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Notiziario Marketpress di Lunedì 08 Settembre 2008
 
   
  EURISPES: ´NDRANGHETA HOLDING: GIRO D´AFFARI E PERMEABILITÀ TERRITORIALE

 
   
   Roma, 8 settembre 2008 - Poco meno di 44 miliardi il giro d’affari della criminalità organizzata calabrese. Quasi 14. 000 le denunce per reati assimilabili alla ’Ndrangheta, 507 gli atti intimidatori a danni del tessuto socio-economico e politico, sciolto per infiltrazione mafiosa il 10 per cento dei comuni, oltre 1. 150 i beni immobili e aziendali confiscati. Tra il 1992 e il 2007, a tutte le organizzazioni criminali presenti sul territorio nazionale sono stati complessivamente sequestrati beni per un valore pari a oltre 5,2 miliardi di euro, di questi circa 231 milioni di euro provenivano dalle ’ndrine. Tra il 1999 e il 2008, in Calabria, si sono verificati 202 omicidi per motivi di ’Ndrangheta facendo registrare un incremento del 677%. Secondo il 22,1% dei calabresi tra le principali cause della diffusione della criminalità organizzata vi sono “le scarse risorse a disposizione della magistratura e delle Forze dell’ordine”. Bocciata “la presenza dell’esercito militare a presidiare il territorio”: indicata soltanto dal 6,7% dei calabresi come possibile misura di contrasto. Questi, alcuni dei dati che emergono dal Dossier ’Ndrangheta 2008 realizzato dall’Eurispes. «Ammonta a quasi 44 miliardi di euro il giro d’affari della ’Ndrangheta stimato dall’Eurispes per il 2007. Un fatturato fuorilegge – dichiara il Presidente dell’Eurispes, Prof. Gian Maria Fara – pari al 2,9% del Prodotto interno lordo italiano attestato, per l’anno in esame, a 1. 535 miliardi di euro. Un dato che risulta ancora più evidente ed allarmante se messo a confronto con il Pil di alcuni paesi europei: il giro d’affari prodotto dalla ’Ndrangheta Holding è equivalente alla somma della ricchezza nazionale prodotta da Estonia (13,2 miliardi di euro) e Slovenia (30,4 miliardi di euro). Il settore più remunerativo si conferma quello del traffico di droga che determinerebbe introiti per 27. 240 milioni di euro pari a oltre il 62 per cento del totale dei profitti illeciti. L’abbiamo definita “Holding” perché la ’Ndrangheta sembra, più di tutte le altre organizzazioni criminali, agire in termini di business: come una società che detiene la maggioranza delle azioni di tante altre aziende satelliti, le ’ndrine, la foraggiano e ne compongono la complessa struttura reticolare. E, paradossalmente, proprio attraverso questa capacità di fare rete, essa sopravvive e si estende ramificandosi, correndo sul filo delle opportunità offerte dal mondo globalizzato. Il dossier che presentiamo oggi è frutto di un lavoro di monitoriggio e di osservazione della criminalità organizzata e dei fenomeni ad essa connessi che viene da lontano, poiché da sempre rappresenta uno dei percorsi di ricerca più importanti e articolati intrapresi dall’Istituto. L’eurispes ha inoltre la possibilità di cogliere ancora più da vicino la realtà della ’Ndrangheta, grazie alla presenza di una propria sede regionale che vive la quotidianità e la complessità del territorio: da un lato, la pervasività di un modello criminale fondato sul business e reso saldo da un sistema di aggregazione e cooptazione di stampo familistico, dall’altro lato, l’emersione delle aspettative e del desiderio di rivalsa dei suoi cittadini e delle potenzialità del territorio stesso. La ’Ndrangheta – conclude il Presidente Fara – si presenta attualmente come una manifestazione del crimine organizzato assolutamente preoccupante soprattutto per quanto riguarda il suo radicamento a livello territoriale e ancor di più perchè capace di adottare, anno dopo anno, forme e strategie diverse, quasi camaleontiche, sempre più difficili da monitorare e, in ultima analisi, da ostacolare». «Negli ultimi anni – dichiara il Presidente dell’Eurispes Calabria, Raffaele Rio - si è assistito ad un vero e proprio salto di qualità in questa particolare attività illecita: le “’ndrine” puntano ad ottimizzare sforzi e rischi abbattendo i costi degli approvvigionamenti della droga, in particolare della cocaina dal Sud America, attraverso la strategia di eliminazione dei cosiddetti intermediari e ricercando il contatto diretto con i cartelli, soprattutto colombiani, o con la loro emanazione in Europa». Sul fronte dell’impresa il fatturato dei gruppi criminali calabresi è pari a 5. 