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Notiziario Marketpress di Giovedì 19 Giugno 2008
 
   
  PARLAMENTO EUROPEO: DIBATTITO SUL CONSIGLIO EUROPEO DEL 19 – 20 GIUGNO: ALCUNI GRUPPI MINORI, HANNO RICHIESTO DI PORRE IMMEDIATAMENTE FINE AL PROCESSO DI RATIFICA.

 
   
   Bruxelles, 19 giugno 2008 - In vista del prossimo Consiglio europeo di Bruxelles del 19 e 20 giugno, i deputati hanno dato vita ad un ampio dibattito. Tutti i gruppi hanno accettato e rispettato il risultato del voto irlandese. In molti hanno sottolineato la necessità di continuare con il processo di ratifica e rispettare quegli Stati membri che hanno già ratificato il trattato di Lisbona. Alcuni gruppi minori, tuttavia, hanno richiesto di porre immediatamente fine al processo di ratifica. Dichiarazione della Presidenza - Janez Lenarcic, Ministro sloveno degli affari europei ha dichiarato che il primo punto all´ordine del giorno per il Consiglio europeo sarà il risultato del referendum irlandese sul trattato di Lisbona. La Presidenza slovena è «delusa» del risultato del referendum, tuttavia «rispetta» la volontà dell´elettorato irlandese. Ciononostante ha avuto contatti con vari Capi di Stato e di governo che si sono detti decisi a portare avanti la ratifica. In linea generale, per il ministro, si può trovare una soluzione ma, prima di tutto, il Consiglio europeo ascolterà il punto di vista del Primo ministro irlandese. Passando poi alle altre tematiche che saranno in discussione durante il Vertice, ha sottolineato i prezzi alle stelle degli alimenti e del petrolio, indicando alcune misure che potrebbero essere prese - a corto e medio termine - per mitigare il problema. Queste spaziano da misure nell´ambito della politica agricola allo sviluppo sostenibile dei biocarburanti. Ma anche i Balcani occidentali, l´attuazione degli obiettivi di sviluppo del millennio, i cambiamenti climatici, il pacchetto energetico e la politica europea di vicinato. In conclusione, si è congratulato con la Slovacchia che entrerà nella zona euro il 1° gennaio 2009. Dichiarazione della Commissione José Manuel Barroso, ha a suo turno riconosciuto che, mentre il Consiglio europeo discuterà vari temi, «nella testa di tutti ci sarà il no dell´Irlanda». Anche per il Presidente della Commissione il voto è stato «una delusione» per tutti quelli in favore di un´Unione europea più forte, più efficiente e responsabile. Ha quindi sottolineato che «il no non ha risolto i problemi che il trattato cerca di risolvere». Nel pieno rispetto del risultato del referendum irlandese, ha sottolineato che «dobbiamo dimostrare lo stesso rispetto per tutte le ratifiche nazionali». Fino ad ora si è proceduto a 19 decisioni democratiche e, di queste, 18 erano in favore del trattato di Lisbona ed una contraria ed ancora 8 Stati membri devono presentare la loro posizione. Il Presidente ha poi rivolto un accorato appello: «non c´è dubbio che i governi abbiano una responsabilità particolare». «Per anni le istituzioni europee sono state considerate il capro espiatorio e sono diventate un terreno fertile per campagne populiste», ha proseguito, «alla fine sono solo serviti per agevolare la vita agli euroscettici». Non si può colpire violentemente Bruxelles dal lunedì al sabato e aspettarsi poi che i cittadini votino a favore dell´Europa la domenica», ha esclamato. Per quanto riguarda gli altri temi all´ordine del giorno, ha citato l´aumento dei prezzi alimentari e del petrolio e descritto le misure sostenute dalla Commissione per farvi fronte anche se, nell´immediato, esse costituiscono sono un parte della risposta. Più in generale, «la pressione cui devono far fronte oggi gli europei dimostra come gli obiettivi dell´Unione europea nel campo della sicurezza e dell´efficacia energetica nonché dei cambiamenti climatici siano così cruciali». Infine, «la risposta strutturale a sfide strutturali che stiamo fronteggiando consiste nel risparmio e nella diversificazione». Alla luce di ciò, «l´adozione del pacchetto sui cambiamenti climatici e sulla sicurezza energetica costituisce la nostra priorità». In conclusione ha ricordato che il compito principale del Consiglio europeo di questa settimana sarà di «dimostrare che contrattempi come il no non significano