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Notiziario Marketpress di Mercoledì 26 Marzo 2008
 
   
  LE COOPERATIVE SOCIALI DEL FVG INCONTRANO RICCARDO ILLY L´APPUNTAMENTO È FISSATO PER OGGI PRESSO LA CASA DELLA PIETRA DI AURISINA

 
   
   Duino Aurisina (Ts), 26 marzo 2008 - E´ un vero e proprio "Manifesto" quello elaborato congiuntamente dalle tre centrali della Cooperazione Sociale del Friuli Venezia Giulia, ad evidenziare priorità, criticità e richieste per la prossima legislatura regionale. Le tre presidenze associative di A. G. C. I. – Solidarietà regionale del Fvg, C. C. I. – Federsolidarietà regionale del Fvg e Legacoopsociali regionale del Fvg hanno, infatti, elaborato e condiviso un documento sul quale i candidati Riccardo Illy e Renzo Tondo, con le rispettive liste, saranno chiamati a pronunciarsi. Il primo appuntamento è fissato per oggi mercoledì 26 marzo: alle 9, presso la Casa della Pietra di Duino Aurisina (Ts), una numerosa delegazione delle Cooperative sociali del Friuli Venezia Giulia, in rappresentanza degli oltre 8 mila 300 occupati, incontrerà il candidato a governatore, nonché presidente uscente, Riccardo Illy, e l´assessore regionale uscente alle politiche sociali, Ezio Beltrame. In fase di definizione l´incontro con il candidato governatore Renzo Tondo. A seguire il documento elaborato dalle tre centrali cooperative. La Cooperazione Sociale e la prossima legislatura regionale - Il settore è da sempre uno dei biglietti da visita della regione Regione Friuli Venezia Giulia, fattore di innovazione ed eccellenza europea. Gli oltre 8. 300 occupati, di cui oltre 900 persone con problematiche di svantaggio e di disabilità, testimoniano di un settore importante in termini quantitativi e qualitativi, per la creazione di salute e benessere e per le politiche di inclusione sociale. La Cooperazione Sociale è diventata ormai protagonista della ideazione e gestione delle politiche di Welfare regionali, partecipe in forma crescente in tutte le sedi di confronto ad esse dedicate. La Cooperazione Sociale regionale unisce al suo carattere innovativo e sperimentale un ruolo importante e consolidato sul territorio nell’attuazione delle politiche di coesione sociale e di promozione di nuovi percorsi lavorativi qualificati. Lasciatasi alle spalle e rifiutati programmaticamente ruoli subalterni di mera esecuzione ed intermediazione di manodopera, la Cooperazione Sociale ambisce ad un ruolo di protagonista di primo piano nei vari tavoli regionali e locali che contribuiscono alla definizione delle politiche in materia sanitaria, sociale, educativa e di inserimento lavorativo. La passata legislatura è stata ricca di provvedimenti legislativi che hanno dato nuove e migliori regole sia alle Cooperative Sociali che all’insieme del Welfare, avviando in maniera organica una nuova fase di strutturazione dell’integrazione sociale e sanitaria. La priorità della legislatura 2008-2013 non è una nuova elaborazione legislativa (con un’eccezione importante: il codice dei contratti, dove si attende la sanzione della prevalenza della legislazione speciale di settore, dalle l. R. 6/2006 e 20/2006 alla legge 381/1991, prevista dagli artt. 27 e 28 del Disegno di legge approvato dalla Giunta Regionale), quanto nell’emanazione dei provvedimenti regolamentari applicativi e nell’adozione di pratiche amministrative coerenti da parte della Pubblica Amministrazione locale. Vogliamo sottolineare come l’emanazione dei regolamenti regionali dovrà seguire un percorso concertato e condiviso con le associazioni del settore, superando quegli episodi – purtroppo accaduti anche recentemente – di iniziative autonome da parte degli uffici, che creano difficoltà e ritardi alle Cooperative sociali e costringono l’amministrazione regionale a laboriose pratiche di adattamento e correzione dei provvedimenti adottati. Gli obiettivi per il prossimo quinquennio sono lo sviluppo dell’integrazione sociale e sanitaria e la qualificazione delle Cooperative Sociali. Saranno centrali le norme attuative delle lr. 20/2005, 6/2006 e 20/2006, quali le procedure per l’accreditamento delle strutture e l’atto di indirizzo per gli affidamenti di servizi al Terzo Settore. In tali documenti, insieme alla diffusione delle “buone pratiche” nell’azione degli Enti Locali e delle varie strutture della Pubblica Amministrazione regionale, vediamo la possibilità concreta di “uscire dalla necessità dell’appalto”, vero limite al dispiegamento delle possibilità del settore. Se i Piani di Zona appaiono come il luogo fisico ed istituzionale per l’attuazione di nuove procedure di affidamento e di co-progettazione fra pubblico