733 milioni di euro. Le stime sul versante degli appalti pubblici truccati e della compartecipazione in imprese mettono in evidenza un incremento della strategia d’infiltrazione negli appalti delle opere pubbliche da parte della criminalità organizzata calabrese. «I soggetti imprenditoriali al servizio dei tentacoli della ’Ndrangheta – ha spiegato Raffaele Rio – presentano degli indubbi vantaggi operando senza i vincoli e le regole della legalità. In particolare le imprese “mafiose” dispongono di ingenti risorse finanziarie provenienti dalle attività illecite che consentono loro di innescare meccanismi cospicui di autofinanziamento; penetrano i mercati di riferimento senza alcun principio di concorrenza utilizzando, al contrario, strumenti e azioni di costante intimidazione; e, infine, mettono in campo misure per corrompere amministratori e pubblici funzionari per condizionare le procedure di gara». A completare il paniere criminale i proventi illeciti derivanti dal mercato dell’estorsione e dell’usura (5. 017 milioni di euro), il traffico di armi (2. 938 milioni di euro) e il mercato della prostituzione (2. 867 milioni di euro). Permeabilità criminale: Reggio Calabria, Catanzaro e Crotone tra le otto province più a rischio. Alla provincia di Napoli, con un punteggio pari a 68,9, va la maglia nera del territorio provinciale più permeabile ai tentacoli della criminalità organizzata secondo l’Indice di Penetrazione Mafiosa (Ipm) dell’Eurispes che annualmente misura la permeabilità dei territori al crimine organizzato, con l’obiettivo di monitorare il rischio di penetrazione mafiosa cui sono esposti i territori provinciali e di suggerire, per quanto possibile, i recenti sviluppi del fenomeno e le dimensioni che lo stesso sta assumendo e che, cosa ancor più interessante, potrà assumere nei contesti esaminati. A seguire, la provincia di Reggio Calabria (60,4 punti), Palermo (41,9 punti), Catanzaro (33 punti) e Bari (32,6). Preoccupante il posizionamento relativo al territorio calabrese: ben tre province si collocano nelle prime 8 posizioni. La ’Ndrangheta, attraverso l’uso sistematico e indiscriminato dell’intimidazione, del terrore, dell’omicidio, aspira ad affermare contro le Istituzioni locali una propria contro-cultura, una esplicita quanto determinata richiesta di potere. Dai dati emerge, in particolare, che il primato negativo calabrese di Reggio Calabria è dovuto principalmente ai reati assimilabili alle associazioni mafiose (ben 144,6 ogni 100. 000 abitanti), ai 23 Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose dal 1991 al 2007, agli atti di terrorismo pari a 211 dal 1999 al 2005 e al numero di intercettazioni pari a 27. 486 dal 2001 al 2003. Dalla particolare graduatoria Ipm emerge, inoltre, che a Crotone spetta il primato degli omicidi ogni 10mila abitanti per motivi di Mafia, Camorra e ’Ndrangheta tra i 24 territori provinciali analizzati e considerati più a rischio ricadenti nelle regioni Calabria, Puglia, Sicilia e Campania. Catanzaro, inoltre, è risultata la provincia calabrese con più elevato tasso di disoccupazione. Gli omicidi mafiosi in Calabria: dal 1999 un incremento del 667%. I dati disponibili indicano che nel periodo compreso tra il 1999 e il 2008, in Calabria, si sono verificati 202 omicidi per motivi di ’Ndrangheta con un incremento nel periodo considerato del 677 per cento. In provincia di Reggio Calabria, se ne contano 73, ovvero il 36,1% del dato complessivo regionale degli omicidi riconducibili alle guerre interne alle