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Notiziario Marketpress di Lunedì 25 Febbraio 2008
 
   
  L’ EMILIA ROMAGNA PRESENTA IL PTR ALLA COMUNITÀ PIACENTINA

 
   
   Piacenza, 25 febbraio 2008 - La Regione è sbarcata il 19 febbraio a Piacenza per raccogliere idee utili a meglio definire il suo Piano Territoriale (Ptr), e non se ne è andata a mani vuote: molte le proposte, le indicazioni, le sollecitazioni, venute da più parti, all’incontro che Vasco Errani e molti componenti della sua Giunta hanno avuto, nella sede del Politecnico di via Scalabrini, con i rappresentanti di pressoché tutte le componenti della nostra comunità (pubbliche istituzioni, mondo economico, rappresentanze sociali). L’incontro di Piacenza (Una regione attraente: verso il Piano territoriale regionale, questo il titolo) è una delle tappe del tour che la Giunta regionale sta compiendo in tutte le province emiliano romagnole per illustrare il Ptr e avere dalle comunità locali indicazioni utili a “calibrarlo”. Il Ptr, ricordiamo, è il documento del quale, quando sarà approvato, si dovrà tener conto per ogni intervento, di qualsiasi genere, che si realizzi in territorio regionale. Si fonda su basi e muove da presupposti che sono largamente condivisi anche a livello locale. Lo ha ribadito, nel suo intervento all’incontro, il Presidente della Provincia Gianluigi Boiardi. Boiardi: Verso Una Dimensione "Glocal" “Il nuovo piano di coordinamento provinciale che la Provincia sta definendo – ha detto il Presidente – si pone gli stessi obiettivi del Ptr: innovazione, sviluppo sostenibile, questione ambientale, miglioramento del posizionamento territoriale nel contesto internazionale, riordino Istituzionale nel quadro di una rinnovata governance”. Boiardi ha richiamato il ruolo svolto dalla Provincia all’interno della Consulta delle Province del Po (organismo che sarà presente nel comitato che dovrà gestir eil finanziamento Cipe di 180 milioni di euro per la valorizzazione del Po) ed i progressi compiuti in questi decenni dalla comunità regionale e da quella piacentina, quest’ultima anche e soprattutto grazie alla sua posizione geografica strategica. Che la pone in grado, tra l’altro, di sfruttare al meglio le occasioni che le vengono offerte dalla nuova forma organizzativa che va assumendo il pianeta: “una forma sempre più glocal – ha detto Boiardi -, dove le due dimensioni, locale e sopranazionale, si stanno fondendo. Il glocal è una nuova forma organizzativa caratterizzata dalla messa in crisi delle istituzioni tradizionali a prevalente base territoriale e dall´emergere di istituzioni "funzionali" metaterritoriali. I luoghi in questa nuova realtà si configurano – ha detto il Presidente - come "nodi locali di reti globali", nei quali sono appunto le istituzioni funzionali (Università, Camere di Commercio, Fondazioni etc. ) a svolgere un ruolo decisivo. Piacenza, sfruttando la centralità della sua posizione, siede nel consiglio direttivo della Fondazione delle Province del Nord Ovest. Lo scopo è costituire una rete organizzata di relazioni politiche tra le Province del Nord-ovest, per elaborare e realizzare una strategia comune, inserita in un piano strategico del Nord-ovest, su temi condivisi e di interesse generale”. Boiardi ha poi richiamato la vocazione “logistica” della nostra provincia, vocazione che la Regione sta valorizzando co iniziative adeguate, ed ha insistito sulla necessità di consolidare i legami tra i soggetti formativi, le università, i centri e i laboratori di ricerca e le imprese più innovatrici. “Alla Regione – ha continuato - chiediamo di favorire la piena integrazione e il riconoscimento delle due Università presenti a Piacenza nel sistema universitario regionale, sostenere l’attività e lo sviluppo dei due laboratori di ricerca e trasferimento tecnologico Musp e Leap ed il nuovo polo formativo superiore della logistica e trasporti, prestare particolare attenzione alle iniziative nel comparto agroalimentare, riconoscendo e sostenendo le produzioni tipiche locali ottenute nei territori più svantaggiati della collina e montagna (vitivinicoltura e microfiliere zootecniche)”. Dopo aver