la paralisi dell´Europa», in quanto «un´Unione europea più efficace è più forte che mai». Interventi in nome dei gruppi politici - Joseph Daul (Ppe/de, Fr) ha sottolineato che il suo gruppo rispetta la decisione degli irlandesi nella stessa misura in cui rispetta i 18 Stati membri che hanno ratificato il trattato di Lisbona. Ha poi ricordato che l´Unione europea è fondata sulla libertà di espressione e sulla democrazia e che il risultato negativo di uno Stato membro non può vietare ad un altro di esprimersi. Spetta ora al Consiglio europeo, ha proseguito, analizzare il messaggio del popolo irlandese che si preoccupa del commercio, dell´agricoltura e della politica fiscale europei. Le giovani generazioni non si riconoscono più nell´obiettivo dell´Unione europea di garantire la pace in Europa. Il Parlamento europeo - che spesso approva testi molto elaborati - deve prendersi le proprie responsabilità. Si è quindi augurato che il Consiglio europeo sappia farsi carico delle preoccupazioni dei cittadini sul prezzo dei prodotto alimentari e dei petrolio. A suo parere il trattato di Lisbona rende possibile il progresso e permette all´Unione europea di funzionare meglio e fa sì che la sua voce sia sentita in tutto il mondo». Ha quindi concluso ricordando che il periodo di introspezione dovrebbe concludersi velocemente. «L´europa ha dedicato otto anni alla ratifica di vari trattati» ha rilevato Martin Schulz (Pse, De) , ma non è ancora in grado di mettere ordine in casa propria nonostante sia quello che richiede ai futuri Stati membri. Si è poi chiesto chi sia ad aver fatto delle istituzioni i capri espiatori, suggerendo che il Consiglio dei ministri potrebbe essere meno libero di dare la colpa dei disastri a Bruxelles se i suoi dibattiti non si tenessero a porte chiuse. Il «no» irlandese, in contrasto con la richiesta dei partiti politici irlandesi di votare «sì», indica una crisi di fiducia nelle istituzioni nazionali e sovranazionali - ha proseguito - e «il processo di integrazione è in attesa». La visita in Irlanda del commissario per il mercato interno Mccreevy, - in occasione della quale egli ha ammesso di non aver letto il trattato di Lisbona, facendo capire che ciò non era necessario - non ha di certo aiutato. Bisognerebbe togliere il portafoglio a Mccreevy, ha dichiarato, poiché si è impegnato in una «strada a senso unico» verso una «deregolamentazione ad ogni costo senza affiancare misure sociali». Per il leader socialdemocratico «dobbiamo trovare il modo per uscire dall´impasse e riportare a bordo gli irlandesi», e ha rilevato che, se in passato era il movimento pro-europeo ad avere un´anima, ora sono gli antieuropei ad averla. Si è quindi domandato: «dove è finita la passione?». «La gente non ne può più dell´Europa perchè è ängst [ndr. Angoscia esistenziale]», ma «l´Europa è un grande tributo alla pace nel mondo e lotta per la tolleranza» e, concludendo, ha invitato non seguire questo esempio. Per Graham Watson (Alde/adle, Uk) il Primo ministro irlandese, arrivando a Bruxelles giovedì, si dovrebbe chiedere «dove abbiamo sbagliato?». Rilevando poi che il «no» irlandese arriva alla vigilia della Presidenza francese, lasciando l´Unione europea con il trattato di Nizza ha dichiarato che «siamo partiti da Nizza e ci torniamo». Affermando che «una maggioranza di Stati membri sostiene l´Unione europea» ha però osservato che la fiducia nelle istituzioni sta scemando. L´europa non può essere creata «con o senza di voi - non potete dissolvere la gente», ha proseguito, sottolineando che «in uno scenario pieno di bugie, la gente non è convinta e abbiamo fatto poco per convincerli». Ogni governo nazionale deve pianificare un dialogo, è compito dei partiti politici in ogni Stato membro porvi rimedio, nonostante «la ricchezza, a differenza del passato, oggigiorno viene ammessa in modo meno onesto ed è condivisa in maniera meno giusta». La posta dei deputati europei è piena di complicazioni transfrontaliere, ha sottolineato, come ad esempio i diritti di proprietà o la protezione dei dati, quindi «sappiamo di aver bisogno di Lisbona, sebbene ciò non sia ovvio per i cittadini». Ha poi incoraggiato l´Unione europea a «proseguire i lavori», se necessario utilizzando il trattato di