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Notiziario Marketpress di Lunedì 25 Febbraio 2008
 
   
  AL TEATRO MANZONI IL DUBBIO DI JOHN PATRICK SHANLEY (PREMIO PULITZER 2005), REGIA DI SERGIO CASTELLITTO

 
   
  Milano, 25 febbraio 2008 - 1964 Parrocchia nel Bronx. Padre Flynn (Stefano Accorsi), prete cattolico, tiene un sermone domenicale ai suoi fedeli. Egli è giovane, appassionato, finalmente sembra qualcuno vicino alle anime dei suoi parrocchiani, li capisce, è parte della grande famiglia. Ma tanta "modernità" si scontrerà con forza con la Direttrice della Scuola Parrocchiale, Suor Aloisia (Lucilla Morlacchi), la quale sospetta il prete di aver abusato sessualmente di un allievo, guarda caso l´unico ragazzino di colore. Lo accuserà e ne chiederà l´allontanamento. Testimone involontario, ed anche a malincuore, poiché ammira padre Flynn (un nome di famiglia operaia irlandese) sarà la giovane insegnante Suor James (Alice Bachi), che ha colto il ragazzino Muller all´uscita di un incontro con il prete, con l´alito che sa di alcool. Suor James svolge il suo lavoro con gli allievi con abnegazione e passione, qualità non condivisa dalla "dura" Direttrice, che la invita ad essere più attenta alla sua salute morale e a quella dei suoi allievi. Il conflitto-scontro fra questi personaggi-titani porterà lo spettatore a sperimentare "il dubbio", a credere ora all´innocenza, ora alla colpevolezza del prete, difeso addirittura dalla madre del ragazzo (Nadia Kibout), che, in ogni caso senza voler approfondire la natura del rapporto con suo figlio, apprezza l’"interesse" di un prete bianco per suo figlio nero. Conflitto, ipocrisia, colpi bassi, un testo costruito con appassionata suspance, quasi fosse un´inchiesta. Note di regia. Dubbi in bianco e nero. John Patrick Shanley comincia a scrivere “Il dubbio” nel 2002 (pubblicato nel 2004), un anno dopo la tragedia delle Torri Gemelle, (11 settembre 2001) e ambienta la storia in una scuola parrocchiale del Bronx nel 1964, un anno dopo la morte di J. F. Kennedy, (22 novembre 1963). Il nesso drammaturgico e psicologico dell’autore e del cittadino Shanley mi sembra interessante. E’ un America, (leggi umanità), che ha perduto padri e certezze. Un popolo, una comunità che cammina sul bordo di una paurosa assenza. E’ questo il senso più profondo di questo testo lucidissimo eppure denso di pietà costruito su una drammaturgia classica eppure attualissima grazie al “pretesto” della storia: una vecchia religiosa sospetta un giovane prete che insegna nella scuola dove lei è direttrice, di aver molestato l’unico ragazzino di colore (leggi “negro”) dell’istituto. Pedofilia, fede, verità, dubbio, purezza, paura, resurrezione. Queste sono le parole, questi sono i temi che compongono la straordinaria suspence emotiva del testo. Un testo dove non ci sono suore e preti ma uomini che fanno i preti e donne che fanno le suore. Dietro quell’abito bianco e nero che è insieme scudo e gabbia, si agitano esseri umani che cercano una via di uscita dalla trappola dei loro desideri e dei loro sospetti. Ogni scena, ogni dialogo è un autentico combattimento. Le armi sono l’intelligenza, la capacità, poco cristiana per altro, di manipolare l’avversario, di “stenderlo” o usarlo al servizio del proprio teorema. Vittime e carnefici in questa storia si scambiano i ruoli continuamente, perché le parole, le accuse, sono di ferro incandescente e lasciano segni sulla psiche di quel prete, di quelle suore. Eppure, come dicevo, la pietà, le improvvise dolcezze dello spirito, il desiderio, (autentico come la menzogna), di verità, di sentirsi accanto a Dio. Perché oltre il muro, incarnato in una rosa o magari in un pallone da basket c’è Dio, quel dito puntato come un giudizio e quelle formiche nere là sotto che brulicano, sperano, lavorano per la salvezza. “Che cosa facciamo quando non ci sentiamo sicuri?” questa è la prima battuta che Padre Flynn, il giovane prete protagonista dice ai fedeli durante il sermone della domenica. Si, che cosa facciamo quando tutto vacilla, quando la strada è perduta, l’illusione demolita? Che cosa facciamo, non l’11, ma il 12 settembre… Sergio Castellitto .  
   
 

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