Pubblicità | ARCHIVIO | FRASI IMPORTANTI | PICCOLO VOCABOLARIO
 













MARKETPRESS
  Notiziario
  Archivio
  Archivio Storico
  Visite a Marketpress
  Frasi importanti
  Piccolo vocabolario
  Programmi sul web








  LOGIN


Username
 
Password
 
     
   


 
Notiziario Marketpress di Giovedì 26 Giugno 2008
 
   
  THE BIG BANG IL COSMO VISTO CON GLI OCCHI DELL’ARTE AL MUSEO CARLO BILOTTI DAL 26 GIUGNO AL 19 OTTOBRE UNA COLLETTIVA RACCONTA IL COSMO ATTRAVERSO LE OPERE DI JAMES TURRELL, ROBERT LONGO, ROSS BLECKNER, PETER HALLEY, ALBERTO DI FABIO, DOMENICO BIANCHI, SHAHZIA SIKANDER E MARIO DELLAVEDOVA

 
   
  Roma, 26 giugno 2008 - Il complesso rapporto tra Scienza e Arte, tra Cosmo e Animo umano, mondi solo apparentemente distanti, viene indagato attraverso le opere di un gruppo di artisti contemporanei in una originale collettiva dedicata al tema della visione cosmica: “The Big Bang”, al Museo Carlo Bilotti dal 26 giugno al 19 ottobre, un’esposizione promossa dal Comune di Roma Assessorato alle Politiche Culturali Sovraintendenza ai Beni Culturali con l’organizzazione di Zètema Progetto Cultura, a cura di Gianni Mercurio. Il catalogo raccoglie contributi critici di Rudi Fuchs, Stefano Castelli, Marco Di Capua, Antonia Arconti e Paolo Arao. Il percorso della mostra si snoda tra le opere di 4 artisti americani che non hanno mai esposto a Roma, James Turrell, Robert Longo, Ross Bleckner, Peter Halley, quelle degli italiani Alberto Di Fabio, Domenico Bianchi e Mario Dellavedova e della pakistana Shahzia Sikander ognuno dei quali, in modo personalissimo, rappresenta il suo rapporto simbolico, concettuale o sensoriale con il cosmo e con quell’indefinito che esso rappresenta. Il cosmo, insieme all’animo umano, è quanto di più complesso ci sia da analizzare, come espressione dell’infinito e dell’indefinito. A partire dalla metà degli anni ’70 alcuni artisti hanno affrontato in chiave scientifica il rapporto con il cosmo. Opera di svolta è il Roden Crater di James Turrell, un vulcano spento di oltre mezzo milione di anni, situato in Arizona e dal 1974 trasformato in un osservatorio dal cui interno è possibile esplorare il cosmo e la percezione della luce. In mostra viene presentata un’opera di grande formato (3x9 metri), che raffigura il progetto del Roden Crater. L’opera nasce da una foto aerea, emulsionata su carta pergamena e poi ritoccata. I pianeti, le galassie e le esplosioni di Robert Longo selezionati per la mostra sono misteriose rappresentazioni di un cosmo di stampo newtoniano, simboli del potere universale, opere che testimoniano quel messaggio politico sempre presente nei suoi lavori. L’approccio di Longo alla cosmologia è diretto: carboncino e grafite su carta, bianco e nero, per rappresentare con tecnica realista pianeti e stelle. Per Ross Bleckner, invece, la luce è metafora del momento di passaggio dalla vita alla morte. È quell’energia che si sprigiona da un corpo che perde il soffio vitale. Nei suoi lavori contemplativi della serie Specific and Anonymous, del 2001, oppure in Untilted (Faces and Stars), del 2002, raffigura un universo gassoso non distante dal Nun egizio, il caos incontrollato prima della creazione. Con una grande installazione site specific, invece, Peter Halley ricrea in mostra la propria cosmologia astratta, basata su modelli matematici: una geometria in scala che confronta ogni misura del mondo e dell’uomo con schemi teorici. Fondatore del movimento artistico definito Neo Geo (Concettualismo Neo Geometrico), Halley ha manifestato il proprio interesse per la luce e per l’unità del cosmo fin dagli anni ’80. Nelle sue rappresentazioni geometriche complesse – rese in colori vividi e definiti - vede una metafora dell’esistere, come se questo fosse racchiuso in schemi e percorsi. Alberto Di Fabio con una grande installazione sospesa ci solleva in una cosmologia psichedelica, che penetra nei segreti della materia e della psiche e, allo stesso tempo, svela la nascita della forma pura. In mostra anche S. T. , una grande opera di Domenico Bianchi che esprime l’idea della forma in movimento. Geometrie liquide, apparentemente frutto del caso ma in realtà costruite con il supporto del computer, strumento che permette di definire e di dare compiutezza all’indeterminazione della forma. Le opere di Shahzia Sikander, artista pakistana che vive a New York, non descrivono l’attimo del Big Bang, ma colgono l’istante successivo, quando gli elementi fluttuano ancora nel vuoto alla ricerca di una stabilità, tentando di definire il loro spazio reciproco. In Dissonance to Detour, video proiettato in mostra, l’artista parte da un rigoroso canone figurativo per dare vita a un proliferare di immagini. Nel suo lavoro I Buchi Neri, un tessuto grezzo composto dalle spesse linee orizzontali della trama sul quale è fissata la scritta I buchi neri con lettere al neon, Mario Dellavedova rappresenta, infine, un cosmo imperfetto, con linee di tessuto che si lacerano invase da gocce di colore nero. .  
   
 

<<BACK