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Notiziario Marketpress di Mercoledì 05 Marzo 2008
 
   
  IRAN E SIERRA LEONE: PESCA E ACQUACOLTURA COME VOLANO DI SVILUPPO

 
   
  Il recupero dei bambini-soldato e dei giovani in difficoltà in Sierra Leone passa anche attraverso la pesca. Un progetto – presentato nel corso della manifestazione fieristica Big Blu- di ampio respiro -“Intervento di sostegno in favore di opere ed attività educative e formative che promuovono la piena integrazione di minori e giovani in difficoltà”-, promosso dall’Ong Avsi e finanziato dalla Cooperazione italiana – Mae e che vede coinvolta la Federcoopesca-confcooperative in iniziative legate alla filiera ittica locale. Dopo che gli esperti della Federcoopesca-confcooperative hanno indagato le caratteristiche dalla filiera pesca in tre villaggi della Sierra Leone (Old Wharf, Tokeh e Sussex), ora il progetto entra nel vivo con l’avvio di corsi ad hoc sui temi della pesca, commercializzazione, trasformazione e sicurezza alimentare, per consentire ai giovani, di questi villaggi, di fare dell’attività di pesca la propria professione. In un paese come la Sierra Leone- dove la piccola pesca fornisce circa il 70% del fabbisogno ittico e la commercializzazione è appannaggio delle donne- i problemi che gli operatori si trovano ad affrontare nel quotidiano riguardano principalmente la conservazione del prodotto ittico e la difficoltà a reperire materie prime e attrezzatura tecnica. In assenza di sistemi di refrigerazione, infatti, il prodotto viene essiccato o conservato sotto sale, ma non può essere venduto fresco. Per allargare la gamma dei prodotti offerti e favorire il consumo di prodotti freschi verranno donati agli operatori macchinari per la produzione del ghiaccio oltre alla formazione in materia di sicurezza alimentare per trattare il pesce in modo adeguato, affinché si riduca la parte di prodotto che si contamina o si deteriora. Attualmente, infatti, il 30% del pescato non riesce ad arrivare al mercato. Altro limite all’attività di pesca è nell’eccessiva frammentazione della filiera che vede gli uomini uscire in mare a pescare e le donne che aspettano a terra per andare a vendere i prodotti spostandosi singolarmente in taxi anche per piccoli quantitativi. Fornire gli strumenti per creare forme di associazionismo consentirebbe di ridurre gli elevati costi di gestione, l’acquisto di vetture collettive per la vendita del prodotto e i rifornimenti di carburante a prezzi più vantaggiosi. L’acquacoltura, invece, è lo “strumento” che si sta utilizzando in una delle zone più povere dell’Iran, il Sistan-baluchestan- dove l’acqua è un bene raro-, per superare le distanze economiche e sociali. E’ quanto sta facendo il C. I. R. S. Pe. (Centro Italiano Ricerche e Studi per la Pesca della Federcoopesca-confcooperative), uno degli esecutori del progetto -scelto direttamente dalla Shilat, la Direzione Generale Pesca in Iran-, finanziato dal ministero degli Esteri italiano, che si pone l’ambizioso obiettivo di contribuire alla riduzione della povertà e degli squilibri sociali, mediante il consolidamento e la diffusione dell’acquacoltura e la nascita di cento nuove imprese. Progetto che terminerà a fine 2008 è che ha consentito, grazie ad un allevamento sperimentale del gambero bianco indiano, di produrre in un anno, con doppio raccolta, oltre 190 tonnellate -con gli impianti a pieno regime si potrebbe arrivare a 6000 tonnellate di prodotto- e di gettare le basi per la produzione commerciale di pesci ornamentali. A breve è previsto anche un corso di formazione in Cina e India per gli operatori iraniani. .  
   
 

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