ricordato che il disegno territoriale della nostra provincia non può prescindere dalla considerazione di due nostri elementi distintivi, il fiume Po e l’Appennino, il Presidente ha concluso ricordando che “occorre ragionare e lavorare insieme, trovare una nuova “vision” comune che superi i confini provinciali, per avere tutti maggiori possibilità di successo, rendere le nostre società più aperte e flessibili, e dunque maggiormente in grado di governare i cambiamenti e di essere protagoniste in Europa e nel mondo. Per questo motivo qualche mese fa le province di Piacenza, Parma, Reggio-emilia e Modena hanno sottoscritto un documento di intenti che le impegna a lavorare insieme su grandi temi comuni, il Po, l’appennino, le infrastrutture di comunicazione stradali e ferroviarie, lo sviluppo del sistema produttivo, (in particolare la meccanica, l’agroalimentare, i distretti), l’integrazione con il sistema delle università e dei luoghi di produzione dell’innovazione più in generale”. Gli Altri Interventi Della Mattinata Numerosi gli interventi durante la mattinata. Tra i tanti, quelli del Sindaco di Piacenza Roberto Reggi, che ha ricordato quale occasione rappresenti per Piacenza la possibilità di disporre di ampie aree militari dismesse, che potranno essere utilizzate per migliorare la qualità dell’ambiente urbano. Paolo Rizzi, direttore del laboratorio di sviluppo locale dell´Università Cattolica, ha definito la Regione Emilia Romagna un bel cavallo di razza che corre, in economia, nello sviluppo sociale, nelle politiche territoriali. Con il Ptr si assiste al passaggio dal policentrismo al sistema regionale. Le Parole chiave degli indirizzi sono: attrattività, qualità della vita, innovazione, conoscenza. C’è urgenza di strategie esplicite per la sostenibilità e la qualità urbana; di politiche selettive di valorizzazione della progettualità locale (di pianificazione strategica); di politiche capaci di attuazione rapida; di obiettivi misurabili; e di un nuovo branding regionale. Serve rafforzare le specializzazioni locali (meccatronica, agroalimentare, energia, logistica, vino); riconoscere il ruolo del polo universitario piacentino; supportare anche economicamente Vision 2020. Gli ostacoli da superare sono: l’attuazione del Piano Strategico; il governo dello sviluppo logistico; il governo delle politiche di marketing territoriale; lo sviluppo universitario. Tiziano Rabboni, assessore regionale all´Agricoltura, ha sottolineato come l’agroalimentare piacentino sia quello cresciuto di più in regione per quanto a valore aggiunto e concorra con valori di prima grandezza al buon andamento del settore agroalimentare emiliano romagnolo. Cresce per tre motivi endogeni: 1. Abbiamo dimensione media aziendale più alta rispetto alla media regionale e delle altre province (ottimizzazione costi e fattori produttivi); 2. Concentrazione di alcune produzioni importanti in logiche distrettuali: pomodoro da industria, vino, grana padano e salumi tipici piacentini; 3. Relazione molto stretta tra agricoltura e trasformazione alimentare (vino, salumeria e grana padano). Una crescita durevole dell’agroalimentare piacentino deve essere impostata nel consolidamento di queste tre peculiarità, che connettono il settore con i grandi nodi del futuro: qualità, identità, governo dell’offerta nell’ambito delle filiere, e internazionalizzazione. Gli strumenti pubblici su cui puntare sono due: 1. Il programma regionale di sviluppo rurale (la ripartizione delle risorse sulla provincia di Piacenza è pari a 68milioni di euro cui si aggiungerà una quota di finanziamenti per progetti di filiera per un ulteriore budget di 160milioni di euro da distribuire tra le province). Le valutazioni saranno selettive: progetti innovativi e concertazione tra azione pubblica e soggetti privati; 2. Le nuove organizzazioni comuni di mercato europee sull’ortofrutta e il vino. Piero Bassetti, presidente di “Globus et Locus” (associazione che studia le conseguenze della “glocalizzazione”), ha indicato nel localismo, nel regionalismo e nel globalismo le parole chiave di un territorio che deve ripensarsi. Oggi la sfida di tutti i regionalismi è