diverse cosche criminali. A seguire la provincia di Catanzaro, la cui quota di omicidi è pari al 24,3% del totale calabrese, dove gli omicidi legati a motivi di ’Ndrangheta sono stati ben 49, i territori provinciali di Crotone con 43 omicidi pari al 21,7% e Cosenza con 30 omicidi pari al 14,9%. Infine Vibo Valentia rispettivamente 7 omicidi (3,5%). Approfondendo ulteriormente l’analisi e considerando l’incidenza degli omicidi per mafia sul totale degli omicidi volontari commessi, si nota che in Calabria, nel periodo considerato, oltre un omicidio su tre è ascrivibile ai tentacoli della ’Ndrangheta: su 748[1] omicidi volontari commessi ben 202 (pari al 27%) sono riconducibili alla criminalità organizzata calabrese. Le denunce per ’Ndrangheta: in 7 anni quasi 14. 000 episodi. La distribuzione dei reati in Calabria mette in evidenza che, per tutti i crimini considerati, tra il 1999 e il 2005 sono state effettuate in totale 13. 785 denunce: 1. 900 per estorsione, 7. 962 per produzione, detenzione e spaccio di stupefacenti, 523 per associazione a delinquere e di tipo mafioso, 359 denunce per sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione, 1. 216 per ricettazione e infine 1. 825 per attentati. Analizzando in dettaglio il livello di distribuzione territoriale provinciale dei reati, sempre con riferimento al periodo 1999-2005, si nota che la provincia di Reggio Calabria, con 5. 242 casi, è il territorio che registra il maggior numero di denunce per reati assimilabili alle associazioni mafiose, pari al 38,1% del totale dei reati commessi in Calabria. Seguono, la provincia di Cosenza con 4. 051 denunce, pari al 29,4% dei reati commessi, e Catanzaro con 2. 361 denunce (17,1%). Chiudono la classifica le province di Vibo Valentia e Crotone, rispettivamente con 1. 114 e 1. 004 denunce per reati assimilabili alle associazioni mafiose, pari all’8,1,6% e al 7,3%. L’orecchio della giustizia: in Calabria il 13,3% delle intercettazioni del Paese. Dai dati del Ministero della Giustizia emerge che in totale, dal 2003 al 2005, in Italia il numero dei “bersagli”, come vengono chiamate in gergo le utenze controllate, è stato pari a 269. 642 con un incremento medio annuo pari al 13,8%. Per competenza territoriale e per permeabilità al crimine organizzato circa il 42% dei bersagli sono concentrati in quattro regioni meridionali, di cui oltre 36. 400 in Sicilia e quasi 36. 000 in Calabria; a seguire la Campania con 25. 000 bersagli e la Puglia con 15. 000 bersagli. Nel dettaglio provinciale è rilevante il valore assoluto registrato dalla provincia di Reggio Calabria con 27. 486 osservazioni telefoniche pari al 10% del dato complessivo nazionale e al 24,5% del dato complessivo riferito alle quattro aree regionali più permeabili all’operato dei sodalizi criminali. A seguire la provincia di Catanzaro con 5. 412 bersagli, Cosenza con 1. 709 bersagli e Vibo Valentia con 1. 116 bersagli. In coda si colloca la provincia di Crotone con 263 bersagli. Sequestri e confische: attività di contrasto per 231 milioni di euro. Oltre all’attività di prevenzione e repressione assume sempre più rilevanza l’attività legata alla confisca dei beni alla criminalità organizzata. Tutte le organizzazioni criminali hanno infatti mostrato, principalmente grazie alla disponibilità di ingenti capitali, di sapersi rinnovare e di riuscire a riorganizzare piuttosto rapidamente le proprie attività criminali sul territorio dopo ogni imponente operazione compiuta dalle Forze dell’ordine. La struttura familiare delle cosche, unita al mantenimento di patrimoni considerevoli, fa sì che qualunque azione preventiva e repressiva risulti fine a se stessa se non è seguita da un intervento che vada ad indebolire il potere finanziario dell’organizzazione criminale. Nel periodo compreso tra il 1992 e il 2007, le Forze di polizia coordinate dalla Direzione Investigativa Antimafia hanno complessivamente sequestrato e confiscato beni alle diverse organizzazioni, per un valore pari a oltre 5,2 miliardi di euro. In particolare, l’attività di sequestro e confisca dei beni alle cosche calabresi è stata pari a 231 milioni di euro. Nel complesso sono stati confiscati, nel solo 2006, ben 1. 