e cooperazione sociale (e di individuazione di significative quote di affidamenti di lavori, forniture e servizi alla Cooperazione di inserimento lavorativo), vanno posti limiti alla crescita di fenomeni incongrui (a causa della sovrapposizione nel loro agire di caratteri pubblicistici e privatistici): come le Asp, che stanno ampliando le loro competenze anche al di là dei limiti di legge e producono fenomeni massicci di intermediazione di manodopera. Una proposta – oltre a quella scontata del rispetto rigoroso della legislazione vigente, e della necessità di scegliere fra l’assunzione del personale “in house” o l’affidamento globale dei servizi – potrebbe essere quella dell’ingresso istituzionale della Cooperazione Sociale negli organismi delle Asp, come forma di coprogettazione e garanzia del settore. Va però rilevato come sia inaccettabile che questi enti stiano ampliando la loro area operativa, spesso sostituendosi alle strutture di partecipazione democratica preposte alla programmazione e gestione dei servizi territoriali, vanificando il grande lavoro in corso di realizzazione: è quindi quanto mai necessario fissarne e ridimensionarne gli spazi operativi, per un interesse generale alla realizzazione di quella gestione partecipata che sta alla radice dei processi di riforma sanitaria e sociale. Altrettanto importante il sostanziale rifinanziamento della lr. 20/2006, senza il quale le importanti previsioni di ampliamento dell’area dell’inclusione lavorativa e della qualificazione dei servizi non potranno trovare risposta nella realtà. Le possibilità offerte dal raddoppio del tetto del “de minimis” e dalle nuove previsioni di sviluppo degli affidamenti di lavoro finalizzato alla Cooperazione sociale “B” (fra cui emergono le opportunità create dagli appositi incentivi regionali agli enti pubblici ed alle aziende partecipate) sono oggi inapplicabili di fronte ad un congelamento dei finanziamenti al livello “storico”, quando la necessità sarebbe al minimo di un raddoppio. Il finanziamento al sociale non può essere messo in coda, dopo i rilevanti finanziamenti all’economia “tradizionalmente imprenditoriale” (e profit) della regione. Vanno risolti alcuni punti ancora controversi, per i quali la nostra Regione deve diventare protagonista, come per il passato, del dialogo con l’Unione Europea, in particolare riguardo al superamento dei limiti del “de minimis” per gli investimenti della Cooperazione Sociale, gli inserimenti lavorativi e la formazione del settore, ed al riconoscimento del settore, solo marginalmente rappresentato dalla nozione europea di “laboratorio protetto”. Si pongono alcuni problemi consistenti relativi al mercato del lavoro delle operatrici e degli operatori sociali, per i quali sono necessari provvedimenti di creazione di ammortizzatori sociali specifici ed una modifica delle modalità di programmazione della formazione professionale e della definizione dei profili di ingresso degli operatori: a) servizi educativi, assistenza scolastica e domiciliare ai minori. Si manifestano sistematicamente situazioni di mancanza di lavoro legate alle assenze per malattia dei minori assistiti, che costringono senza programmazione i lavoratori ad astenersi dal lavoro senza retribuzione (solo un Ambito Sociale, in regione, prevede nel capitolato d’appalto l’impiego alternativo e la corrispondente retribuzione per il personale in questi casi). La situazione è aggravata dal fatto che il personale è generalmente impiegato a tempo parziale, ma con orari rigidamente vincolati dalle prestazioni ai diversi utenti, rendendo spesso difficile la mobilità interna; b) assistenza residenziale agli anziani ed ai portatori di handicap. Si manifestano altrettanto sistematicamente situazioni di dichiarazioni di non idoneità ai sensi del D. Lgs. 626, come effetto dei pesanti carichi fisici da mobilizzare. Alla dichiarazione di non idoneità non corrispondono forme di integrazione salariale o di indennità pensionistica. La mobilità interna è ostacolata dal fatto che si tratta di personale generalmente con scarsa scolarizzazione (a fronte della necessità di un titolo di Laurea in Scienza dell’Educazione o titoli equipollenti, generalizzata nel settore richiamato al punto precedente), e dal diffuso inquadramento a tempo pieno. Per questi motivi iniziano a manifestarsi situazioni in cui le Cooperative – in mancanza di iniziative di riconoscimento di equipollenza dell’anzianità di servizio ai titoli, e di formazione e riqualificazione – sono costrette a licenziare il personale non idoneo; c) cooperative sociali “B”: si pone il problema della definizione della figura dell’operatore