi e di "funzionamento complessivo" che vengono ora affidati al sistema della capacità istituzionale e, in primo luogo, alle imprese di produzione. Nella realtà attuale il "controllo pubblico sul prodotto finito" - finora svolto da tutte le varie Asl - finisce quindi per diventare "marginale", in quanto è idoneo a investire "solo" la "risultante" del "processo di produzione" (processo che costituisce invece, nella sua interezza, l´oggetto - ben più ampio - dei nuovi controlli) e, come previsto dal nuovo sistema normativo, deve essere effettuato in maniera più limitata, esclusivamente su "campioni di prodotto" appositamente definiti alla luce dell´analisi del rischio dei singoli processi di produzione. Il nuovo sistema di sicurezza richiede ovviamente, per funzionare al meglio, la piena collaborazione di tutti e, in modo decisivo, degli operatori economici e dell´amministrazione pubblica (sia comunitaria, che nazionale e regionale). Con questa collaborazione sarà possibile raggiungere importanti obiettivi: il pieno funzionamento del "mercato interno comunitario" degli alimenti, degli animali vivi e delle piante; il rispetto degli obblighi di circolazione posti dagli accordi internazionali nell´ambito dell´Organizzazione Mondiale del Commercio (Omc), del Codex Alimentarius, dall´Ufficio Internazionale delle Epizoozie (Oie) e dalla Convenzione Internazionale di Protezione delle Piante (Ippc); il mantenimento (o, se necessario, il ristabilimento) della fiducia dei consumatori negli approvvigionamenti alimentari e nell’efficacia dei controlli sugli alimenti; il conseguimento di sempre migliori condizioni di sicurezza e, insieme ad esse, di maggiore qualità ed efficienza delle produzioni, al fine di consentire alle imprese di muoversi adeguatamente sui mercati interni e su quelli internazionali con la garanzia di controlli equi e uniformi da parte delle Autorità competenti dei diversi Stati membri. .  
   
 

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