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Notiziario Marketpress di Lunedì 03 Marzo 2008
 
   
  AL TEATRO LITTA DI MILANO VENERE E ADONE DI WILLIAM SHAKESPEARE UNO SHAKESPEARE CHE ANDAVA RUBA TRA I BORGHESI E NEI BOUDOIR: UNA SEDUZIONE A RITMO DI “PAS DES DEUX”.

 
   
  Milano, 3 marzo 2008 - Venere e Adone di Shakespeare è uno spettacolo di Valter Malosti, in scena con un giovane ballerino, per le coreografie di Michela Lucenti e la consulenza musicale di Carlo Boccadoro. Note Sul Testo e sullo spettacolo - Una dea innamorata e pazza di desiderio e un giovane uomo bellissimo che le sfugge, finendo ucciso tra le zanne di un cinghiale, sono i protagonisti di Venere e Adone, poemetto erotico-pastorale che William Shakespeare dedicò, nel 1593, al suo protettore, il giovane conte di Southampton. «Intreccio di eccitazione erotica, dolore e freddo umorismo», come la definisce Stephen Greenblatt, “Venere e Adone” non solo fu la prima opera di Shakespeare ad essere stampata, ma fu anche quello che oggi si definirebbe un successo editoriale: apprezzatissimo fra gentiluomini e cortigiani, in breve divenne una sorta di «vademecum dell’amatore, ugualmente popolare nella biblioteca, nel boudoir e nel bordello». Dopo un “Macbeth” traboccante di invenzioni registiche, Valter Malosti torna a Shakespeare portandone in scena un piccolo capolavoro, un concentrato di arguzia, comicità farsesca e sensualità, che diviene per il regista torinese «un vertiginoso punto di partenza per una ricerca sulle variazioni, le declinazioni e le auto-contraddizioni del tema “amore”». Note Di Regia. Immaginatevi dei binari che si perdono all’orizzonte, e un teatro/carro che arriva dinanzi ai vostri occhi da un altro luogo (e forse anche da un altro tempo) con sopra la dea dell’amore: Venere “testa-matta”, interpretata en travesti da un uomo. È una dea/macchina, dea ex machina ma anche macchina del sesso, macchina barocca che tritura suoni e sputa parole. Una macchina di baci, una macchina di morte per l’oggetto del suo amore: Adone. Le suggestioni per creare questa figura sono arrivate dal teatro giapponese, dall’opera antica, dalla tradizione del “cunto”, ma anche da un mondo ai margini, il mondo di una periferia che potrebbe essere stata descritta da Pier Paolo Pasolini o anche, con commovente ironia, da Annibale Ruccello, in cui Venere è un travestito non più giovanissimo e Adone un tossico marchettaro. E proprio da un improbabile pas de deux tra Venere e Adone prende spunto la partitura fisica dello spettacolo. Adone ricorda il giovane dei Sonetti - il che implica, naturalmente, che Venere ricordi Shakespeare. Shakespeare scrive su commissione, durante la peste del 1593, per il suo giovanissimo patrono, l’efebico diciannovenne Henry Wriothesley conte di Southampton, di cui è stato ritrovato, un paio di anni fa, un ritratto in abiti femminili. Qui si spalancano altre porte, e il gioco delle identità ci fa entrare in una sorta di labirinto di specchi. Si sa, i grandi autori (penso anche a Fellini perché trovo molte sintonie tra questo poemetto e il mondo del grande regista riminese) hanno personalità molteplici e mettono frammenti di sé nei vari personaggi che creano. Solo interpretando io stesso Giulietta (a Berlino, in maniera decisamente rocambolesca) ho capito quanto Fellini fosse dentro la sua creatura. La macchina/creatura attore sarà anche Narratore e voce di Adone, e al fondo dell’artificio potrà svelare e denudare la propria umanità: al di là del gioco degli specchi e del travestimento, il poemetto è un vertiginoso punto di partenza per una ricerca sulle variazioni, le declinazioni e le auto-contraddizioni del tema “amore”. Valter Malosti. Nota sulla ricerca musicale. In cima a tutto c’è la scoperta dell’opera di John Blow “Venus and Adonis” nella magnifica interpretazione di Rene Jacobs: a mio avviso un capolavoro di straordinaria modernità. Blow l’abbiamo riletto, dilatato, frantumato e ,seguendo le sue tracce siamo arrivati agli inglesi contemporanei: Michael Nyman (di cui ringraziamo la disponibilità a concederci il suo concerto per clavicembalo e orchestra) e Gavin Bryars su tutti. Alla fine abbiamo creato una partitura che da vita ad una sorta di opera parallela. Ad ognuno dei tre personaggi del poemetto abbiamo donato un proprio mondo musicale. Il narratore segue quel filo musicale di area inglese (con la grande eccezione soprattutto di John Cage); Adone diviene una voce recitante col clavicembalo (che anche in questo caso parte da composizioni di Blow e si spinge fino a Gyorgy Lieti, Terry Riley e Louis Andriessen); per Venere, enfatizzando l’intuizione di una specie di dea/macchina, abbiamo utilizzato soprattutto suoni elettronici con un occhio particolare ai lavori sperimentali dei nostri compositori contemporanei (Luciano Berio con la magnifica voce di Cathy Berberian, Bruno Maderna e il suo lavoro elettronico su Shakespeare, Nino Rota, Luigi Nono, ma anche Karlheinz Stockhausen e i più recenti Aphex Twin e Thom Willems. Info: www. Teatrolitta. It .  
   
 

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