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Notiziario Marketpress di Venerdì 18 Luglio 2008
 
   
  27 AGOSTO: IL CIELO SOPRA BERLINO - SERATA CINEFORUM –MILANO TEATRO DI VERDURA - STAGIONE 2008 - LIBRI IN SCENA PRESENTA LA SERATA LUCA ANTOCCIA, GIORNALISTA E CRITICO CINEMATOGRAFICO

 
   
  Nella Berlino degli anni ’80 due angeli vagano, invisibili e impercepibili dalla popolazione, e in questa condizione osservano, memorizzano e preservano la realtà. Una biblioteca che replica l’intera città e la sua umanità è il luogo in cui vivono angeli silenziosi che ascoltano i monologhi interiori dei lettori. Ma se leggere e vedere non basta? Se testimoniare la realtà in eterno vale meno della possibilità di toccare, sentire, odorare, amare? La scelta porterà gli angeli a percorsi diversi nel preludio della fine imminente di un’epoca. Perché Il Cielo sopra Berlino a distanza di oltre vent’anni, e perché in concomitanza con la manifestazione “Un libro in maschera”? Il cielo sopra Berlino, girato nel 1986 a Berlino da Wim Wenders, da poco tornato in patria dopo una parentesi travagliata negli Usa, uscito nel 1987 (in Italia l’anno successivo), è un film per molti versi epocale e profetico. Epocale per il regista stesso, perché segna la fine del suo primo periodo contrassegnato dal viaggio, da una inquietudine marcata e tematizzata, ma soprattutto segna una nuova possibile via al cinema moderno, un cinema di poesia come se ne erano perse le tracce dai tempi del realismo magico francese, dall’utopia zavattiniana, certo con l’eccezione di alcuni coraggiosi registi, cui il film non a caso è dedicato: Ozu, Truffaut, Tarkovskij, tutti però già scomparsi all’epoca del film. Il cielo sopra Berlino è anche spesso citato come un emblema della crisi della modernità (David Harvey, per tutti) o come un esempio di postmoderno. La biblioteca. Non c’è persona che abbia apprezzato il film che non ricordi la sequenza - ma sarebbe più giusto dire “le sequenze”- della biblioteca. Pur non lunghissime (sono tre e misurano in tutto una decina di minuti), esse sono in fondo il centro radiante del film, il luogo di condensazione, dacantazione e di messa in forma delle tensioni dialettiche del film. La luce del grande direttore della fotografia Henry Alekan, la padronanza della composizione dell’inquadratura da parte di Wenders, l’importanza decisiva della parte sonora (musicale e parlata), la prova attoriale di Bruno Ganz, Otto Sanders e Curt Bois ne fanno un unicum anche all’interno di un film pur ricco di sequenze e luoghi memorabili: il muro, innanzitutto, che tre anni dopo sarebbe stato abbattuto, il circo, la Potsdamerplatz, il ponte. Questi luoghi sono fratelli della biblioteca nell’indicare un percorso di avvicinamento dell’uomo a se stesso attraverso la presenza auratica dei luoghi, attraverso il riavvicinamento a quell’anima del mondo che spesso proprio nelle città l’uomo può esperire (Hillman), attraverso attimi di crisi che sono i fondamenti di quell’attimo balenante nel quale Walter Benjamin vedeva la premessa per ogni vera esperienza critica della modernità. A lui e al suo necessario “Angelo della storia” il presente intervento è inevitabilmente dedicato. Luca Antoccia, giornalista e critico cinematografico Berlino - “Berlino è divisa come il nostro mondo, scissa come il nostro tempo, è separata come lo sono uomini e donne, giovani e anziani, poveri e ricchi, è frantumata come qualsiasi nostra esperienza […] Io per una volta non cerco una Storia, ma Una storia. Urge la distanza, uno sguardo distanziato, meglio ancora dall’alto del cielo. Non voglio affatto narrare una Storia Di Unita’, bensì la cosa più difficile: Una storia della Dualita’”. W. W. Descrizione di un film indescrivibile Una Prospettiva Trascendente? - “La realtà della divisione (di Berlino) è il trampolino per lanciarsi nello prospettiva trascendente del film. La Berlino reale è solo un pretesto per conseguire una fenomenologia di larga scala della divisione, su un metalivello di realtà oltre quella concreta. Passato e presente, individuale e politico, umano e divino, infanzia ed età adulta, maschile e femminile, fisicità e spiritualità, arte e realtà, bianco e nero e colori, etc. ” Martin Jesinghausen, The sky over Berlin as a transcendental space Il Ponte - “In ogni film ho scelto sempre i luoghi di ripresa che mi sembravano minacciati. Un’altra scena è stata girata sul ponte Langescheidt, due mesi dopo quel ponte non esisteva più. Si trattava di gran lunga del ponte più bello della nostra città. Non so perchè dovessero demolirlo, ne costruiranno uno nuovo, che però non avrà più il valore dell’attraversamento. Sarà