Nizza per far fronte ai problemi reali. Per Monica Frassoni (Verdi/ale, It) «quello di cui l´Unione europea ha bisogno è di una Costituzione breve, con una carta dei diritti vincolanti, procedure decisionali democratiche, trasparenti, competenze limitate ma reali, risorse economiche conseguenti». Una Costituzione elaborata da questo Parlamento o da un´Assemblea costituente, da difendere con forza e convinzione, «senza ipocrisie», da ratificare per via parlamentare o da un referendum europeo. Dopo aver ribadito di rispettare molto l«a volontà degli irlandesi», ha però dichiarato: «nessuno mi convincerà mai che un referendum, al quale ha partecipato la metà degli elettori, sia più democratico di una ratifica parlamentare». Se la maggioranza dei popoli e degli Stati votano "sì", ha proseguito, si va avanti, e coloro che votano "no" «possono allegramente restare fuori e negoziare, come già diceva il trattato Spinelli nell´84, "un sistema di rapporti nuovi e meno stretti"». «Cosa è successo in questi anni?» si è poi chiesta. Gli Stati membri e la Commissione, a suo parere, «hanno scelto la via di un trattato complicato, contraddittorio, difficile da vendere, negoziato nell´ultima fase in segreto, in fretta, e reso ancora meno leggibile da eccezioni e protocolli, e hanno confermato l´obbligo di ratifica all´unanimità, in perfetta linea con il complesso spagnolo del cane e dell´ortolano, che non mangia né lascia mangiare». «Come se non bastasse», ha poi aggiunto, «l´Unione europea continua ad approvare politiche sbagliate, deboli, come la direttiva Jackson (sui rifiuti, ndr) ieri, oggi la Weber (sul rimpatrio degli immigrati illegali, ndr), incapaci di dare una prospettiva positiva e di speranza, dove ogni cosa, dai diritti dei lavoratori a quelli dell´ambiente, a quelli dei migranti, trovano spazi sempre più ristretti, dove le lobby industriali hanno più voce dei cittadini, dove l´interesse europeo è introvabile, seppellito dagli urletti di questo o di quel governo, dove il diritto di scelta e le liberte individuali o l´arrivo di nuovi europei viene vissuto come un´insopportabile attacco all´identità di popoli che, come quello italiano e quello irlandese, hanno migranti sparsi in ogni parte del mondo». «È possibile e forse anche auspicabile che i paesi che devono ancora ratificare lo faranno», ha sottolineato, «e che il governo irlandese ci farà qualche proposta brillante». Ma la soluzione diplomatica, a suo parere, «non basta». Infatti, oggi occorre più che mai «affermare alto e chiaro che l´Europa dei governi, dell´opacità e della non chiarezza è quella che ha perso: quella che ha rifiutato la Costituzione e che continua a fare politiche sbagliate, di conservazione, di chiusura nazionalista, di egoismo; quella che ha ucciso lo spirito della Convenzione europea del 2003 per arrivare a un accordo su un testo positivo ma minimo e senz´anima». Tutto questo, ha poi affermato, non rende però meno necessaria un´Europa unita «più democratica e più capace di agire». Ciò di cui oggi c´è bisogno, ha concluso, è «un´iniziativa che parta dalle forze politiche e da quegli Stati membri convinti della necessità di un´Europa più efficiente, più democratica, più coesa, dal momento che non è più necessario, non è più possibile, continuare con il trattato di Nizza. Un´iniziativa dove non ci sia spazio per coloro che non vogliono andare avanti». Per Brian Crowley (Uen, Ie) il "no" rappresenta una «profonda trasformazione del giudizio di alcuni elettori dell´Unione europea» per il trattato e, vista la diversità delle persone che si sono opposte al trattato, abbiamo bisogno di più tempo per analizzarne i motivi. Ha inoltre ricordato che «questo è tempo per il rispetto, rispetto non solo per gli elettori irlandesi che hanno dato il loro parere democratico su questo trattato, ma anche rispetto per gli altri paesi ed i loro diritti individuali su come agire e come ratificare un trattato», ha concluso. Secondo Francis Wurtz (Gue/ngl, Fr), «il Consiglio europeo è stato ammonito dall´evitare qualsiasi arroganza nei confronti degli irlandesi» ed ha osservato che il trattato di Lisbona, presentato in forma «incomprensibile», è l´esempio della «sindrome della torre di avorio presente nell´Unione europea