recepire la nuova dimensione che va oltre lo stato nazionale e che è quella globale (per noi l’Europa). E’ la dimensione di questo nuovo rapporto tra locale e globale che dobbiamo sviluppare reciprocamente: è importante porre il rapporto tra locale e globale in un’Europa che non sarà quella degli Stati nazionali ma farà inevitabilmente riferimento alle Regioni: il centralismo è infatti tramontato irreversibilmente con la fine dello Stato nazionale. Il Ptr è interessante quando sostiene di passare da funzione di sostegno a funzione di sistema, che deve fare riferimento ai nuovi sistemi che, con la caduta dei confini, si propongono come sistemi del terzo millennio. Per andare in Europa c’è una sola dimensione, quella del Nord Italia. Il rischio tuttavia è che ce ne siano due: quella della vecchia composizione regionale, microregionale, nella quale anche la Lombardia è inadeguata; e la vera dimensione, quella Padana, con cui possiamo insieme proporci in Europa. Il presidente Boiardi ha colto questa esigenza, ponendo il problema delle reti: c’è una rete micro, provinciale e comunale; una regionale istituzionale; ci sono poi dimensioni medie o medio lunghe, una delle quali è quella Padana e quella Europea. Come raccordiamo queste reti? Le Province, con l’idea della Fondazione del Nord Ovest, hanno affrontato questo tema: le Regioni sono sfidate, ma possono raccogliere la sfida solo se utilizzano la metodologia di un sistema intrinsecamente aperto, dove posizioni critiche come Piacenza trovano una sistemazione. Emilia o Lombardia? Piacenza è Piacenza, la logistica di Piacenza in gran parte è logistica italiana, ma in certa misura è milanese a dimostrazione che le reti trascendono i confini amministrativi. Ha seguito gli interventi, coordinati dall’assessore regionale alla protezione civile Marioluigi Bruschini, una tavola rotonda su mobilità e infrastrutture coordinata dal sociologo Aldo Bonomi ed alla quale hanno partecipato Alfredo Peri, assessore regionale mobilità e trasporti, Luigi Merlo, presidente Autorità portuale Genova, Giampio Bracchi, presidente Aifi di Milano, Carlo Merli, vice presidente Istituto Trasporti Logistica, Orazio Iacono, responsabile direzione compartimentale Fs Rfi Bologna. La Seduta Pomeridiana Nel pomeriggio, i lavori si sono aperti con l´incontro “Energia per il Territorio”, coordinato da Aldo Bonomi, durante il quale sono intervenuti l´assessore regionale Duccio Campagnoli, il direttore generale di Arpa Emilia Romagna Alessandro Bratti, il presidente C. D. S. A2a Renzo Capra e il presidente della Leap di Piacenza Stefano Consonni. Subito dopo è stata la volta di Guido Bertolaso, capo dipartimento della Protezione Civile: “Il ruolo della tutela del territorio è centrale in qualsiasi programmazione economica, sociale e politica che si voglia realizzare – ha detto: questa Regione ha sicuramente fatto passi avanti significativi in questa direzione. Pochi mesi fa, contestualmente al Congresso Nazionale del Po, 300 mm di acqua si sono abbattuti nell’arco di 36 ore sul territorio. Non se ne è accorto nessuno perché è stata fatta una grande opera di prevenzione e messa in sicurezza del territorio, fortemente voluta dalle autorità che governano questa regione, questa provincia”. “Con la prevenzione – ha proseguito Bertolaso - si realizzano molte opere importanti anche se forse non si riescono ad ottenere voti nell’urna. Ma questo è il bello della protezione civile: fare interventi in termini di sicurezza che escludano conseguenze dal punto di vista politico. Abbiamo difficoltà a far comprendere che, con una serie di investimenti, si possono fare opere di messa in sicurezza fondamentali. Oggi, il livello del Po ha una portata di metri cubi al secondo che ricorda il periodo di luglio o agosto. E’ oltre un anno che tutta l’asta del Po è in sofferenza gravissima, il governo ha dichiarato lo stato di emergenza perché anche i mesi invernali e la prossima primavera saranno complicati. Una situazione critica che tuttavia non ha messo in ginocchio questo territorio, che si gestirà anche nei prossimi mesi, perché questo lavoro di pianificazione, programmazione, condivisione