un semplice punto di transito, nessuno si accorgerà di trovarsi su un ponte. Proprio come accade con i ponti di nuova costruzione. Sui vecchi si ha la sensazione di passare sul versante opposto, di superare un ostacolo. E quel ponte era la strada di accesso a Kreuzberg. Io non sono un vero berlinese, non ho vissuto qui venti o trent’anni, ma ho percepito distintamente che quel ponte aveva tanta storia alle spalle, ha arricchito la vita di tanti uomini che tutti i giorni passavano dall’altra parte, e per me è stato un autentico dolore esserne privato”. W. W. Trovatemi una città per vivere La Piazza - “A nord della piazza (oggi Mehringplatz) c’è un grande slargo, una terra di nessuno solcata da vari sentieri, e al centro, nel punto dov’era montato il circo, si offriva uno spettacolo completamente diverso su ogni lato, una vista sul passato […] Si vede un elemento squisitamente berlinese, il muro frangifuoco […] mentre verso sud si vede l’orrendo spettacolo di un garage a torre su tre piani […] Abbiamo cercato per settimane un luogo dove montare il circo, e quella mi sembrava la piazza più vuota della città. In una città centrifuga come Berlino rappresentava il centro di quiete, l’occhio dell’uragano. In quella piazza regnava un silenzio immenso, all’improvviso spuntavano topolini, conigli, e anche il nostro elefante poteva muoversi liberamente. Dei bambini giocavano, c’erano dei sentieri, e tutt’intorno la città sembrava un libro di storia aperto. […] quella piazza mi sembrava un sogno all’interno della città, pensavo in effetti non potesse sopravvivere a lungo. Per questo l’abbiamo scelta per le riprese. ” W. W. Trovatemi una città per vivere Angeli - “L’idea è sorta contemporaneamente da diverse fonti. Anzitutto dalla lettura delle Elegie Duinesi di Rilke. Poi tempo addietro dai quadri di Paul Klee. Anche dall’angelo della storia di Walter Benjamin. ” W. W. Angeli E Biblioteca - “Può forse avvicinarsi a comprendere la natura delle potenze angeliche, così come in origine vennero concepite, intermedie cioè tra ciò che è materiale e ciò che è puramente ideale, un concetto del filosofo della scienza contemporanea, Karl Popper, il quale ha parlato della biblioteca come di una analogo luogo intermedio. Le parole stampate nei libri e i libri stessi sono qualcosa di materiale, ma sono, altrettanto realmente, delle conoscenze, e cioè qualcosa che ha carattere ideale e non materiale. ” Sergio Quinzio, La nostalgia degli Angeli Quattro Angeli Per Wenders - “Con la coscienza vigile, in pieno giorno, si può cadere fuori dalla propria epoca e vagare tra i secoli della storia quasi che il tempo fosse uno spazio, quasi che un’epoca fosse un paese. ” Joseph Roth, Le città bianche “C’è un quadro di Klee che s’intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua, rovine su rovine e la rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che non può più chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo progresso è questa tempesta. ” Walter Benjamin, Tesi di filosofia della storia “L’angelo Nuovo abita il giardino dell’infanzia (Klee, Engel im Kindergarten, del ’39). È qui che la nostra invocazione lo raggiunge, qui riconosce la cosa che gli lodiamo, qui lottiamo con lui. Come se la fragilità dell’infanzia si trasfigurasse nella forza di resistere al dis-correre. Lucida intervalla produce questa infanzia dell’Angelo: buchi, rotture, strappi nel continuum apparente del tempo Kronos. ” Massimo Cacciari, L’angelo necessario “Io sono l’angelo della realtà / intravisto un istante sulla soglia. Non ho ala di cenere, né di oro stinto/ né tepore di aureola mi riscalda. Non mi seguono stelle in corteo,/ in me racchiudo l’essere e il conoscere . Sono uno come voi, e ciò che sono e so / per me come per voi è la stessa cosa / Eppure io sono l’angelo necessario della terra /perché chi vede me vede di nuovo / La terra libera dai ceppi della mente, dura / caparbia e chi ascolta me ne ascolta il canto Monotono levarsi in liquide lentezze e affiorare / in sillabe d’acqua. Come un significato Che si cerchi in ripetizioni, approssimando. / O forse sono io soltanto una figura a metà, intravista un istante, un’invenzione della mente, / un’apparizione tanto lieve all’apparenza che basta ch’io volga le spalle, ed eccomi presto troppo presto scomparso?” Wallace Stevens, Angel surrounded by paysans. Mercoledì 27 agosto 2008 Ore 21. 00 Il Cielo Sopra Berlino di Wim Wenders, 1987 con Bruno Ganz, Solveig Dommartin,otto Sander, Curt Bois, Peter Falk La serata si inserisce all’interno delle proposte collaterali della mostra Un libro in maschera .  
   
 

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