che sta creando tante preoccupazioni fra i nostri cittadini». Il "no" al referendum, ha aggiunto, è stato dato al «ruolo che gioca l´Europa a livello mondiale» e ha concluso auspicando che ora «avremo dei politici imparziali in Europa». «Ben fatto irlandesi!», ha esclamato Nigel Farage (Ind/dem, Uk), sottolineando come sia «perfettamente chiaro che le ratifiche dovrebbero finire adesso e l´attuazione del trattato dovrebbe finire adesso». Ha quindi aggiunto che la decisione di proseguire con la ratifica del trattato è «nazionalismo europeo ed è il più pericoloso fenomeno che ha travolto l´Europa dal 1945» e ha ribadito all´Aula che «sta demolendo l´Unione europea agli occhi degli elettori». Replica della Commissione - José Manuel Barroso si è rallegrato per il consenso del Parlamento europeo di procedere nel processo di ratifica che permetterà di «dialogare con gli irlandesi in un´atmosfera di solidarietà». A suo parere, l´unico modo per dare legittimità è di «presentare concreti risultati ai cittadini». Infine, ha chiesto di «non individuare facili capri espiatori, attaccare il commissario irlandese non è la via migliore per un dialogo costruttivo. Saremo in grado di risolvere il problema se ci concentriamo sulle aspettative dei cittadini», ha concluso. Interventi dei deputati italiani - Mario Borghezio (Uen, It) ha esordito chiedendo: «se il referendum irlandese non ha alcuna importanza e conseguenza perché lo si è fatto? Perché si è voluto dare questa possibilità plebiscitaria come abbiamo sentito dire?». Ha quindi giudicato «grave» quando in un Parlamento «si nega la possibilità e l´importanza ai popoli di esprimere in piena libertà come hanno fatto gli irlandesi». Questo voto, ha aggiunto, «è semplicemente una bella pietra tombale, con tanto di croce celtica sopra, sulla prospettiva del Superstato europeo che non piace ai nostri popoli. Non piace la svendita della sovranità politica e anche monetaria». Si tratta, ha proseguito, di «una prospettiva che apre alle migliori speranze per noi che crediamo fortemente, come il popolo irlandese, nell´Europa dei popoli e delle regioni». Per questo «anche noi in Padania chiediamo il referendum, anche se ormai evidentemente sul piano giuridico il trattato è disconosciuto». Si è fermato «a questa procedura incredibile di far procedere l´approvazione di un trattato che riguarda il futuro dei nostri popoli a colpi di voto parlamentare, escludendo i popoli e i cittadini». Per fortuna, ha aggiunto, «c´è un popolo libero che ha nel Dna il senso della propria libertà, forse è perché se l´è conquistata combattendo che ha questa forza». Ha quindi concluso affermando: «è ora di dire il significato vero di questo voto che è un basta agli eurocrati di Bruxelles che vogliono costruire un Superstato lontano dall´interesse e dall´anima dei cittadini. Noi padani ci sentiamo oggi tutti irlandesi». Stefano Zappalà (Ppe/de, It) ha osservato innanzitutto che il Consiglio europeo «ha una serie di argomenti all´ordine del giorno e non soltanto il risultato del referendum in Irlanda». Ha tuttavia convenuto che questo argomento, che ha occupato quasi tutto il dibattito, «è un fatto rilevante». Ha inoltre osservato che sono state dette e analizzate varie motivazioni per le quali i cittadini irlandesi hanno dato questa risposta, «per la verità con un piccolo scarto rispetto ai sì». A suo parere, occorre affrontare «in maniera concreta» i motivi della risposta irlandese e le modalità per procedere. Ha quindi osservato: «i cittadini europei non hanno informazioni. È colpa un po´ di tutti, è colpa un po´ nostra, colpa dei governi». Inoltre si è detto d´accordo con chi ha rilevato che, in generale, «quando ci sono effetti positivi i meriti sono dei governi, quando ci sono effetti negativi o effetti criticabili la colpa è sempre dell´Europa». «Nessuno impone a nessuno di restare per forza in Europa», ha osservato, e occorre rispettare il risultato del referendum man allo stesso tempo, bisogna rispettare anche la volontà di altri 26 Stati membri. «L´europa deve andare avanti, l´Europa non si può fermare», ha concluso e il Consiglio europeo «deve decidere in maniera netta una nuova strategia». .  
   
 

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