dei ruoli e delle responsabilità ha consentito al sistema di mettere da parte individualità e interessi specifici e valorizzare l’interesse comune dei territori. Collegato a questo ragionamento è la crisi idrica: essenziale a questo proposito, lo studio di fonti rinnovabili e alternative e di informazione ed educazione della cittadinanza sull’uso intelligente e sul risparmio, ove possibile, delle risorse di cui disponiamo sul piano energetico e dell’acqua. La realtà nazionale oggi viaggia a diverse velocità: c’è chi sta in folle e chi va avanti a tutta forza. Questo è un problema che la Protezione Civile e il Governo dovranno affrontare: appena al di sotto di questa regione, 300 mm di acqua significano vittime e conseguenze incalcolabili per il territorio. L’emilia Romagna è una regione attraente: vorrei che potesse calamitare in alcune realtà del Mezzogiorno del Paese la capacità emiliana di organizzare e programmare. Oggi vi sono regioni che devono ricorrere alla Protezione Civile per risolvere il problema della costruzione di alcune strutture ospedaliere o altri problemi che non sono di nostra competenza: ma non è un titolo di merito per chi, come noi, dovrebbe occuparsi di fare prevenzione o di emergenze. E’ importante riuscire a individuare nuovi sistemi, meccanismi e modalità perché la realtà del nostro Paese - che continua a frammentarsi invece di aggregarsi - possa essere affrontata e si riesca a riorganizzare tutto il sistema. Nell’arco di dodici mesi si è fatto un lavoro estremamente significativo perché non solo si è individuata la base logistica della protezione civile del Nord Italia, ma si è indicato in Piacenza un punto di riferimento per tutto il sistema, sfruttando le risorse logistica, stradali, aeroportuali, anche fluviali, avvalendosi delle disponibilità che ci ha messo a disposizione la Provincia e il Consorzio Agrario. Si partirà da qui per ragionare su come organizzare gli altri modelli: perché sta finendo il tempo di lavorare e agire secondo le diverse competenze. Bisogna capire che oggi il mondo cambia e noi dobbiamo essere in grado di rispondere alle esigenze, lavorando più per funzioni che per competenze. Dobbiamo riuscire a impostare anche la funzione pubblica in base alla cultura non delle competenze ma dei risultati. Lavorare per funzioni significa lavorare in squadra, per sistema. Troviamo ancora grandissime resistenze, ma la Protezione Civile nazionale segue questa nuova scuola ed è pronta a stringere alleanze con quelle realtà che hanno capito come si deve lavorare sul territorio per programmare il futuro. E’ questo il vero significato del protocollo che abbiamo firmato oggi con la provincia di Piacenza”. Vasco Errani: I Contenuti Del Ptr Sui contenuti del Ptr si è in particolare soffermato Vasco Errani, presidente della Regione Emilia Romagna: “Stiamo cercando di sperimentare un percorso partecipativo. La conclusione non sarà quella di alcune interpretazioni giornalistiche. Noi stiamo cercando di fare un confronto vero: non abbiamo le risposte precostituite e questo, in un confronto politico spesso astratto e demagogico, può apparire strano e originale. Il percorso che abbiamo avviato non è, e non ha, un risultato già scritto e prevede una partecipazione reale con alcuni obiettivi irrinunciabili. Vogliamo costruire una visione condivisa, una visione per il futuro senza dirigismi, senza stabilire nuove gerarchie territoriali. L’ambizione è di interpretare la modernità per esprimerne un punto di vista, per le caratteristiche nostre e per i valori nostri. Senza subalternità e per fare questo abbiamo bisogno di sapere chi siamo, meglio di ciò che ci capita di ascoltare o di dirci reciprocamente. A che punto siamo, cosa abbiamo fatto e dove vogliamo andare. Siamo di fronte a scelte molto importanti, non rinviabili: la prima è di fare i conti con una crisi reale della democrazia non solo nel nostro Paese, in tutte le democrazie occidentali c’è un problema di crisi e per fortuna se ne discute non in modo provincialistico come in questo Paese. Se ne discute per continuare ad essere un sistema territoriale competitivo e qualitativo. E’ stato detto oggi