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Notiziario Marketpress di Giovedì 08 Maggio 2008
 
   
  IL CONSORZIO DI TUTELA PROTAGONISTA AL TEATRO SOCIALE DI ALBA DOLCETTO, IL VINO DELLA SACRALITA’ QUOTIDIANA LA SECONDA GIORNATA DI VINUM DEDICATA AD UNO DEI VITIGNI PIU’ LEGATI ALLA CULTURA VITICOLA PIEMONTESE

 
   
  Se è vero che il consumatore è l’arbitro del mercato, è altrettanto vero che un consumatore, per quanto libero di scegliere, va informato. Ed è dovere di una manifestazione come Vinum dare spazio a uno dei più grandi vitigni piemontesi in forte difficoltà sul mercato: il dolcetto. Una varietà storica del Piemonte, per lungo tempo tra le più appetite dai consumatori, ma che oggi deve fare i conti con una tendenza al consumo di vini più accattivanti nell’immagine, più ammiccanti nelle espressioni organolettiche, più avvantaggiati dalla comunicazione. Per dare sostegno e sostanza all’incipit, a Vinum nella seconda giornata della manifestazione albere, l’attore protagonista è stato proprio il dolcetto. Al Teatro Sociale di Alba gli è stata dedicata una monografia completa dal titolo “Dolcetto: il vino della sacralità quotidiana”. Un evento esclusivo di degustazione, aperta dalle 11 alle 19 nel foyer del teatro, con un banco d’assaggio ricchissimo: oltre cento etichette a rappresentare le eccellenze dei singoli territori, da Dogliani a Diano, da Ovada ad Aqui, dalle Langhe Monregalesi ad Asti. E, per gli appassionati più esigenti, una serie di laboratori di degustazione animati da Gigi Rosso e Massimo Martinelli, due grandi personaggi del vino di Langa che da sempre hanno appassionatamente difeso e valorizzato le qualità dei Dolcetto. Il Dolcetto in Piemonte è declinato principalmente in sette denominazioni d’origine (Dogliani, Dolcetto di Dogliani, Dolcetto d’Alba, Dolcetto di Diano d’Alba, Dolcetto d’Asti, Dolcetto delle Langhe Monregalesi, Dolcetto d’Acqui, Dolcetto d’Ovada), coltivato su oltre 5000 ettari di vigna, la sua produzione potenziale in bottiglia supera i 24 milioni di bottiglie. Al contrario di quello che si pensa, non è una varietà semplice da produrre, è assai sensibile dal punto di vista agronomico e altrettanto esigente sotto il profilo enologico. Per coltivare un dolcetto di buona qualità tra le colline sudpiemontesi, ocorrono più di 500 ore di lavoro per ettaro in un anno; attualmente i prezzi di mercato rischiano di non essere più remunerativi e il rischio di abbandono si fa concreto. Sarebbe un peccato. Perché il Dolcetto come vino nasconde una ricchezza organolettica spesso non adeguatamente comunicata e un ventaglio di interpretazioni che di solito appartengono solo ai grandi vini. E un grande vino è il frutto di un eccellente territorio, di un numero consistente di interpreti, di una storia documentabile, di un talento specifico dell’uva. Il Dolcetto risponde pienamente a tutti questi requisiti. Requisiti di un grande vino quotidiano. O della Sacralità quotidiana… .  
   
 

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