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Notiziario Marketpress di Venerdì 18 Luglio 2008
 
   
  SABATO 23 AGOSTO 2008 BELLANO LIRICA (LC): IL TENORE DRAMMATICO FRANCESCO MEDDA FIORE SALE SUL PALCO DEL GRAN GALA’ DEDICATO AL MAESTRO LUCIANO PAVAROTTI C’E’ ATTESA TRA I MELOMANI PER L’ESIBIZIONE DEL MAESTRO MEDDA

 
   
  Lecco - Un nome di spicco emergente nel palmares lirico nazionale si esibisce sul palcoscenico di Bellano nel “Gran galà lirico sinfonico: omaggio al maestro Pavarotti” in carnet sabato 23 agosto alle 20. 45 all´ex Cotonifico Cantoni a Bellano (Lecco). C’è attesa tra i melomani del nord Italia per ascoltare la voce brunita del tenore drammatico Francesco Medda, artista di grande personalità che vanta tre ottave di estensione. L’artista è fiore all’occhiello nel cast dell’evento in programma nella quarta edizione della rassegna “Bellano Lirica” organizzata e curata dal maestro Roberto Gianola, direttore d´orchestra e assessore alla Cultura del Comune di Bellano. Il tenore sardo Francesco Medda è reduce dal grande successo di pubblico e critica ottenuto in Toscana e Lazio dove ha interpretato un passionale Don Josè nella Carmen estiva musicata da Iko Orchestra in coppia con la sensuale soprano Claudia Marchi. Ovazioni anche sul palcoscenico della rassegna lirica di Fontanellato (Pr) dove ha dato prova di eccellente versatilità e perfetta interpretazione della parte nell’operetta La Vedova Allegra. La critica ha spesso sottolineato la passione che emerge nella voce del tenore abbinata alla perfetta dicitura del verso, che rende comprensibile il fraseggio scandito anche sotto il profilo contenutistico. Medda è nome di prestigio amato dagli appassionati del melodramma che ritrovano in lui “una colata lavica che prende il respiro” di chi lo ascolta. E’ stato interprete applaudito nel ruolo di Cavaradossi in Tosca, Chenier nell’Andrea Chenier, Don Alvaro ne La Forza del Destino, Otello in Otello, Calaf in Turandot. Nel repertorio del tenore Medda spiccano anche Radames in Aida, Turiddu nella Cavalleria Rusticana, Pinkerton in Madama Butterfly, Manrico ne Il Trovatore, Des Grieux in Manon Lescaut, Sansone in Samson ed Dalila. Conterraneo del grande tenore cagliaritano Bernardo di Muro, dall’isola Medda è approdato a Milano e poi si è esibito in importanti ruoli operistici sia in Italia che all’estero: si annoverano i successi nei teatri di Cape Town, Buenos Aires, Osaka, Tokyo, Il Cairo, Dublino, Toronto dove ha tenuto alta la bandiera dell’opera lirica tricolore, tutta italiana. Ha cantato a La Scala di Milano, Teatro Palafenice a Venezia, al Festival Puccini a Torre del Lago, a Modena, Ravenna, Roma. Ha collaborato con grandi direttori quali De Bernardt, Chailly, Gandolfi, Bellugi, Bonynge e registi quali Zeffirelli, De Tomasi, Crivelli, Van Hoecke. Ha inciso i Carmina Burana per la Kicco Classic. Chi volesse ascoltarlo dopo il concerto dedicato a Pavarotti il 23 agosto, dovrà attendere a ottobre 2008 la tournee in programma tra Parma, Piacenza e Carpi dove sarà Canio nell’opera Pagliacci di Leoncavallo. Maestro, quale è, secondo lei, la dote più importante di un cantante lirico per far breccia nell´anima del pubblico? Noi abbiamo il dovere di prepararci bene prima di presentare il nostro lavoro al pubblico, poi dobbiamo tenere conto che esiste un fatto inspiegabile che è il carisma, un dono impagabile che nessun maestro può insegnare. Lei è stato allievo di Franco Corelli, ha studiato con Carlo Bergonzi e ha ricevuto il sostegno e l´incitamento del maestro Giuseppe Di Stefano. Chi è stato particolarmente importante nella sua vita, decisivo per il suo successo? Sono stati grandi personaggi che hanno segnato un´epoca d’oro nella lirica. Irripetibili e inimitabili. L´unica affinità tra loro è che fossero tenori, ma decisamente diversi l´uno dall´altro. Possiamo dire che Bergonzi e Di Stefano fossero agli antipodi, sia come voci che come maniera di intendere il mestiere di cantante. Bergonzi ha una visione ascetica del cantante, osserva il silenzio assoluto prima delle recite, Di Stefano passava la notte a giocare a carte con gli amici in una visione molto epicurea della vita. E la natura era stata talmente generosa con Corelli da fargli percepire quella sua voce e quella sua figura quasi come un fardello pesante da portare. Direi che la grande lezione di questi grandi è stata quella di spingermi a cercare le mie peculiarità. Quando sei giovane, a volte non è così scontato. . . .  
   
 

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