152 beni di cui 1. 093 beni immobili e 59 beni aziendali. In particolare, l’attività di contrasto di beni immobili da parte delle Forze dell’ordine ha portato alla confisca di 562 abitazioni, 363 terreni, 122 locali e 46 tra capannoni e beni immobili di altra natura. Sul versante dei beni aziendali, la tipologia di confisca ha riguardato 35 imprese individuali, 9 Sas, 9 Srl, 5 Snc e una Società per azioni. Cattura: in Calabria arrestati 600 latitanti pericolosi. L’intensa attività di ricerca e di eventuale cattura dei latitanti rappresenta una strategia particolarmente incisiva nella disarticolazione delle organizzazioni criminali e, allo stesso tempo, un aspetto fondamentale per aumentare il senso di sicurezza della collettività quale concreta affermazione della presenza dello Stato sul territorio. Per coordinare l’attività di ricerca dei latitanti più pericolosi è attivo un Gruppo Interforze, presieduto dal Vice Direttore Generale della P. S. – Direttore Centrale della Polizia Criminale, al quale partecipano rappresentanti del Dipartimento della P. S. , dei Comandi Generali dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, del Sismi, del Sisde, nonché della Dia e della Direzione Centrale per i Servizi Antidroga. Sotto il profilo statistico, la costante e scrupolosa attività di ricerca e cattura dei latitanti operata dalle Forze di polizia è testimoniata dagli oltre 3. 650 latitanti pericolosi assicurati alla giustizia dal 1992 al 2006. Nella sola Calabria i catturati sono 598 pari al 19,9% sul dato complessivo nazionale. Oltre 2. 350, infine, le ordinanze di custodia cautelare alla mafia calabrese pari al 28,2% del totale delle ordinanze emesse (8. 339). Enti locali: 1 comune su 10 sciolto per ’Ndrangheta. Sono 38 i casi di Amministrazioni comunali calabresi sciolte per infiltrazioni mafiose dal 1991 al 2007. Una performance negativa pari al 22,5 per cento del totale dei comuni colpiti da provvedimento di scioglimento registrato nelle province calabresi, campane, pugliesi e siciliane che ha riguardato, nel periodo considerato, 169 realtà comunali. Anche in questo caso, il territorio provinciale più colpito risulta Reggio Calabria con 23 comuni sciolti per infiltrazione della ’Ndrangheta, secondo solo a Napoli nella graduatoria generale con 44 casi. A seguire, tra le calabresi, Catanzaro ( 7 comuni), Vibo Valentia (5 comuni) e Crotone (3 comuni). Rapportando il dato registrato in Calabria per il totale dei 409 comuni presenti in regione si ottiene un risultato allarmante: 1 comune su 10 è stato raggiunto da decreto di scioglimento da parte del Presidente della Repubblica per motivi legati alla permeabilità delle ’ndrine in questi Enti locali. Intimidazioni: 507 gli atti violenti compiuti in soli 5 anni. Per mantenere il suo potere territoriale o aumentare la sua penetrazione nella società, la ’Ndrangheta non si fa scrupoli sugli strumenti e le azioni da adottare. Analizzando i dati ufficiali, emerge una realtà preoccupante: in un solo quinquennio, dal 2001 al 2005, gli atti di terrorismo e violenza politica a danno del tessuto socio-economico e politico calabrese sono stati 507 pari al 26 per cento dei 1. 