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Notiziario Marketpress di Giovedì 21 Febbraio 2008
 
   
  ISTI/CNR: NOTA SUL SATELLITE USA-193

 
   
  Pisa, 21 Febbraio 2008 - Il satellite spia americano Usa-193, entrato in avaria subito dopo il lancio, avvenuto dalla base Usaf di Vandenberg, in California, il 14 Dicembre 2006, si appresta a rientrare senza controllo nell’atmosfera terrestre. Le caratteristiche fisiche e l’orbita del satellite in questione, probabilmente un E-305 sviluppato dal National Reconnaissance Office (Nro) per riprendere immagini radar ad alta risoluzione, sono coperte dal segreto, ma l’oggetto può essere osservato, in condizioni di illuminazione favorevoli, anche a occhio nudo. Alcuni astrofili1 specializzati nell’osservazione dei satelliti artificiali hanno potuto quindi determinarne la traiettoria e le dimensioni approssimative, accertando anche che i grandi pannelli solari, che avrebbero dovuto alimentare il potente radar di cui il satellite è dotato, non si sono mai aperti. Sulla base delle orbite più recenti e delle dimensioni ricavate dagli astrofili2, è stato possibile modellare il decadimento orbitale osservato e ricavare il parametro balistico dell’oggetto. In particolare, assumendo una superficie media di 16,5 m2 rispetto al flusso di molecole di atmosfera che sta sottraendo progressivamente energia al satellite, è stato possibile stimare con ragionevole accuratezza la massa di quest’ultimo, pari a circa 2800 kg. Questo valore, che include circa mezza tonnellata di propellente (idrazina), è consistente con le prestazioni del razzo vettore utilizzato per il lancio (un Delta Ii 7290) e con le caratteristiche dell’orbita iniziale (351 × 367 km, inclinata di 58,5 gradi rispetto all’equatore). Attualmente il satellite percorre un’orbita leggermente ellittica, a un’altezza media3 di circa 250 km. Se non sarà intercettato e distrutto da un missile Sm-3 nei prossimi giorni, le nostre ultime stime ne prevedono il rientro negli strati più densi dell’atmosfera intorno al 12 Marzo 2008, con l’incertezza di 5 giorni in più o in meno (livello di confidenza del 90%). La massa e le esperienze precedenti ci portano a stimare in circa 1 su 1000 (10-3) la probabilità che qualcuno venga colpito da uno dei frammenti in grado di sopravvivere al rientro e raggiungere il suolo (il livello di attenzione, per eventi di questo tipo, è comunemente fissato a 10-4 Non disponendo di informazioni sulla struttura del veicolo spaziale e sui sottosistemi che lo compongono, non è possibile formulare previsioni dettagliate sui componenti in grado di sopravvivere al rientro. Ma in base alle esperienze passate è ragionevole attendersi che circa una tonnellata di frammenti potrebbe raggiungere la superficie terrestre4. L’area potenzialmente a rischio è a priori tutta quella compresa tra i 58,6 gradi di latitudine nord e sud, che include quasi l’intera popolazione del pianeta. Se nei prossimi giorni – verosimilmente tra il 21 e il 24 Febbraio – il satellite non sarà intercettato e distrutto da un missile Sm-3 sparato da un incrociatore Aegis al largo delle Hawaii, i suoi detriti si distribuiranno su un’area lunga alcune centinaia di chilometri e larga alcune decine, con il lato maggiore orientato nella direzione del moto. Le velocità di impatto saranno comprese, a seconda della massa, delle dimensioni e delle proprietà aerodinamiche dei frammenti, tra i 50 e i 500 km/h e la direzione di caduta coinciderà praticamente con la verticale locale. In altre parole, ignorando i venti, la componente orizzontale del moto sarà trascurabile. Allo stato attuale delle conoscenze, basate su fonti pubbliche, indizi circostanziali e normative internazionali, il satellite Usa-193 non dovrebbe essere equipaggiato con generatori a radio-isotopi. Il Pentagono ha però rivelato che si trovano ancora a bordo circa 500 kg di idrazina ghiacciata, all’interno di un serbatoio sferico di 1 metro di diametro. Questo propellente, destinato alle manovre orbitali e di assetto, è altamente tossico, reattivo ed esplosivo, ma generalmente si disperde o brucia durante il rientro. In questo caso, tuttavia, il fatto che sia presente in così grande quantità e che si sia nel frattempo congelato, potrebbe limitarne la fuoriuscita dopo la perdita di pressurizzazione da parte del serbatoio, in grado comunque di arrivare sostanzialmente intatto al suolo. Esisterebbe quindi la concreta possibilità che il serbatoio possa toccare terra con una non trascurabile quantità di idrazina ghiacciata al suo interno. Il quadro della situazione dovrà comunque essere aggiornato sulla base dell’esito del tentativo di intercettazione. Diversi sono gli scenari post-evento possibili, ma in generale ci si dovrebbe attendere una riduzione del rischio (già basso) per gli abitanti del nostro pianeta. .  
   
 

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