che il benessere non è una conquista una volta per sempre. Il mondo è cambiato, cambierà rapidamente, nessuna gerarchia territoriale è definita una volta per sempre, tanto più oggi e tanto più per noi che siamo a livelli alti. Dobbiamo fare presto ad affrontare i nodi. Abbiamo raggiunto in questi anni risultati in questo territorio straordinari, sia dal punto di vista economico che sociale. Questa è la Regione in Italia dove la differenza tra reddito medio pro capite è la più stretta di tutto il resto del Paese. Ma il nostro problema è avere la piena consapevolezza che ciò che abbiamo raggiunto non ci consente di fermarci o affrontare solo il problema della ridistribuzione delle risorse nel territorio. Dobbiamo produrre nuove risorse, nuovo consenso per essere all’altezza della situazione, affrontando le vecchie e le nuove contraddizioni: la questione ambientale e quella demografica. E’ un discorso culturale quello che ci deve interessare: siamo presi tra una forbice di due risposte perdenti. La paura del cambiamento, segno dominante delle nostre realtà e la sua risposta: la chiusura autarchica, nella propria ricchezza o l’individualismo di una società che cerca di proteggere ciò che ha conquistato (così chi si arricchisce si arricchisce di più e chi si indebolisce si indebolisce di più). C’è un’altra strada, quella della comunità, come luogo per elevare la competizione, per superare le vecchie antinomie: società, welfare, economia. Quando si parla del bilancio sociale dell’impresa si parla di questo. Qual è l’identità dell’Emilia Romagna? Scommettere sulla comunità. Il tema è come riuscire a garantire qualità nello sviluppo e la sua sostenibilità in una competizione che ci misurerà su questo. Il mio valore aggiunto ingloberà la qualità ambientale, perché sarà un fattore competitivo di quel prodotto. Questo è il Ptr, sapere decidere se davvero vogliamo giocare questa partita: ambiente, sviluppo, innovazione tecnologica, ricerca, sapere, economia della conoscenza. Credo sia finito il tempo in cui si ragiona di Pil in modo generico: è un indicatore ignorante. Io voglio sapere il livello di spesa che immettiamo nella ricerca e nell’innovazione e voglio capire come affrontare il problema di uno sviluppo che domanda lavoro e che ha una rendita immobiliare tanto alta che l’affitto di una casa copre l’80per cento del salario di un lavoratore. Il Ptr è il tentativo di ricostruire una visione, di dimostrare non ce qui è possibile fare qualcosa perché siamo geneticamente diversi: è il contrario. Qui si fa qualcosa nella chiave di un’innovazione profonda di questo Paese, del suo modo di essere governato perché si fanno politiche utili e praticabili in tutto il Paese. Il punto è costruire una classe dirigente che sia in grado di avere la responsabilità di fare le scelte nei tempi e nei modi giusti per rispondere ai problemi della società. Il primo problema è la governance, un termine vecchio e insopportabile. 1. Vogliamo fare un passo avanti rispetto al policentrismo. Solo un pazzo potrebbe pensare in questa regione di cercarne l’omologazione o una classificazione gerarchica tale da limitare le sue eccellenze. Abbiamo bisogno di fare un passo in avanti: il policentrismo, che è stato una grande risorsa, oggi ha bisogno di cambiare i risultati strutturali della competizione, ha bisogno di massa critica: di reti e di sistemi, aperti alla portata di tutti. Il nostro problema non è di quante fiere fa Piacenza, Parma, Bologna o Rimini, ma qual è il nostro livello competitivo nel sistema fieristico internazionale. Abbiamo bisogno di massa critica, perché la grande novità del glocal è che per competere competono sempre più i sistemi territoriali, non la nazione in quanto tale, con i suoi valori economici, sociali, ambientali. L’acqua andrà dove il cavallo beve, a prescindere dai territori: bisogna ragionare per funzioni. Una realtà come Piacenza ha solo da fare dei passi in avanti, perché ha le caratteristiche di un territorio che ha una condizione geografica storica di innovazione e di logistica. E’ una realtà che ha solo da guadagnarci in un sistema simile. 