dell’inserimento lavorativo. E della presenza di lavori fisicamente pesanti (pulizie, facchinaggio, manutenzioni, ecc. ) per i quali si pongono gli stessi problemi indicati al punto precedente. In tutti questi casi, si tratta anche di andare alla definizione di provvedimenti di riconoscimento dell’anzianità maturata dalle operatrici e dagli operatori del settore, in mancanza di titoli di formazione professionali definiti successivamente od ancora non presenti. Uno strumento è anche la concertazione con le Università di percorsi di laurea che tengano conto dei crediti formativi acquisiti in servizio. Vanno individuate le soluzioni per porre rimedio allo stato generale di incertezza degli operatori del settore quanto alle loro qualifiche e mansioni. Ne sono clamorosi esempi la strutturale carenza di Oss nei servizi sociali territoriali ed istituzionali, ma anche l’indeterminatezza degli spazi operativi degli Oss e degli educatori quanto alla distribuzione dei farmaci, vero e proprio tormentone nei servizi sociali pubblici, destinati alla progressiva paralisi in presenza dell’attuale definizione delle competenze rigidamente attribuite agli Infermieri Professionali. Il rapporto fra Pubblica Amministrazione e Cooperazione Sociale non può non tener conto delle dinamiche di tipo sindacale del settore, cronicamente in ritardo nella definizione del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro ed in difficoltà nel reperire le risorse per attuarlo. A tal fine, va garantita e generalizzata la necessità di prevedere negli affidamenti di servizi risorse economiche tali da retribuire adeguatamente le operatrici e gli operatori e da parificare progressivamente le retribuzioni con quelle dei dipendenti pubblici, abbattendo così quel tasso di turn-over nel settore che costituisce uno dei principali ostacoli alla crescita della qualità delle prestazioni rivolte all’utenza. Nell’ambito di questo ragionamento è necessario sia garantita in ogni procedura di affidamento la revisione prezzi comprensiva del riconoscimento degli adeguamenti periodici derivanti dalla contrattazione nazionale e di Ii livello. Le retribuzioni della Cooperazione Sociale costituiscono una vera e propria emergenza salariale, e contraddicono alla grande professionalità ed anche spesso lo sforzo fisico dovuto a carichi di lavoro ed a turni gravosi. Le lavoratrici ed i lavoratori del settore hanno diritto a certezze! La stessa vicenda dell’ennesimo ritardo strutturale nel rinnovo del Ccnl di settore (le organizzazioni sindacali nazionali hanno proceduto a presentare la piattaforma con due anni di ritardo) pone la questione di implementare lo spazio della contrattazione integrativa regionale, per garantire e recuperare quanto perso a livello nazionale. In tale quadro appare opportuno anche prevedere forme di certificazione regionale del costo del lavoro, integrative di quelle previste dalla legislazione nazionale. Certificazione che deve costituire il riferimento non solo per la valutazione del costo del lavoro minimo in sede di affidamenti od appalti, ma anche nel caso di convenzioni su progetto e per gli interventi finanziati direttamente dagli enti all’utenza, come nel caso del Fondo per l’Autonomia Possibile e degli accreditamenti. Si pone anche la questione di ridiscutere dell’assetto istituzionale del settore. E’ coerente con lo sviluppo e le finalità della Cooperazione Sociale l’inquadramento all’interno dell’Assessorato alle Attività Produttive? Non apparirebbe più coerente (fermo restando il mantenimento all’interno delle Attività Produttive dell’attività istituzionale di vigilanza) il trasferimento alla Salute e Promozione Sociale? Parimenti, il trasferimento alle Amministrazioni Provinciali (ente per il quale si continua a discutere di superamento) non appare nella maggior parte dei casi un fattore di spreco di risorse e di inefficienza? Più in generale, si pone il problema della dotazione degli organici degli uffici che seguono le pratiche in materia socio-sanitaria-educativa: l’esperienza di questi anni ha rilevato come il principale limite nella relazione fra Associazioni e Cooperative sociali, da un lato, ed Amministrazione regionale, dall’altro, è stato costituito proprio dal ridotto organico del personale preposto, con la conseguente poca disponibilità di tempo per seguire le molteplici pratiche e scadenze. Per A. G. C. I. – Solidarietà regionale del Fvg - Via Daniele Moro, 22 33100 Udine C. C. I. – Federsolidarietà regionale del Fvg - Via Marsala, 66 33100 Udine Legacoopsociali regionale del Fvg - Via Cernazai, 8 33100 Udine .  
   
 

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