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Notiziario Marketpress di Martedì 15 Luglio 2008
 
   
  MEETING DI SAN ROSSORE “CONTRO OGNI RAZZISMO” ERRI DE LUCA: «CLANDESTINO? PER ME UNA PAROLA NOBILE» DALLO SCRITTORE UN’INTENSA RIFLESSIONE SULL’ITALIA DELL’EMIGRAZIONE

 
   
   San Rossore (Pi), 15 luglio 2008 - «Clandestino? È una parola che non rimanda a un reato penale, ma solo a un disagio amministrativo. Indica non un criminale, ma una persona che deve mettersi in regola con alcune pratiche. Il problema è che con questa parola si vuole bollare tutta l’umanità che si sposta a piedi per il mondo in cerca di una vita migliore. Per me è una parola neutra dal punto di vista legale, nobile dal punto di vista umano». È con questa riflessione che lo scrittore Erri De Luca ha concluso i lavori della mattinata al Meeting di San Rossore e, insieme, un suo intenso e affascinante itinerario in quell’Italia del Novecento che lasciò partire milioni di suoi figli in giro per il mondo, alla ricerca di possibilità negate dal proprio paese: una verità cancellata da una amnesia che certo non aiuta a comprendere e ad accogliere i ! migranti che oggi arrivano in Italia: «I secoli preceden! ti sono stati i secoli delle grandi invasioni, ma il secolo scorso e anche questo sono i secoli delle grandi migrazioni – ha spiegato l’autore di “Sola Andata” e di “Tu, Mio”, intervistato da Massimo Orlandi di Toscana Notizie che su De Luca ha pubblicato un libro – E c’è una cosa che hanno in comune tutti i migranti: il coraggio sfegatato. Ci vuole uno straordinario coraggio a strapparsi dal proprio posto e cercarne un altro, qualunque sia. Il problema è che oggi non avvertiamo questo coraggio, non lo riconosciamo. Oggi avvertiamo piuttosto la paura». Ed è su quest’ultimo sentimento, oggi dominante, che Erri De Luca ha voluto soffermarsi: «La paura è un sentimento politico, che si può cavalcare e che produce maggioranze. La paura però acceca, fa dimenticare tutto, nasconde provenienza e appartenenza, ci fa sentire dei nati ieri senza passato». La paura, poi, spinge! a misure che non sono utili – perché né sbarramenti, né espulsioni, né naufragi fermeranno «un’ondata migratoria che arriverà comunque e che ci cambierà i connotati». E come nel caso delle impronte per i bambini rom può essere solo fonte di umiliazione: «non per gli zingari, che ci sono abituati, ma per noi. Un giorno di tutto questo resterà solo la miseria dei modi con cui abbiamo provato a fermare gli uomini in movimento». In questa Italia, comunque, non ci sono solo rigurgiti di razzismo, c’è anche una disponibilità, una generosità di cui far tesoro come un possibile antidoto. Erri De Luca lo ha scoperto quando durante la guerra nella ex Jugoslavia ha partecipato a una trentina di convogli umanitari, dando a questi sentimenti il nome di “fraternità”: «La mia generazione – ha spiegato – è stata la prima in! Europa a non essere stata spedita in guerra a 20 anni, ha per! cos&igr ave; dire saltato il turno. Per questo parecchi come me sono andati nei Balcani durante la guerra. E di italiani ne ho visti tanti, nei viaggi umanitari, non come agenzie di aiuto ma come popolo al fianco di un popolo. La guerra fa emergere il peggio ma anche il meglio dell’uomo, regala fraternità, e la fraternità è assai meglio della tolleranza, che invece è solo sopportazione. Ora siamo in tempi in cui la fraternità è dimenticata, però cova sempre sotto la cenere» .  
   
 

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