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Notiziario Marketpress di Lunedì 14 Luglio 2008
 
   
  GIUSTIZIA EUROPEA: LIMITAZIONI ALLA LIBERA CIRCOLAZIONE

 
   
  Lo scorso 10 luglio 2008 la sentenza della Corte di giustizia relativa alla causa C-33/07 (Ministerul Administraţiei şi Internelor – Direcţia Generală de Paşapoarte Bucureşti / Jipa) ha affermato che le limitazioni nazionali al diritto alla libera circolazione devono essere fondate sul comportamento personale dei cittadini e rispettare il principio di proporzionalità. Tale comportamento deve costituire una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave nei confronti di un interesse fondamentale della società. Il sig. Gheorge Jipa ha lasciato la Romania per recarsi in Belgio il 10 settembre 2006. Il 26 novembre 2006, a causa della sua «situazione illegale» in tale Stato membro, è stato rimpatriato in Romania ai sensi dell’accordo di riammissione stipulato tra i due paesi. Il Minister Administraţiei şi Internelor - Direcţia Generală de Paşapoarte Bucureşti (Ministero rumeno dell’Amministrazione e degli Interni – Direzione generale dei passaporti di Bucarest) ha presentato al Tribunal Dâmboviţa una domanda diretta ad ottenere un provvedimento che vietasse al sig. Jipa di recarsi in Belgio per un periodo fino a un massimo di tre anni. In questo contesto, il Tribunal Dâmboviţa chiede alla Corte se il diritto comunitario, e in particolare la direttiva relativa al diritto dei cittadini dell’Unione di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio dell´Unione europea, osti alla normativa rumena che consente di limitare il diritto di un cittadino di uno Stato membro di recarsi nel territorio di un altro Stato membro, in particolare perché precedentemente rimpatriato da tale Stato membro in quanto vi si trovava in «situazione illegale». La Corte rileva innanzi tutto che il sig. Jipa, in quanto cittadino rumeno, gode dello status di cittadino dell’Unione e può dunque avvalersi dei diritti afferenti a tale status, in particolare del diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, compreso il suo Stato membro d’origine. La Corte ricorda che il diritto alla libera circolazione comprende sia il diritto dei cittadini dell´Unione europea, muniti di una carta d’identità o di un passaporto in corso di validità, di entrare in uno Stato membro diverso dal quello di cui sono originari, sia il diritto di lasciare quest´ultimo. Tuttavia, tale diritto non è incondizionato e può essere subordinato alle limitazioni e alle condizioni previste dal Trattato, in particolare per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza. La Corte ricorda che gli Stati membri sono competenti a determinare, conformemente alle loro necessità nazionali, le esigenze dell’ordine pubblico e della pubblica sicurezza. Comunque, nel contesto comunitario, tali esigenze devono essere intese in senso restrittivo, di guisa che la loro portata non può essere determinata unilateralmente da ciascuno Stato membro senza il controllo delle istituzioni della Comunità europea. La Corte aggiunge che un siffatto inquadramento comporta in particolare che i provvedimenti adottati per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza per essere giustificati devono essere fondati esclusivamente sul comportamento personale della persona nei riguardi della quale vengono applicati, mentre giustificazioni non direttamente legate al caso individuale in esame o attinenti a ragioni di prevenzione generale non possono essere prese in considerazione. La Corte precisa che un provvedimento restrittivo deve essere adottato alla luce di considerazioni afferenti alla tutela dell’ordine pubblico o della pubblica sicurezza dello Stato membro che prende tale provvedimento. Esso non può pertanto essere fondato esclusivamente su motivi dedotti da un altro Stato membro per giustificare una decisione di allontanamento di un cittadino comunitario dal territorio di quest’ultimo Stato. Questa considerazione non esclude tuttavia che si possa tener conto di siffatti motivi nel contesto della valutazione effettuata dalle autorità nazionali competenti per adottare il provvedimento restrittivo della libera circolazione. La Corte, ricordando che spetta al giudice nazionale svolgere le necessarie verifiche, rileva, nel caso di specie, che le autorità rumene sembrano fondarsi unicamente sul provvedimento di rimpatrio, a prescindere da qualsivoglia valutazione specifica del comportamento personale dell’interessato e senza alcun riferimento a una qualsiasi minaccia che egli rappresenterebbe per l’ordine pubblico o la pubblica sicurezza. La Corte conclude che il diritto comunitario non osta a una normativa nazionale che consente di limitare il diritto di un cittadino di uno Stato membro di recarsi nel territorio di un altro Stato membro, in particolare perché questi vi si trovava in «situazione illegale», a patto che siano soddisfatte alcune condizioni. Da una parte, il comportamento personale di tale cittadino deve costituire una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave da pregiudicare un interesse fondamentale della società. Dall’altra, il provvedimento restrittivo che si intende adottare deve essere idoneo a garantire la realizzazione dell’obiettivo che persegue e non eccedere quanto necessario per conseguirlo. La Corte aggiunge che spetta al giudice del rinvio accertare, se nella causa dinanzi ad esso pendente, la situazione si presenti in questi termini.  
   
 

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