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Notiziario Marketpress di Lunedì 14 Luglio 2008
 
   
  MEETING DI SAN ROSSORE: IL TERMINE RAZZA NON HA ALCUN SENSO»

 
   
  San Rossore (Pi), 14 luglio 2008 - «Avverto un aumento continuo dell’astio di ognuno contro ognuno, un aumento della litigiosità individuale e collettiva, e anche dell’odio collettivo. E’ un astio preoccupante, che deriva da una sensazione di paura paragonabile a quella che c’è stata in altri momenti storici: penso alla crisi del ’29, al periodo tra le due guerre. Io, italiano e di origine ebraica, sento tornare sentimenti che mi sono stati raccontati». Marcello Buiatti, genetista, tra gli estensori del manifesto degli scienziati antirazzisti che è stato presentato a San Rossore, cerca di analizzare il clima di astio e paura che si sta diffondendo nel nostro Paese. «E’ la paura dell’”altro”, che sia l’handicappato, il folle, il povero di spirito: non a caso c’è una proposta di legge per abolire la legge 180 e riaprire! i manicomi. Si parla per slogan, senza conoscere ciò d! i cui si parla: per sicurezza a rischio si intende un musulmano che prega per strada, tutti pensano che i rom siano romeni». E spiega come è nato il manifesto: «Nasce dall’esigenza che la risposta al manifesto razzista del 1938 abbia una base scientifica. Da allora, la scienza ha fatto alcuni progressi, nel 1938 di genetica non si sapeva niente, la struttura del Dna è stata individuata nel 1953». «Alla luce delle conoscenze scientifiche attuali - spiega il genetista - il termine razza non ha alcun senso. Noi abbiamo pochissima variabilità genetica, a differenza per esempio dei gorilla, che sono molto più variabili geneticamente. Gli esseri umani non si sono adattati per selezione, ma per cultura. Noi abbiamo adattato l’ambiente a noi stessi e abbiamo fatto le culture». E affronta direttamente il nodo centrale del razzismo, con una frase che viene accolta da un applauso scrosciante: «Non dobbiamo to! llerare e accettare il diverso da noi perché siamo buoni, ma dobbiamo essere contenti perché ci sono i diversi da noi. La variabilità culturale è fondamentale per la nostra sopravvivenza». .  
   
 

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