951 episodi verificati nelle 24 realtà provinciali analizzati dallo studio. La mappatura per provincia calabrese individua l’area reggina come la più colpita con 211 atti di terrorismo e violenza politica a danno del tessuto socio-economico e politico pari al 41,6% sul totale regionale. A seguire la provincia di Catanzaro con 101 casi segnalati (19,9%), Cosenza con 95 casi (18,7%). In coda Crotone, nel cui territorio si sono registrati 56 atti intimidatori pari all’11 per cento e Vibo Valentia con 44 casi pari all’8,7 per cento. ’Ndrangheta: diffusione e contrasto nella percezione dei calabresi. L’eurispes Calabria ha indagato orientamenti e atteggiamenti nei confronti della ’Ndrangheta sondando l’opinione di 641 cittadini calabresi. Due in particolare le tematiche approfondite: la diffusione del potere delle ’ndrine in Calabria e gli strumenti di contrasto. Su quali siano le principali cause della diffusione della criminalità organizzata i calabresi non hanno dubbi: le pene poco severe e le scarcerazioni facili raccolgono ben il 40,4% degli orientamenti emersi, segnale evidente di una percezione che il mafioso prima o poi riesce quasi sempre a farla franca. A seguire, l’insufficiente presenza delle istituzioni dello Stato (28,8%) che, con molta probabilità, è diretta conseguenza, secondo la percezione comune, principalmente delle scarse risorse a disposizione delle Forze dell’ordine e della magistratura (22,1%) e la difficile situazione economica che vive in questo momento la Regione (27%). Quest’ultima modalità di risposta, in particolare, conferma che una collettività, quale quella calabrese fortemente caratterizzata da elevati livelli di disoccupazione giovanile e da una estesa area di disagio sociale, risulta più esposta alla permeabilità della criminalità organizzata. La particolare graduatoria sulle cause scatenanti la diffusione del fenomeno mafioso prosegue con il disagio sociale (18,1%), il potere delle organizzazioni criminali (11,4%) e la mancanza di una cultura della legalità (9%). Sul versante delle attività da mettere urgentemente in campo per contrastare l’asfissiante presenza della ’Ndrangheta, i calabresi indicano l’inasprimento delle pene nel 28,9% dei casi, l’educazione della categorie più a rischio (16,1%) e il rafforzamento del dispiegamento delle Forze dell’ordine sull’intero territorio regionale (16,1%). Infine va evidenziato il consistente numero di quanti non hanno saputo o voluto dare una risposta circa gli strumenti e le strategie da mettere in campo per fronteggiare il crimine organizzato in Calabria, pari a circa un quarto del campione (25,3%), e la sonora bocciatura della presenza dell’esercito militare a presidiare il territorio, indicata soltanto dal 6,7% degli intervistati. L’immagine di una regione militarizzata preoccupa i calabresi probabilmente perché potrebbe provocare meccanismi disincentivanti per decisioni di investimento verso la Calabria e ridurre drasticamente i flussi turistici. La mappa della criminalità: in Calabria operano 131 cosche. Attraverso l’attività dei gruppi interforze, istituiti presso le quattro Prefetture–utg, è possibile operare una prima mappatura della presenza delle organizzazioni criminali presenti sul territorio. L’analisi degli assetti criminali ricavabile sancirebbe la presenza di ben 131 cosche operanti nei vari territori calabresi. Nella sola provincia di Reggio Calabria sarebbero state attive ben 73 organizzazioni criminali di tipo mafioso. A seguire il territorio provinciale di Catanzaro con 21 cosche monitorate, la provincia di Cosenza con 17 gruppi criminali, i territori provinciali di Crotone e di Vibo Valentia, infine, rispettivamente con 13 e 7 organizzazioni criminali rilevate. Radiografia della ’Ndrangheta Holding
Giro d’affari 2007 44 miliardi di euro
Indice Ipm (Indice di penetrazione Mafiosa) Reggio Calabria (60,4), Catanzaro (33,0), Crotone (29,5), Cosenza (25,4), Vibo Valentia (19,2).
Omicidi mafiosi 172
Denunce per reati assimilabili all’associazione mafiosa 13. 785
Intercettazioni 36. 986 bersagli
Valore confisca e sequestri (Fonte Dia) 231 milioni di euro
Beni immobili confiscati 1. 093
Beni aziendali confiscati 59
Ordinanze di custodia cautelare 2. 353
Latitanti pericolosi catturati 598
Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose 38
Atti intimidatori a danno del tessuto socio-economico e politico 507
Mappatura criminale 131 cosche operanti sul territorio
Fonte: Dossier ’Ndrangheta 2008 - Eurispes. .
 
   
 

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