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Notiziario Marketpress di Martedì 15 Aprile 2008
 
   
  ARCHEOLOGIA E POLITICA, UN CONNUBIO STRATEGICO MOTIVAZIONI DI ORDINE STRATEGICO E POLITICO SI INTRECCIANO CON L’INTERESSE PER L’ARCHEOLOGIA

 
   
   Roma, 15 aprile 2008 - “Identità nazionale, memoria storica e le scienze umane” è il titolo del convegno che si è tenuto venerdì, 11 aprile, a Firenze presso la Villa Medicea di Castello. Promosso da Roberto de Mattei, componente del Consiglio di amministrazione del Cnr e dal National endowment for the humanities (Neh), agenzia con poteri esecutivi del Governo degli Stati Uniti, l’evento fa seguito all’accordo stipulato dalle due istituzioni nel 2007 per promuovere lo scambio di informazioni e la ricerca accademica nel campo delle scienze umane. Sul tavolo dei lavori, che ha visto il confronto tra studiosi italiani e statunitensi, alcuni temi che hanno caratterizzato la trama dei rapporti tra i due Stati a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, quali, ad esempio: archeologia e politica estera, l’influenza italiana sull’arte classica americana, il confronto sul concetto di identità dei due Paesi, la storiografia americana di fronte al Fascismo, lo studio dell’opera di Machiavelli negli Usa. Hanno Partecipato all’incontro: Roberto de Mattei, professore di Storia Moderna all’Università di Cassino e di Storia del Cristianesimo all’Università Europea di Roma, Bruce Cole, presidente del Neh e autore di libri sul Rinascimento, Massimo Cultraro dell’Istituto per i beni archeologici e monumentali (Ibam) del Cnr, Ingrid Rowland, professore nella sede romana dell’Università di Notre Dame School of Architecture, Wilfred Mcclay, professore di Storia all’Università del Tennessee, Massimo de Leonardis, professore di Storia delle Relazioni e delle Istituzioni Internazionali e di Storia dei Trattati e Politica Internazionale all’Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano, Francesco Perfetti, professore di Storia Contemporanea e di Storia delle Relazioni Internazionali all’Università Luiss di Roma, Angelo Maria Petroni, professore di Logica e Filosofia della Scienza all’Università di Bologna e membro del Consiglio di amministrazione Rai, Alfonso Berardinelli, saggista e critico letterario, Michael Mcdonald del Neh, autore di numerosi articoli scientifici sulla letteratura europea moderna, Luca Codignola, professore di Storia del Canada all’Università di Genova e Direttore dell’Istituto di Storia dell’Europa Mediterranea del Cnr, Pietro De Marco, professore presso la Facoltà di Scienze della Formazione di Firenze. Tra i numerosi interventi tesi ad analizzare i rapporti tra Italia e Usa, uno studio di Massimo Cultraro del Cnr getta nuova luce su alcuni retaggi che hanno pesato sulla natura delle relazioni tra i due Stati tra fine Ottocento e Novecento. Il primo ha portato per lungo tempo a considerare semplicisticamente l’espansione coloniale italiana come espressione dell’imperialismo fascista. Il secondo è connesso ad un grande limite della storiografia europea: la scarsa conoscenza degli interessi degli Stati Uniti nella politica estera dei principali Stati europei, quali Francia, Gran Bretagna, Germania, Austria e Italia, negli anni successivi alla guerra civile americana (1861-1865). La rilettura del sistema di relazioni, proposta da Cultraro partendo dall’ottica della storiografia statunitense, fa emergere con maggiore forza una particolare attenzione degli Usa verso i principali paesi europei dopo la Guerra di Secessione. “Dagli studi recenti”, spiega il ricercatore, “appare sempre più evidente l’interesse mostrato dal governo di Washington nei confronti della complessa situazione europea, nella quale si intrecciano spinte di natura diplomatica con motivazioni di ordine economico, sociale e culturale, come appunto l’interesse per l’archeologia”. Ad avvalorare questa nuova interpretazione è la volontà, da parte dell’Istituto Americano di Archeologia, di finanziare le campagne archeologiche che l’Italia aveva intrapreso a Creta, isola che ha sempre ricoperto un ruolo importante nello scenario geopolitico mediterraneo. Uno scacchiere il cui equilibrio era determinato anche dalla sopravvivenza dell’Impero Ottomano garantita, dopo la rivolta anti-turca (1866-1868), da un accordo tra le principali potenze. “All’interno di questo clima”, continua il ricercatore, “prende le mosse, nel giugno del 1884, l’avventura di un giovane studioso di epigrafia, Federico Halbherr (1857-1930), nato a Rovereto in terra austriaca, ma italiano per credo e formazione culturale, al quale si devono importanti scoperte nel campo scientifico, come la celebre Iscrizione di Gortina, documento del V secolo a. C. Grazie ai contatti con il console americano William James Stillman (1828-1901) - collezionista e appassionato di archeologia, figura che condensa lo stretto legame tra scienze umane e diplomazia - i rapporti tra Italia e Usa diverranno sempre più stretti: Halbherr infatti otterrà finanziamenti per realizzare le ricerche a Creta e, nello stesso tempo, l’ottimo lavoro sul campo degli italiani avrebbe arginato l’inserimento e l’ascesa di altri archeologi europei, conferendo prestigio internazionale agli Stati Uniti”. Con l’evolversi della situazione politica in Occidente, anche presso il governo italiano prenderà corpo l’idea che, almeno al di fuori dei confini della patria, il dibattito culturale coincideva con le scelte in materia di politica estera. .  
   
 

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