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Notiziario Marketpress di Lunedì 25 Febbraio 2008
 
   
  GIUSTIZIA EUROPEA: SENTENZA IN MATERIA DI APPALTI

 
   
  Il 21 febbraio nella causa C-412/04,commissione delle Comunità europee contro Repubblica italiana è stata pronunciata la sentenza della Corte di Giustizia europea. Le direttive sugli appalti pubblici 92/50 (servizi), 93/36 (forniture), 93/37 (lavori) e 93/38 (appalti nei settori di acqua e energia, trasporti e telecomunicazioni) sono state adottate ai fini della realizzazione del mercato interno, spazio senza frontiere interne nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali. Esse mirano a eliminare pratiche che restringono la concorrenza e limitano la partecipazione dei cittadini di altri Stati membri agli appalti pubblici per dare attuazione alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi. Gli appalti di servizi possono includere lavori e un appalto può essere considerato appalto pubblico di lavori soltanto se il suo oggetto consiste nel realizzare un’opera. Se tali lavori accessori e non costituiscono l’oggetto dell’appalto essi non possono giustificare la classificazione del contratto come appalto pubblico di lavori. In Italia, gli appalti di lavori sono disciplinati in Italia dalla cd. Legge Merloni (109 dell’11. 2. 1994). La Commissione – in seguito ad una serie di denunce - ha attaccato dinnanzi alla Cgce alcuni aspetti della legge, in quanto incompatibili con la normativa comunitaria. La Legge Merloni intende per lavori pubblici le attività di costruzione, demolizione, recupero, ristrutturazione, restauro e manutenzione di opere e impianti e si applica ai contratti misti di lavori e forniture o di servizi nonché ai contratti di forniture o servizi che comprendono lavori accessori qualora questi ultimi assumano rilievo superiore al 50% (art. 2, comma 1). La Commissione ha sostenuto che il regime applicabile agli appalti misti deve dipendere dall’oggetto principale dell’appalto, determinato inter alia, ma non esclusivamente, dal valore delle diverse prestazioni. Assoggettando alla disciplina sugli appalti pubblici di lavori i contratti nei quali la componente lavori è prevalente dal punto di vista economico, pur avendo tuttavia carattere accessorio rispetto alle altre prestazioni, la conseguenza sarebbe la sottrazione di numerosi appalti di servizi e forniture con un valore stimato superiore alle soglie d’applicazione stabilite dalle direttive 92/50 e 93/36, ma inferiore a quella prevista dalla direttiva 93/37, all’applicazione della pertinente disciplina comunitaria. La Corte conferma che il campo di applicazione della direttiva 93/37 è collegato all’oggetto principale del contratto, il quale deve determinarsi in base ad un esame obiettivo dell’insieme dell’appalto ed alla verifica delle prestazioni essenziali e di quelle solo accessorie: il valore rispettivo delle varie prestazioni è solo un criterio fra altri da prendere in considerazione. La Legge Merloni esclude dal suo campo di applicazione gli interventi eseguiti direttamente dai privati a scomputo degli oneri di urbanizzazione egli interventi a questi assimilabili. Qualora l’importo delle opere, considerate individualmente, ecceda la soglia comunitaria, i soggetti privati sono invece tenuti ad affidare le stesse nel rispetto delle procedure previste dalla direttiva 93/37 (art. 2, comma 5). La Commissione ritiene che per determinare se tale soglia sia raggiunta, occorre calcolare il valore complessivo dei lavori e/o delle opere che rientrano nella convenzione stipulata fra il privato e l’amministrazione, poiché tali lavori e/o tali opere devono essere considerati come lotti distinti di un unico appalto. Per la Corte, la realizzazione diretta dell’opera deve pertanto essere assoggettata alle procedure previste dalla direttiva 93/37. Inoltre, quando un’opera è ripartita in più lotti ciascuno dei quali forma l’oggetto di un appalto, deve essere preso in considerazione il valore di ciascun lotto per valutare l’importo di riferimento. La Legge 109/94 prevede che qualora le amministrazioni aggiudicatrici non possano espletare l’attività di direzione dei lavori, questa è affidata, o ad altre amministrazioni pubbliche, o al progettista incaricato (art. 27, comma 2). Le operazioni di collaudo sono affidate a tecnici qualificati, nominati dalle amministrazioni appaltatrici nell’ambito delle proprie strutture, salvo che nell’ipotesi di carenza di organico: in questo caso, le operazioni sono affidate ad altri soggetti esterni iscritti in elenchi appositamente istituiti presso il Ministero dei Lavori pubblici, senza esperire nessuna procedura di messa in concorrenza (art. 28, comma 4, l. 109/94, Dpr 554/1999). Per la Corte, la direzione dei lavori deve essere effettuata conformemente alle regole delle direttive 92/50 e 93/38: l’attribuzione diretta al progettista viola queste direttive per quanto riguarda gli appalti che rientrano, in considerazione del loro valore, nel campo di applicazione delle stesse. Analogamente, in quanto l’affidamento delle attività di verifica dei lavori deve essere effettuata conformemente alle regole enunciate dalle direttive 92/50 e 93/38, l’affidamento a soggetti esterni viola le dette direttive per quanto riguarda gli appalti che rientrano nel loro campo di applicazione. Per il resto, il ricorso è respinto .  
   
 

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