2. Vogliamo imparare a governare senza e prescindendo dai confini amministrativi così come sono. E’ una grande sfida, ma questo è il futuro. Se vogliamo governare il problema dell’acqua non ci seguono i confini amministrativi ma i bacini idrici. Voglio costruire sistemi volontari di decisione dei soggetti che ci sono, facendo leva sui comuni e sulle province. Noi ci stiamo muovendo in questo e proponiamo che si muovano tutti in questa direzione. La politica deve ritornare nei suoi confini, ma deve assumere molta più autorevolezza. Una democrazia con una cattiva politica è una democrazia debolissima. Anche questa è una sfida che dobbiamo prendere sulle nostre spalle. 3. Non dobbiamo semplificare troppo. Anche la società ha dei limiti: la crisi della rappresentanza riguarda tutti. E il cambiamento riguarda tutti i soggetti che fanno parte in una visione allargata della classe dirigente. Dalla percezione di chi svolge una funzione di rappresentanza coprendo quel vuoto di efficienza nella pubblica amministrazione. Dobbiamo costruire nuovi strumenti di democrazia partecipativa, più fondati sulla conoscenza, sul merito, sulla capacità di costruire anche nel conflitto luoghi di sintesi che non siano legati solo alla politica. Dobbiamo ridare alla società i termini per assumere orientamenti, per decidere. In questo quadro, le scelte che facciamo dal punto di vista del merito: abbiamo un´opportunità grande. Le risorse regionali, europee 2006-2013 e le risorse nazionali. Vogliamo costruire un accordo territoriale con le forze economiche sociali, con le istituzioni e decidere il disegno strategico: dove mettiamo queste risorse e a che fine. Vogliamo uscire dalla logica della spesa a pioggia e rientrare in quella della programmazione per fare rete e sistema in modo da essere competitivi anche tra dieci anni. Tutti siamo pro tempore, questa regione no. E allora dobbiamo dare futuro: investiremo sulla riqualificazione urbana per fare di Piacenza dal punto di vista della qualità urbana e della bellezza nella capacità di questa classe dirigente di lasciare qualche segno urbanistico. Logistica non come retroterra di un porto: la visione della logistica come occupazione di territorio a basa intensità di occupazione è una visione poverissima. E’ uno dei fattori decisivi oggi e ancora più domani, che catalizzerà una parte rilevante di valore aggiunto e di conoscenza. E qui avere una vocazione simile con gli investimenti fatti è una grande opportunità. Dobbiamo diventare esempio nazionale sull’uso dell’energia solare, sulla riconversione dell’edilizia a partire dagli edifici pubblici. Il welfare non è una spesa, è un investimento. C’è una nuova economia da costruire. La mia idea non è un welfare dei servizi: voglio un welfare delle persone, che istituzionalizzi sempre meno e investa sulla domiciliarità, su una pluralità di soggetti pubblici, no profit, privati, che dentro ad una programmazione integrata del territorio offrano soluzioni sempre più mirate. Stiamo facendo l’esperienza più avanzata in questo Paese di un incrocio tra territorio, bisogni e persone. Vogliamo cominciare a lavorare sulla sanità non in chiave ragionieristica: non è un valore la dispersione di domanda sui farmaci e sulla specialistica. Dobbiamo far crescere la comunità per fare scelte di appropriatezza. Vogliamo essere la Regione che dimostra che il sistema universalistico è possibile. Se devo garantire le migliori tecnologie devo crescere la cultura perché la sanità non è un mercato, non va consumata, richiede appropriatezza. In questi anni abbiamo fatto lavoro straordinario di manutenzione e messa in sicurezza del territorio: abbiamo risorse che possono raddoppiare per la montagna. Adesso la sfida è non cercare la via meno assistenziale, ma scegliere ciò che può divenire motore di sviluppo per la montagna, lo strumento che può far crescere in modo forte quel territorio. Cominciamo laddove ci sono le migliori condizioni, non vallata per vallata. Altra cultura della governance è la cultura del risultato, perché questo può convincere le comunità ad essere più comunità. Possiamo vincere questa sfida”. .  
   
 

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